· Città del Vaticano ·

Il cardinale Parolin per l’anniversario dell’ingresso della Santa Sede tra i membri delle Nazioni Unite

Da sessant’anni all’Onu
come “esperta in umanità”

Secretary of State of the Holy See Cardinal Pietro Parolin addresses the 79th United Nations General ...
01 ottobre 2024

«Esperta di umanità» che da sessant’anni difende la dignità di ogni persona e i diritti umani, a cominciare dal diritto alla vita, che sostiene la giustizia sociale e lo sviluppo economico, che protegge l’ambiente, che alza la voce per chi non ha voce. In primis, migranti, rifugiati, sfollati. Usa l’indimenticata espressione di Paolo vi , primo Papa a visitare le Nazioni Unite nel 1965, il cardinale Pietro Parolin, per inquadrare il lavoro svolto dalla Santa Sede all’Onu nelle ultime sei decadi. Da quando, cioè, nel 1964 è entrata a far parte nella famiglia delle Nazioni Unite come Stato osservatore.

Il segretario di Stato ha celebrato ieri, 30 settembre, la Messa per la ricorrenza nella Holy Family Church di New York City, appuntamento conclusivo del suo viaggio negli Stati Uniti d’America per prendere parte alla “High Level Week” della 79a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Con i presenti alla celebrazione, tra cui membri del Corpo Diplomatico presso le Nazioni Unite e «amici» sostenitori della Missione di Osservatori Permanenti della Santa Sede, il cardinale ha portato il ringraziamento di Papa Francesco. Poi si è soffermato sulle letture della liturgia, in particolare il Vangelo che rinnova l’invito di Cristo a «proteggere, curare e servire».

«Essere cristiani significa promuovere la dignità dei nostri fratelli e sorelle, lottare per essa, vivere per essa — ha affermato Parolin —, proprio in questa logica di servizio verso i piccoli e coloro che non hanno voce, si colloca e trova la sua ragion d’essere la presenza della Santa Sede a livello di comunità internazionale».

Da sessant’anni a questa parte, dal suo ingresso nelle Nazioni Unite come Stato osservatore, «la Santa Sede — ha ribadito il segretario di Stato — ha continuato a difendere la dignità umana, a difendere i diritti umani, in particolare il diritto più fondamentale di tutti: il diritto alla vita; a farsi portavoce della giustizia sociale e dello sviluppo economico e della tutela dell’ambiente; a parlare in difesa degli indifesi e dei dimenticati: migranti, rifugiati e sfollati».

Un lavoro svolto sempre lungo la strada che Gesù stesso ha tracciato, quella del servizio. «Servire chi ha bisogno di ricevere e non può dare nulla in cambio. Accogliendo chi è ai margini, chi è trascurato, accogliamo Gesù perché Lui è lì» è stato l’invito del porporato.

Questa vocazione e l’impegno per i fragili del mondo della Santa Sede, il cardinale li ha ribaditi pure nel breve intervento introduttivo al ricevimento per i sei decenni di presenza alle Nazioni Unite, svoltosi in un salone sempre della chiesa della Sacra Famiglia di New York. È un’occasione, ha esordito Parolin, che «ci offre l’opportunità di riflettere sul nostro cammino comune, di celebrare i nostri risultati e di rinnovare il nostro impegno verso i nobili ideali che ci uniscono tutti». A delegati, rappresentanti permanenti, sostenitori, ambasciatori, membri dell’Onu e tutti i presenti alla serata, il porporato ha riaffermato la funzione della Santa Sede all’Onu dal ’64 a oggi, quella di «osservatore», che non significa essere stata a guardare lo svolgersi degli eventi «in modo passivo e disimpegnato»; tantomeno, ha chiarito, la Santa Sede si è mai proposta «come entità politica in cerca di potere o influenza». È stata e continua ad essere «voce morale che sostiene la pace, la giustizia e la dignità umana».

«Esperta di umanità» ha ripetuto Parolin, citando ancora Papa Montini nel discorso all’Assemblea generale Onu. «La posizione unica della Santa Sede, sia come entità religiosa che diplomatica, le ha permesso di colmare le divisioni e promuovere la comprensione attraverso i confini culturali e ideologici, sottolineando costantemente che il vero progresso può essere raggiunto solo quando le dimensioni spirituali e morali dell’esistenza umana sono riconosciute e rispettate».

In questo mondo in così rapida evoluzione «i principi costanti che hanno sostenuto questo impegno rimangono invariati» ha assicurato il cardinale. Le sfide di oggi sono molteplici — povertà, conflitti, cambiamenti climatici, intelligenza artificiale, erosione dei diritti umani — e «richiedono non solo soluzioni tecniche, ma un profondo impegno etico per il bene comune, la solidarietà e la promozione della fraternità umana». Sì, perché lo scenario odierno appare «sempre più frammentato da interessi ristretti» e a maggior ragione, ha rimarcato il cardinale, «dobbiamo ricordare che siamo tutti membri di un’unica famiglia umana, che condivide una casa comune e un destino comune».

Una genuina consapevolezza di ciò «costringe a riconoscere la necessità di un rinnovato impegno nel multilateralismo e nella cooperazione internazionale, per trovare soluzioni condivise».

L’invito è allora a riprendere «la visione di un mondo in cui la pace, la giustizia e la dignità umana non siano semplici aspirazioni, ma realtà vissute da tutti».

«Lavoriamo instancabilmente per costruire ponti di comprensione, per sanare le divisioni e per creare una cultura dell'incontro e della solidarietà». Lo si può fare «solo se parliamo insieme e camminiamo insieme» come ripete spesso Papa Francesco. E proprio al Pontefice, il segretario di Stato ha voluto dedicare un pensiero conclusivo: «Vi invito ora a brindare... al Santo Padre!».

di Salvatore Cernuzio