· Città del Vaticano ·

Dal Kurdistan iracheno l’aiuto agli sfollati

Erbil, la solidarietà dei caldei
con la Chiesa libanese

People fleeing from Lebanon arrive on the Syrian side of the border with Lebanon in Jdeidat Yabus in ...
01 ottobre 2024

Erbil, 1. La solidarietà può fare la differenza, offrendo pace, sicurezza e protezione a chi soffre. Per questo l’arcidiocesi caldea di Erbil, nel Kurdistan iracheno, che ancora non ha visto rimarginate le ferite inflitte dalla violenza del sedicente Stato islamico (Is), si muove verso gli sfollati libanesi chiedendo alla comunità internazionale di sostenerli «in ogni modo possibile e di pregare per la fine della violenza».

L’arcidiocesi, guidata dall’arcivescovo Bashar Warda, come informa un comunicato, si impegna avviando una campagna a sostegno della Chiesa libanese, le cui risorse sono attualmente indirizzate a chi fugge dalla violenza. Domenica 29 settembre, durante una Messa speciale, si è pregato per pace in tutta la regione e si è organizzata una colletta per raccogliere fondi che saranno inviati alle chiese del Libano impegnate a fornire aiuto di ogni tipo agli sfollati i cui bisogni, con l’approssimarsi dell’inverno, saranno più urgenti.

Monsignor Barda ricorda le difficoltà analoghe vissute dalla comunità del Kurdistan iracheno, ribadisce l’importanza di «essere solidali con le vittime della violenza» e, allo stesso tempo, esprime la sua preoccupazione per la situazione dei cristiani in tutta la regione, minoranza che nel corso degli anni ha «subito attacchi mirati e violenze» e che ora si ritrova «sotto il fuoco incrociato dei conflitti in corso». Una comunità che in Medio Oriente ha visto un drammatico declino, arrivando a rappresentare solo il 4% della popolazione e che vive in preda alla paura, all’ansia e alla disperazione. Monsignor Warda, nonostante tutto, esprime la sua speranza, invitando la comunità internazionale ad ascoltare il messaggio di Papa Francesco ed esortandola a far «tacere i tamburi di guerra ed ad alzare la voce della pace», il che permetterà al Libano e alla regione tutta di potersi riprendere «dal peso della guerra e del conflitto politico».