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«Caratteri mobili», lettere di scrittori a Lorenzo Mondo

Microcosmo di relazioni

 Microcosmo di relazioni  QUO-231
11 ottobre 2024

Il fascino di certi carteggi mancanti delle risposte del destinatario sta nell’implicita sollecitazione al lettore a immaginarsi il profilo umano del silenzioso ricevente. Caratteri mobili, la raccolta di missive inviate da vari scrittori, poeti e intellettuali a Lorenzo Mondo (Milano, Rizzoli, 2024, pagine 336, euro 14), possiede questa capacità stimolatrice dovuta anche alla dovizia dei punti di vista proposti: 69 mittenti contro un solo consegnatario, il critico letterario torinese scomparso nell’aprile del 2022. Ma non si tratta solo di questo. Nelle pagine del libro — che raduna 132 missive inedite, manoscritte e dattiloscritte, donate dai familiari di Mondo alla Fondazione Cesare Pavese, unitamente all’intera biblioteca del critico — prende forma un suggestivo microcosmo di relazioni e vicende umane legate alla storia della poesia, della narrativa e della cultura italiane tra la seconda metà del Novecento e i primissimi anni del presente secolo.

Autori tuttora noti o oggi quasi del tutto dimenticati si rivolgono a Mondo per ringraziarlo, chiedergli consigli e piccoli favori, criticarlo, domandare ragione di valutazioni negative da lui espresse nei confronti delle loro opere, lamentare piccoli disagi, confessare grandi dolori. «Mi fa un certo effetto scrivere “al Mondo”!», gli confida Montale; «Mi rincresce — non sai quanto — non essere seduto con te a un tavolo, sia per un pane con acciughe sia per un’aragosta», gli rivela un malinconico Arpino; «Lei non poteva “spiegarmi” meglio a me stesso — Di questo soprattutto la ringrazio», gli dà atto un riconoscente Flaiano; «Le tue parole mi sono suonate come un segno di carità», gli dichiara uno stupito Giudici; «Mi rendo conto che il libro non le è piaciuto, anche se non ne ha fatto una stroncatura, e che leggerlo e parlarne deve essere stato per lei una fatica», si duole un avvilito Sgorlon; «Mi spiace un po’ questo momento di malumore (...) perché forse deriva da un malinteso sul carattere e i limiti del libro», osserva un perplesso Arbasino; «Qualche volta ho la sensazione di parlare da solo come i matti, e fa bene ogni tanto venire a sapere che invece c’è qualcuno che ti sente», si sfoga un rincuorato Meneghello; «Non è facile vivere, è difficile essere piemontesi», sentenzia uno gnomico Igor Man.

Dal controluce delle lettere d’autore inviate allo scrittore — solo quattro le missive firmate dal destinatario, una delle quali indirizzata a Natalia Ginzburg nel 1990 nel contesto delle aspre polemiche suscitate dalla pubblicazione, da lui fortemente voluta, del Taccuino pavesiano — s’intravvede insomma la figura di un uomo di altri tempi, un appassionato lavoratore della letteratura cui ben s’attaglia un pensiero di Vincenzo Cardarelli, secondo il quale «sono rari quei critici che potrebbero sostenere un colloquio a quattr’occhi con l’autore che hanno giudicato». Di tale esiguo novero Lorenzo Mondo ha fatto senz’altro virtuosamente parte. Del resto, egli stesso, da quando incominciò a pubblicare, a partire dalla fine degli anni Ottanta, i suoi romanzi, non si sottrasse alle valutazioni dei colleghi, di cui nel libro sono riportate interessanti testimonianze. «Ma alla fin fine, se lo debbo dire, io penso che a dischiudermi la vita sono stati in gran parte i libri. Non le grammatiche o i vocabolari ma tutte le opere in cui vive qualche sentimento».

È facile immaginare che nelle parole dell’amato Cesare Pavese, intensamente evocato in queste pagine, trovasse qualcosa di sé stesso.

di Paolo Mattei