· Città del Vaticano ·

Gli interventi del cardinale Tobin, del vescovo Mackinlay e della teologa De Simone

Corresponsabilità e discernimento

 Corresponsabilità e discernimento  QUO-231
11 ottobre 2024

Ascolto, silenzio, preghiera. Sono questi tre dei più evidenti criteri metodologici su cui si stanno basando i lavori della Seconda sessione della xvi assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. A spiegarlo è stato il cardinale Joseph William Tobin, arcivescovo di Newark, negli Stati Uniti, nel corso del consueto briefing con i media tenutosi oggi, 11 ottobre, presso la Sala stampa della Santa Sede e moderato dal vicedirettore della stessa, Cristiane Murray. «Stavolta, rispetto al passato — ha detto il porporato, che è anche membro del consiglio ordinario e della Commissione per l’informazione — l’ascolto è avvenuto in maniera profonda non solo all’interno e con le organizzazioni della Chiesa, ma ci si è veramente sforzati di raggiungere tutti». Ciò ha favorito anche una partecipazione «molto più ampia, e questo ha dato l’opportunità di seguire in modo diverso lo svolgimento dei lavori e l’approfondimento dei temi» ha chiosato.

«A mio avviso», ha poi preso la parola la professoressa Giuseppina De Simone, docente di Filosofia della religione e coordinatrice della specializzazione in Teologia fondamentale presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, «il metodo che sta caratterizzando queste due sessioni è davvero rivoluzionario, e già in sé è un segno di speranza. È un metodo che ha molto da dire al mondo». Anche la docente, poi, ha richiamato l’aspetto dell’ascolto, «dal quale scaturisce una riflessione seria, rigorosa», e del silenzio: «questo è in se stesso la capacità di abitare la domanda. Non si cerca subito la risposta definitiva, ma si sta dentro la domanda che emerge dalle ferite che l’umanità ci presenta e ci offre». Impressiona inoltre, ha detto ancora De Simone, il fatto che ai tavoli di lavoro «sia riunito tutto il popolo di Dio, grazie al quale viviamo il senso dell’insieme». In tal modo, anche la teologia «assume una presenza e un peso significativi, perché si cala direttamente nella realtà, nel tessuto vivo delle relazioni».

Sull’esperienza sinodale vissuta nella sua diocesi di appartenenza e nel suo continente di provenienza, è intervenuto monsignor Shane Anthony Mackinlay, vescovo di Sandhurst, in Australia «Il consiglio plenario australiano — ha raccontato — ha iniziato un cammino alcuni anni prima dell’attuale Sinodo, riunendo circa 250 persone, tra vescovi, religiosi e fedeli. E anche in quell’occasione abbiamo vissuto l’esperienza di una pluralità di temi da affrontare, toccando con mano le preoccupazioni delle persone». Fondamentale è stato, allora, nel nostro lavoro «intervenire nella cultura della Chiesa per il modo di affrontare le questioni»; ed è quanto «si cerca di fare anche qui al Sinodo: ovvero — ha spiegato Mackinlay —, provare a convertire la comunità ecclesiale verso una nuova modalità di fare le cose. È un cammino di impegno nella corresponsabilità e nel discernimento che ci porta ad arrivare insieme a decisioni che siano il più efficaci possibile».

Come di consueto, spazio poi alle domande dei giornalisti presenti in sala stampa. Il cardinale Tobin ha riferito dell’incontro avvenuto nella mattina di giovedì con Papa Francesco insieme ad altri due porporati americani. «Dovevamo incontrarci alle 7.30 e non eravamo neanche i primi a vederlo. Penso si svegli alle 4 di mattina» ha notato il porporato, riferendo di avere chiesto un colloquio poiché «la Chiesa trova sempre dei modi per fare meglio quello che siamo chiamati a fare. Come voi avrete dei colleghi con i quali siete più vicini» ha proseguito Tobin, rivolgendosi direttamente ai giornalisti, «così facciamo noi». L’arcivescovo di Newark è stato poi interrogato sul tema degli abusi. Come ricordato dallo stesso porporato, alcuni episodi avvenuti nella sua diocesi erano stati causa della sua assenza al Sinodo del 2018. «Penso che il Papa voglia fare la cosa migliore per la Chiesa e per le persone che sono state colpite. Le soluzioni proposte sono per il bene di tutti» ha affermato, facendo riferimento anche alle vicende legate alla società di vita apostolica peruviana Sodalitium Christianae Vitae, alla cui guida era stato delegato papale nel 2016.

Le domande hanno poi toccato temi relativi al Sinodo in corso. Monsignor Mackinlay, che rappresenterà l’Oceania come mebro eletto nella commissione per la Redazione del documento finale, ha notato una visione meno eurocentrica e una integrazione delle diverse «dimensioni culturali, soprattutto l’America del Sud e l’Africa», all’interno del dialogo nell’Assemblea dei vescovi. «Sentiamo dire come vi sia responsabilità condivisa nella vita e nelle decisioni delle comunità» ha aggiunto. Il vescovo australiano ha ricordato il suo caso specifico: la preparazione agli incontri capace di coinvolgere anche le popolazioni indigene locali, attraverso processi lunghi «anche due o tre anni» che, tuttavia, «consentono di proseguire nella giustizia e riconciliazione» tra le diverse comunità.

Una domanda ha poi riguardato l’approccio del Sinodo relativo alle questioni Lgbtqia+. Il cardinale Tobin ha notato come tali temi siano trattati, nonostante «non sia evidente come vorrebbero alcuni», ricordando un passaggio della meditazione di padre Timothy Radcliffe, per il quale «se uno non è soddisfatto della risposta che riceve non deve abbandonare il tavolo. C’è sempre possibilità di dialogo». La professoressa De Simone ha rimarcato il principio fondamentale per il quale non si possono pretendere «soluzioni valide per tutti» in materia, auspicando un «sapersi accogliere nelle diverse sensibilità culturali».

Concetto sottoscritto da monsignor Mackinlay, che ha evidenziato come sull’argomento non si parta ormai “da zero” viste le passate discussioni, e come anche altre questioni “delicate” vengano trattate durante l’Assemblea dei vescovi. «Non pensavo — ha affermato il presule australiano — che la poligamia trovasse così tanto spazio». Convinto dell’efficacia della sinodalità come strumento per affrontare l'attuale contesto odierno, il cardinale Tobin ha notato due elementi fondamentali al fine di lavorare per la pace: «Fare sedere tutti intorno ad un tavolo e includere le donne». La professoressa De Simone ha ampliato ulteriormente l’obiettivo. «Con le donne i discorsi cambiano. Io direi che quando c’è una dimensione affettiva e relazionale, i discorsi cambiano. Quando ci si guarda negli occhi e le parole, seppure astratte, raccontano la vita. Allora è tutta un’altra storia» ha concluso la docente.

di Roberto Paglialonga
e Edoardo Giribaldi