
C’è una costante che segna le conversazioni di Papa Francesco con i gesuiti tenute nel corso dei suoi viaggi apostolici. È l’accento sul tema dell’educazione e della formazione dei giovani. E questo perché il filo rosso — o almeno uno dei più consistenti — che percorre il libro che raccoglie questi dialoghi (Sii tenero, sii coraggioso, edito da Garzanti e Lev, pp. 224, 10,00 euro), prima pubblicati su «La Civiltà Cattolica» e ora messi insieme dal gesuita Antonio Spadaro, che della rivista è stato direttore dal 2011 al 2023, è lo sguardo sulla costruzione del futuro. Quello che attende la Chiesa, ma anche la società e i popoli. E forse non è un caso che il libro si apra e si chiuda proprio con due Giornate mondiali della gioventù, in Polonia nel 2016 e in Portogallo nel 2023.
Il volume è stato presentato ieri pomeriggio, 3 ottobre, presso la Curia generalizia dei gesuiti a Roma dal cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo del Luxembourg e relatore generale della Seconda sessione della xvi Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi; da Monica Maggioni, responsabile della direzione editoriale per l’offerta informativa della Rai, e dallo stesso Spadaro.
«Non bisogna mai trovare sotterfugi con i giovani», dice il Papa ai gesuiti a Cracovia. «Vogliono la verità». Anche per questo la formazione deve essere «di tutto l’uomo», ed è necessario «uscire da un’eredità negativa dell’Illuminismo che consiste nell’immaginare l’educazione come un riempire la testa di idee», solo per «preparare al successo». Nell’educazione, infatti, «c’è un linguaggio della testa, ma anche del cuore e pure delle mani». Anche le riflessioni filosofiche e teologiche non devono essere «di laboratorio», ma incarnate «nella vita, in dialogo con il reale». E guardare al futuro non vuol dire però dimenticarsi delle radici. I giovani «hanno futuro, se hanno radici». Altrimenti, «vanno dove tira il vento», dice in Myanmar, evocando una dinamica classica del pensiero bergogliano tra promozione della tradizione e del passato e proiezione verso il domani. «È bello — ha detto Monica Maggioni nel corso della presentazione — che anche il Papa faccia un percorso per andare a ritrovare le “sue” radici, all’interno della famiglia della Compagnia di Gesù, e che questa ricerca la faccia nei vari luoghi del mondo visitati, mostrando quasi un’esigenza di verificarsi ogni volta».
Oggi «c’è caos», per questo serve sviluppare una cultura dell’incontro. «Il mondo virtuale aiuta nel creare contatti, ma non incontri», evidenzia a Panama nel 2019, e «la generazione di mezzo, vale a dire i genitori dei giovani, non ha la forza di trasmettere le radici. Perché sono persone lacerate, spesso in competizione con i figli». Allora — e qui il Papa arriva a un concetto a lui caro, il rapporto tra generazioni — «sono i nonni a dare le radici» e «quando dico che i giovani devono incontrarsi con i vecchi, non esprimo un’idea romantica». Mentre «la cultura virtuale è qualcosa di liquido, di gassoso, senza radici, senza tronco, senza niente», la virtù che «oggi è richiesta a tutti è la concretezza»; quella — dice Bergoglio — espressa nel libro di Gioele: quando sono insieme, «i vecchi cominciano a sognare, a raccontare, i giovani si mettono a profetizzare». I giovani, in definitiva, hanno bisogno «di testimonianza, ovvero coerenza di vita, e di autenticità».
E proprio sul «linguaggio della concretezza che il Papa usa nel dare risposte universali, ma non assolute, alle domande che gli vengono poste», ha posto l’accento il cardinale Hollerich in una dichiarazione ai Media Vaticani. «Le riflessioni del Papa non chiudono, ma aprono al dialogo, e il dialogo a sua volta apre al discernimento». Questo, poi, «con la misericordia e la centralità dei poveri, è uno degli assi portanti del pontificato», ha aggiunto l’arcivescovo.
Discernimento, misericordia e povertà evangelica costituiscono, a loro volta, assieme alla vicinanza «a Dio nella preghiera» e alla vicinanza «al popolo di Dio», il cuore delle indicazioni che Francesco dà alla Compagnia e alla Chiesa per il loro cammino. «Il Signore vuole una Chiesa evangelizzatrice», dice in Perú (2018), «una Chiesa in uscita, una Chiesa ospedale da campo», per guarire la gente ferita, «spesso da una catechesi rigida o da un’assenza di testimonianza». Mentre «toccando le piaghe delle persone, tu tocchi le piaghe di Cristo». È questa la missionarietà di una Chiesa al servizio — che «non cresce per proselitismo, dove il protagonista è l’io, ma per attrazione, dove il protagonista è Dio», come diceva anche Papa Benedetto xvi — capace di contrastare diverse «perversioni» di oggi: «il clericalismo, che è volontà di ascesa e dominio», la mondanità, l’abuso, «che è sempre frutto di una mentalità legata al potere». E ancora, «l’ideologia del tornare indietro» (Slovacchia, 2021), che blocca l’apertura «a quello che lo Spirito va dicendoci».
Non mancano i riferimenti ai drammi dello scenario internazionale. A cominciare dalla «terza guerra mondiale che stiamo vivendo»: quello che bisogna fare è «liberare i cuori dall’odio», dice ai gesuiti della “Regione russa” nel 2022, perché nelle guerre «a pagare è la povera gente»; per proseguire con i fondamentalismi «che hanno il fondo comune di sottolineare molto l’essenziale, negando l’esistenziale», i populismi, che negano la sovranità ai popoli, e le «colonizzazioni ideologiche, che fanno perdere l’identità di un popolo» (Madagascar, 2019); la crescita delle armi, fino al fenomeno dei migranti e rifugiati, al quale il mondo risponde con la «politica dello scarto» e l’indifferenza. Bisogna «accogliere, proteggere, promuovere, integrare», cercando di «capire le cause geopolitiche» di ciò che accade.
Tutti i temi affrontati nel volume, ha detto ancora il cardinale Hollerich, servono per capire il Sinodo, che, sottolineava il Papa stesso in Canada nel 2022, «non è un incontro politico, ma l’espressione della Chiesa dove il protagonista è lo Spirito Santo». Attraverso questi colloqui, ha concluso padre Spadaro, «il Papa ha di fatto inventato un nuovo genere letterario: parole pubbliche dette in privato, che costituiscono un po’ il backstage del pontificato. Una vera e propria dottrina orale». E il libro è quasi una sorta di compendio per comprenderne i tratti essenziali.
di Roberto Paglialonga