«Il rifugiato sta bussando alla nostra porta. Gli si aprirà?»: l’interrogativo posto ieri pomeriggio, 27 settembre, dal professor Luc Sels, rettore della Katholieke Universiteit Leuven, all’inizio dell’incontro di Papa Francesco con i docenti, è risuonato più volte durante il suo discorso. In un’epoca complessa quale è quella contemporanea, ha ricordato, «milioni di persone sono state sradicate dalla violenza politica, dai cambiamenti climatici e dalle violazioni dei diritti umani». D’altronde, le cifre sono chiare: «Alla fine del 2023 — ha spiegato il rettore —, circa 117 milioni di persone sono state sfollate con la forza» a causa di numerose violazioni dei diritti umani. Senza dimenticare che «alle frontiere europee, la detenzione, le violenze della polizia, lo sfruttamento sessuale o la separazione delle famiglie fanno troppo spesso parte del vissuto dei rifugiati». Ed è per questo, ha proseguito Sels, che essi «stanno bussando alla porta, con la richiesta insistente che venga ripristinata la loro fiducia e la loro dignità».
Ribadendo, poi, che invocare aiuto e accoglienza è molto più di «una richiesta di carità», il rettore ha richiamato l’importanza della giustizia e della responsabilità, perché «troppo spesso il rifugiato viene presentato non come una vittima di violazioni dei diritti umani, ma come una minaccia al nostro ambiente culturale, alla nostra prosperità e persino alla nostra sicurezza».
Al contrario, ha proseguito l’accademico, il rifugiato mette in discussione «l’evidenza delle nostre verità e dei nostri modi di vita e ci chiede di ripensare la nostra convivenza», divenendo il simbolo di quelle «evoluzioni che chiedono alla nostra società e alle sue istituzioni, come l’università e la Chiesa, di osare a rimettersi in discussione». Chi bussa alla nostra porta, infatti, «non è solo un fratello o una sorella nel bisogno, ma Dio stesso».
Di qui, la sfida indicata dal rettore a lavorare «per una “apertura creativa” verso tutti coloro che possono sembrare “diversi” in termini di religione, di ideologia politica, di cultura o di origine, ma con i quali condividiamo profondamente la nostra umanità». Un’apertura che, ha aggiunto, «richiede una conversione della mente e del cuore per affrontare ogni altro essere umano non come un peso, ma come un arricchimento». «Come comunità accademica, ci opponiamo alla globalizzazione dell’indifferenza — ha affermato ancora —. Ci opponiamo alle ideologie che distruggono la diversità rendendo l’assimilazione generale una condizione di accettazione».
Fermo, dunque, il monito di Luc Sels a «costruire ponti, non muri», facendo proprio quanto detto, in diverse occasioni, da Papa Francesco. Un compito che spetta anche all’ateneo di Leuven mentre celebra il 600° anniversario: lo stesso rettore ha ricordato che tra le aule si respira l’impegno per «un dialogo aperto basato sulla comprensione reciproca, anche tra le religioni», così da «cercare di promuovere l’armonia e la pace», ispirate «esplicitamente ai valori e agli ideali cristiani». E tale impegno sincero, accompagnato da una «dedizione disinteressata verso gli altri, sono palpabili in molti studenti, il che è fonte di speranza».
Sels si è quindi soffermato su alcuni progetti messi in atto dall’università per rendere concreta l’accoglienza, come l’ospitalità offerta a docenti e studenti in pericolo attraverso programmi specifici; l’accompagnamento accessibile fornito ai rifugiati e l’esperienza messa a disposizione per curare i giovani in fuga dai loro Paesi d’origine e che presentano traumi o problemi di salute mentale. Non mancano avvocati e specialisti che si dedicano, in un’ottica di solidarietà, alle vittime di violazioni dei diritti umani.
Nell’ampio e articolato discorso, inoltre, il rettore dell’ateneo belga ha affrontato anche altri temi, come la piaga degli abusi sui minori, nei confronti dei quali — come ripetuto più volte dal Pontefice — è necessaria la chiarezza, insieme a «un dialogo onesto, impegnato e cordiale con le vittime». Sels si è soffermato anche sulla promozione del ruolo delle donne nella Chiesa e sulla cura pastorale per le persone omosessuali, guardando infine all’imminente Sinodo sulla sinodalità che si svolgerà in Vaticano durante il mese di ottobre.