· Città del Vaticano ·

Da Beirut la testimonianza di padre Toufic

«Abbiamo urgente
bisogno di farmaci»

Smoke rises over Beirut's southern suburbs after Israeli air strikes, amid ongoing hostilities ...
14 ottobre 2024

Padre Toufic Bou Merhi,frate francescano libanese, si trova a Beirut da ormai una decina di giorni, dopo essere stato costretto ad abbandonare il convento di Sant’Antonio di Tiro, nel sud, di cui è il guardiano.

Padre Toufic, com’è la situazione in questo momento a Beirut ?

La tensione è altissima. Potrebbero ricominciare i bombardamenti in ogni momento. Venerdì non hanno riguardato solo la zona sciita ma anche i quartieri cristiani. È stato spaventoso sentire le esplosioni vicine; un razzo è passato sopra le nostre teste mentre eravamo nel giardino del convento.

Da qualche giorno, voi frati francescani, da Tiro vi siete spostati a Beirut.

Eravamo a due passi dal confine e sotto una gragnuola di proiettili per cui non avevamo altra scelta che l’evacuazione. E questa era anche l’indicazione che ci veniva da Gerusalemme, dalla Custodia di Terra Santa, di cui, noi francescani libanesi facciamo parte. D’altronde restare non aveva senso, quasi tutti i nostri fedeli, dopo che i razzi erano scesi fino a 50 metri dal convento, avevano lasciato le loro case guidando verso il nord, verso Beirut.

Ora sono tutti lì con voi? Quanti sono?

Si tratta di 171 famiglie, quindi quasi un migliaio di persone. La maggior parte ha trovato rifugio presso le case di parenti ed amici. Una parte è assistita dalle Ong, libanesi ma anche internazionali. Noi stiamo allestendo due grandi saloni per quelli che non hanno trovato nulla o per le persone sole. Ieri mattina, domenica, circa 20 famiglie, hanno trovato la strada che porta al nostro convento di Beirut e hanno voluto assistere alla messa celebrata da me, il loro parroco a Tiro. C’era molta commozione in chiesa, e abbiamo potuto finalmente riabbracciarci.

Qualcuno è rimasto al sud?

Quasi nessuno. Perché anche le raccolte di olive, che sono l’ attività principale della nostra zona sono saltate, molti campi di ulivo sono bruciati a causa degli ordigni incendiari. Poco fa da qualcuno che è rimasto sono stato informato che tanks israeliani hanno puntato contro gli edifici di Unifil intimando di sgombrare. Noi francescani abbiamo sempre avuto ottime relazioni con i militari delle Nazioni Unite, che sono molto apprezzati dalla popolazione civile libanese per l’aiuto che provvedono quotidianamente. Solo pochi giorni prima dell’inizio di questa nuova fase della guerra una comandante italiana e il cappellano cattolico ci avevano fatto omaggio di una loro visita al nostro convento.

Quali sono le vostre necessità più impellenti ora?

La rete delle Ong sta funzionando seppure con difficoltà e paura. Ieri mattina, nel Sud, infermieri della Croce Rossa, che agivano in coordinamento con Unifil, sono stati feriti dai colpi israeliani. Erano entrati in una casa bombardata per soccorrere i feriti, quando una seconda ondata di colpi li ha raggiunti. Noi abbiamo soprattutto qui a Beirut il problema del reperimento dei farmaci. Abbiamo una lista di circa 800 diversi farmaci di cui abbiamo urgente bisogno. Sono in contatto con l’Italia, spero riescano a mandarceli presto. (roberto cetera)