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(s)Punti di vista
Abbiamo smarrito il senso della fine

La Storia perduta

 La Storia perduta  QUO-223
02 ottobre 2024

Tempo fa mi sono trovato all'estero a visitare una bella città europea e dentro questa bella città una chiesa impreziosita da una cappella del 1300 con un ciclo di affreschi ispirati a scene e temi biblici. La brava guida spiegava e illustrava la bellezza delle suddette scene, ma parlava per lo più nella lingua del luogo e, solo ogni tanto, in inglese. Per fortuna c’era nel nostro gruppo una giovane ragazza che conosceva anche l'italiano e si è messa a tradurre per noi. Il problema è che conosceva l'italiano ma non la Bibbia. Dettaglio interessante o forse inquietante: la ragazza si professava cattolica. Ad un certo punto, provando a tradurre le parole della guida, ci dice: «Qui vediamo una scena dove c'è Gesù e c'è una scena di giustizia... una scena di giustizia finale..» ma era molto incerta e alla fine ha dovuto ammettere: «scusate, non conosco questa storia». La scena dell'affresco, ovviamente, ritraeva il Giudizio Universale.

Questo piccolo episodio mi ha molto colpito. Mancava alla giovane e generosa ragazza questa nozione, quella del ritorno di Cristo alla fine dei tempi, della “parusia”, il fatto che Gesù tornerà per “giudicare i vivi e i morti”. Una storia perduta, che non si conosce più; meglio: non “una” storia, ma La Storia, il suo fine, il suo compimento.

Mi è venuta in mente il profetico grido di Søren Kierkegaard: «State attenti: la nave è ormai in mano al cuoco di bordo, e le parole che trasmette il megafono del comandante non riguardano più la rotta, ma quel che si mangerà domani». Abbiamo perso il senso della fine della storia e quindi del suo fine e con esso abbiamo smarrito il senso, la direzione, la rotta della vita. Effetti, neanche troppo “collaterali”, del processo della secolarizzazione proprio lì, nel centro dell'Europa.

Di fronte a questa situazione di disagio, la prima tentazione in cui sono caduto è stata quella dell'indignazione, proprio come accade a Paolo quando si trova ad Atene, che «freme dentro di sé al vedere la città piena di idoli», come raccontato nel capitolo 17^ degli Atti degli Apostoli. Peraltro anche ad Atene venti secoli fa, come in quella cappella affrescata, c'era un “dio ignoto”. Lì, nella capitale culturale del mondo dell’epoca, c’era un altare con l’iscrizione: «A un dio ignoto», mentre in quella cappella c’era e c’è una meravigliosa opera d’arte che ha “nome e cognome”, ma questi dati si sono smarriti, sono come evaporati, perduti nella memoria. Abbiamo perso il nome, il cognome di quel Gesù che verrà a giudicarci, e anche il suo volto, proprio come canta Borges in Paradiso, xxxi , 108: «Abbiamo perduto quei lineamenti,/come si può perdere un numero/ magico, fatto di cifre abituali;/ come si perde un’immagine/ nel caleidoscopio. Possiamo scorgerli/ e non riconoscerli. Il profilo di un/ ebreo nella ferrovia sotterranea/ è forse quello di Cristo; le mani che/ ci porgono alcune monete/ a uno sportello forse ripetono quelle/ dei soldati che un giorno/ lo inchiodarono alla croce./ Forse un tratto del volto crocifisso/ si cela in ogni specchio;/ forse il volto morì, si cancellò,/ affinché Dio sia tutto in tutti». Siamo un po’ come tutti ciechi come Borges, anzi proprio come gli ateniesi, ciechi anch'essi secondo le parole di Paolo nel suo celebre discorso: «Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio […] Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: “Perché di lui anche noi siamo stirpe”».

Procedere a tentoni, tastando qua e là, perché la direzione sembra perduta. Eppure Dio non è lontano da ciascuno di noi. È il cuore dell’annuncio del Vangelo: Dio è vicino. Acuto smarrimento e profonda consolazione, con questo mix di sentimenti sono uscito da quella bella cappella gotica, che contiene l'immagine di quella “giustizia finale” che, per fortuna, appartiene a Dio.

di Andrea Monda