· Città del Vaticano ·

Il 46° viaggio apostolico del pontificato - Belgio
Durante la celebrazione Francesco ha beatificato la carmelitana

Ana de Lobera modello
di santità al femminile

 Ana de Lobera modello di santità al femminile  QUO-221
30 settembre 2024

«Chiedo a tutti: non coprite gli abusi! Chiedo ai vescovi: non coprite gli abusi». Un applauso partito come eco lontana dagli spalti più alti, ha rotto il silenzio nello stadio Re Baldovino di Bruxelles e si è diramato in tutte le tribune quando Francesco ha pronunciato un nuovo vigoroso monito contro gli abusi del clero. Una piaga che ha ferito fino alle fondamenta la Chiesa e la società del Belgio e che è stata un tema ricorrente nei giorni di viaggio apostolico. Dopo quella espressa dinanzi ad autorità civili e politiche del Paese, il Papa ha voluto ribadire la sua condanna nel momento di maggiore partecipazione dell’intero viaggio: la messa.

Una celebrazione sobria e ordinata, nello stadio oggi intitolato al sovrano di cui verrà avviata la causa di beatificazione, ma fino a qualche anno fa nominato Heysel Stade, per la zona in cui è edificato. È lo stadio tristemente noto per la tragedia del 1985, durante la partita di calcio Juventus-Liverpool, in cui morirono 39 tifosi, di cui 32 italiani. Un fatto doloroso ricordato con una targa tra le tribune.

Quelle stesse tribune erano occupate ieri da 40 mila persone, contando i fedeli venuti dalla notte prima o dal mattino presto dal Belgio ma anche da Paesi Bassi, Germania e nazioni vicine. Sugli spalti si vedevano pure bandiere di Brasile, Spagna o addirittura del Kerala, portate dai fedeli delle comunità di immigrati che nel corso degli anni hanno arricchito il tessuto sociale belga.

Sul palco bianco dove campeggiava il motto “Forward with Hope” era presente poi una delegazione di diversi rappresentanti di altre religioni, venuti dalle diocesi di tutto il Paese, ai quali è stato dedicato uno specifico settore. Ed era presente un folto gruppo di carmelitane venute a festeggiare la beatificazione di Ana de Jesús, al secolo Ana de Lobera y Torres, monaca vissuta tra ‘500 e ‘600, che fu collaboratrice di santa Teresa di Gesù nella riforma dell’ordine. Rare altre volte era accaduto che una beatificazione venisse celebrata nell’ambito di un viaggio apostolico. Proponendola come «modello di “santità al femminile”», il Papa ha personalmente elevato agli onori degli altari la carmelitana per onorarne il servizio reso proprio in Belgio, dove suor Anna fondò i monasteri di Lovanio, Mons e Bruxelles, guidando quest’ultimo per 14 anni fino alla morte. Oltre alle carmelitane era presente il postulatore Marco Chiesa, salito poi sul palco per il rito di beatificazione alla presenza del cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi. La sera prima il postulatore aveva partecipato insieme a diversi vescovi del Belgio alla veglia di preparazione nella concattedrale dei Saints-Michel-et-Gudule a Bruxelles, durante la quale è stata presentata la reliquia del mantello donato da santa Teresa a suor Ana. Un drappo con l’immagine della nuova beata, quasi una serigrafia, in bianco e nero sventolava invece domenica sul palco papale nello stadio Re Baldovino dove era collocata pure una statua in legno della Madonna. È la stessa immagine mariana del logo della Università Cattolica di Lovanio; domenica mattina sembrava vegliare sui malati sistemati nelle prime file su sedie e carrozzine con le copertine termiche sulle gambe offerte dai volontari del Sovrano militare ordine di Malta.

Un senso di generale solennità ha permeato l’intera liturgia, anche per la presenza dei reali Filippo e Matilde, arrivati dopo il giro di Francesco in papamobile e accolti da scroscianti applausi della folla.

Solennità che, tuttavia, non ha fatto mancare le naturali scene di festa, di danza, di bandierine sventolate all’unisono, di coreografie dei bambini coi nastri a rappresentare i raggi di un sole riprodotto al centro del campo, di cori degli scout di «Vi-va-Pa-pa-Fran-ces-co». Un entusiasmo spontaneo ma sempre molto composto, come composte sono state tutte le manifestazioni pubbliche in questa capitale mitteleuropea dalla quale Francesco si è congedato dopo l’Angelus ripetendo più volte la parola «grazie».

Lo ha scritto pure nella dedica lasciata alla base aerea di Melsbroek in cui si è svolta intorno alle 13 la cerimonia di congedo: «Grato per l’accoglienza ricevuta — ha scritto — nella base aerea di Melsbroek. Auspico che possa essere sempre al servizio della pace nel Belgio, in Europa e nel mondo intero». Sulla pista sono risuonate poi le note di John Brown’s Body, con l’iconico ritornello «Glory Glory Alleluja» a fare da colonna sonora all’atto conclusivo del 46° viaggio apostolico di Jorge Mario Bergoglio.

Meno di due ore la durata del volo di ritorno, durante le quali il Papa ha rilasciato la consueta intervista ai giornalisti che lo hanno accompagnato nella trasferta. A loro di nuovo un «grazie», come all’andata. Gratitudine il vescovo di Roma ha voluto poi esprimere alla Madonna recandosi a Santa Maria Maggiore dalla Salus populi Romani, l’icona mariana a cui affida le sorti di ogni viaggio. Nella cappella che ha registrato ormai oltre cento suoi ingressi, Papa Francesco ha pregato in silenzio dinanzi alla Vergine, protettrice speciale dell’Urbe e, da oltre undici anni, anche del Pontefice argentino.

dal nostro inviato
Salvatore Cernuzio