Il grido di dolore
«Qui le bombe sono cadute anche la notte scorsa. Alcune esplosioni hanno colpito il porto che si trova a poca distanza da noi. Anche ieri, per tutta la giornata, i missili hanno solcato il nostro cielo. La paura sta aumentando e andiamo avanti grazie solo all’aiuto e alla protezione di Dio». La guerra continua a devastare anche Tiro, città a poco più di 80 chilometri a sud della capitale libanese Beirut, e la voce di padre Toufic Bou Mehri denuncia tutto l’orrore di un conflitto che sta moltiplicando morti e sofferenze. E non risparmia nemmeno luoghi considerati sicuri, come l’hotel Rest House dove alloggiano i giornalisti stranieri.
Il religioso è guardiano del convento francescano cittadino e riesce a raccontare a «L’Osservatore Romano» come gli sfollati stiano aumentando di ora in ora, come molti di loro riescano rocambolescamente ad arrivare alle porte della sua struttura religiosa: «Alcuni rimangono davanti al cancello del convento, non vogliono entrare: preferiscono accamparsi sotto gli alberi. Ad esempio, ho provato ad invitare un gruppo composto da cristiani di origine sudanese ed etiope ma non c’è stato nulla da fare. Forse si sentono più liberi così». Un particolare che svela il timore e la prostrazione di questi uomini, donne e bambini che hanno perso tutto, anche la speranza. Ma i frati di Tiro si fanno in quattro per aiutarli, come possono. «In queste ore — aggiunge il francescano — i soldati italiani di stanza nella capitale ci hanno fatto arrivare un carico di beni di prima necessità: in tutto oltre cinquecento pacchi». Viveri che i religiosi del convento hanno condiviso anche con la vicina chiesa dei melchiti e con alcune famiglie locali che hanno accolto degli sfollati nelle proprie abitazioni. «Anche l’associazione Pro Terra Sancta ci ha spedito degli aiuti: soprattutto coperte e pannolini per i bambini» spiega padre Toufic per sottolineare come, nonostante tutto, «la solidarietà non manca e ci permette di andare avanti con la gioia nel cuore anche se la nostra stanchezza è indescrivibile».
Una delle città più colpite, messe in ginocchio, è Beirut. Le parole piene di angoscia di padre Jihad Kraiem confermano al nostro giornale quello che la cronaca sta registrando da settimane, impietosamente: «Ieri sera, un potente boato ha fatto tremare tutto. Il suono si è sentito, immenso, in ogni angolo della capitale. La gente ha avuto paura e molte famiglie stanno cercando di abbandonare la città alla ricerca di un rifugio sicuro». Se mai faranno in tempo a trovarlo.
di Roberto Cetera
e Federico Piana