· Città del Vaticano ·

Nella piazza principale della città

A Lovanio l’abbraccio
di cinquemila fedeli

 A Lovanio l’abbraccio  di cinquemila fedeli  QUO-220
28 settembre 2024

Un momento di piazza, pubblico, breve ma festante. Un altro privato, sofferto, più lungo, ad ascoltare storie di violenza, vergogna, dolore. È stato un pomeriggio di incontri ieri per Papa Francesco, che ha avuto un contatto più ravvicinato con il popolo del Belgio. Prima con la folla di migliaia di fedeli a Lovanio; poi, nella nunziatura apostolica, con diciassette vittime di abusi del clero. A Lovanio, 26 km da Bruxelles, il Papa si è recato per visitare la Katholiek Universiteit Leuven che celebra i 600 anni dalla fondazione. Nell’antico ateneo, tra ritratti e una “Wall of Fame”, un muro con le foto dei personaggi illustri che sono stati studenti, Francesco ha incontrato il corpo docenti. Numerose le donne in prima fila. Tra loro la decana della Facoltà di Teologia, Bénédicte Lemmelijn che, con i media vaticani, ha commentato sfide e opportunità di un’università cattolica in una società «molto secolarizzata» come il Belgio: «Siamo al servizio della società e della Chiesa in modo criticamente leale. Cioè come un amico vero. E un amico vero non dice sempre quello che ti piace sentire, ma anche quello che devi migliorare».

Francesco ha incoraggiato a proseguire il lavoro della KU Leuven. Lo ha scritto pure sul Libro d’Onore: «Quest’antica e grande Università possa sempre formare menti e cuori aperti alla verità, capaci di leggere i segni dei tempi e dediti alle nobili cause della vita civile. Non dimenticatevi: la realtà è superiore alla idea; il tutto è superiore alla parte; l’unità è superiore al conflitto; il tempo è superiore allo spazio».

Incastonato nella visita anche l’incontro del Papa con un gruppo di migranti e rifugiati in un’auletta dell’ateneo; un rapido saluto, un abbraccio, qualche parola prima di uscire, sfidando la pioggia, per poi trasferirsi nella vicina Grote Markt. Nella piazza centrale di Lovanio, quadrilatero di straordinaria bellezza architettonica, tra guglie, cornicioni intarsiati e palazzi dipinti, il Papa in golf kart ha fatto il giro tra la gente. Cinquemila persone: anziani e giovani incappucciati sotto mantelline antivento, malati con la copertina sulle gambe, riparati dagli ombrelli dei volontari della Comunità di Sant’Egidio, bambini che incastravano la faccia tra le transenne e facevano “ciao” con la manina. Hanno atteso tutti dietro i cordoni sotto gocce insistenti o affacciati alle finestre e hanno gridato di gioia al passaggio del vescovo di Roma, segnato dal rintocco delle campane e dagli immancabili cori di «W il Papa». C’erano ragazze e ragazzi italiani di diverse regioni — dal Veneto alla Calabria —, da anni in Belgio per lavoro.

E c’era Ilaria, originaria di Cremona, dottoranda della KU Leuven che ha espresso apprezzamento per le parole del Pontefice contro gli abusi su minori pronunciato la mattina davanti ad autorità civili e politiche del Belgio. Forse una delle condanne più dure e più nette di Jorge Mario Bergoglio contro quella che ha stigmatizzato come «vergogna» e «umiliazione» per tutta la Chiesa. «Il fatto che abbia affrontato apertamente un tema per il quale è stato interpellato e criticato è un atto di grande coraggio che riconosciamo come cattolici... Mostra che la direzione della Chiesa non è di nascondere ma affrontare il passato» ha commentato Ilaria.

E 17 persone, uomini e donne, dai 40 ai 70 anni, vittime di violenze sessuali da parte di sacerdoti e religiosi in Belgio hanno atteso nel tardo pomeriggio il Papa in nunziatura. Francesco ha voluto riceverli privatamente, come spesso ha fatto nei suoi viaggi apostolici: dal Cile al Canada o, più di recente, a Lisbona. L’appuntamento era stato preannunciato nei giorni scorsi dalla Conferenza episcopale belga, mentre il tema degli abusi del clero diveniva via via predominante sui media del Belgio, Paese profondamente ferito da questi crimini sui quali il Parlamento ha annunciato un’indagine nazionale per approfondire come autorità giudiziarie e di polizia hanno gestito la grande inchiesta penale del 2010.

Alcuni dei presenti all’incontro col Papa hanno tenuto poi in serata un meeting point con i giornalisti. Tra loro Jean Marc Turine, autore di un libro in cui racconta gli abusi subiti da quattro sacerdoti dall’età di 13 anni in poi nella scuola Saint-Michel di Bruxelles. Un fatto che — dice — lo ha spinto all’alcolismo. «Non ho consolazione ma ho visto una persona molto gentile, intelligente, ed è ciò che mi aspetto da lui» ha dichiarato all’agenzia Efe. Al Papa ha detto di aver parlato «da uomo a uomo» e di aver trovato una persona «compassionevole, con una certa empatia». Anne Sophie Cardinal si è detta invece colpita dall’aver visto la «commozione» di Francesco mentre ascoltava il suo racconto. «Ha preso la mia testimonianza, l’ha accolta» ha affermato. «Alla fine è stato lui stesso a chiederci perdono. Ha detto una cosa molto importante e cioè che questi crimini non possono andare in prescrizione. E che i sacerdoti sono ovviamente responsabili quando c’è un abuso, ma se il vescovo sa e non fa nulla anche lui è responsabile». 

dal nostro inviato
Salvatore Cernuzio