Testimonianze
L’arricchimento spirituale ricevuto partecipando alla Giornata mondiale della gioventù a Lisbona, l’impegno dell’arcidiocesi lussemburghese per anziani, malati, rifugiati, prigionieri e senzatetto, la lunga tradizione di accoglienza dei migranti che la Chiesa del Granducato ha sempre considerato una ricchezza. Sono questi i temi presentati nel corso delle tre testimonianze ascoltate da Papa Francesco nella cattedrale di Notre-Dame.
Nella Gmg svoltasi nella capitale portoghese dal 1° al 6 agosto 2023, il giovane Diogo Gomes Costa, che ha salutato il Pontefice a nome di tutti i giovani del Lussemburgo, ha raccontato di aver sperimentato e sentito l’amore di Dio. «Abbiamo portato dentro di noi batterie piene dell’amore e della gioia di Dio», conservando «nella memoria e nel cuore immagini speciali di quei due giorni». Innanzitutto, «il momento di euforia sul Campo da Graça, al tramonto; e poi l’alba del giorno dopo quando ci siamo svegliati l’uno accanto all’altro». Diogo ha poi voluto condividere con il Pontefice i frutti della Gmg durante la settimana di preparazione nella diocesi di Braga, sottolineando come l’evento abbia contribuito a far nascere amicizie tra i vari gruppi giovanili che durano ancora oggi. Tanto che «un anno dopo abbiamo organizzato un incontro, il “Dopo-Gmg”! A luglio, per quattro giorni, abbiamo accolto a nostra volta i nostri amici portoghesi in Lussemburgo, ed è stata una gioia immensa ritrovarsi, fratelli e sorelle nella fede». Proprio così, “fratelli tutti”, con la parola “todos”, ha ricordato Diogo, fatta ripetere da Francesco a Lisbona: «siamo pietre vive — ha rimarcato — e contribuiamo con coraggio a costruire la Chiesa di domani», sull’esempio di san Francesco che «ha aiutato a ricostruire diverse chiese intorno ad Assisi». Questo significa, «anche prendersi cura gli uni degli altri», proprio come il Poverello di Assisi fece con un lebbroso scendendo da cavallo e coprendolo con il suo mantello. E sempre lui, ha concluso Diogo, ha insegnato, «come Lei ci ricorda costantemente, a prenderci cura della creazione di Dio, la nostra casa comune, con tutte le sue creature e tutti gli elementi naturali».
Dell’opportunità storica che il processo sinodale mondiale può offrire al rinnovamento della Chiesa ha parlato Christine Bußhardt, vicepresidente del Consiglio pastorale diocesano. Nella sua testimonianza ha posto l’accento sulla vitalità della missione cristiana nella società multiculturale del Paese, sottolineando come l’ufficio in cui è impegnata abbia «viaggiato molto negli ultimi mesi» e come «gli scambi nei nostri sei decanati» mostrino «che la sinodalità deve diventare un modo di relazionarsi stabile nella Chiesa». Diversi incontri, ha precisato, vi sono stati con «volontari, uomini e donne, sacerdoti e diaconi, religiose e religiosi, teologhe e teologi laici e catechisti, pronti ad assumersi la corresponsabilità in questo ambito». Di qui il ringraziamento al Papa e ai partecipanti al Sinodo perché «in molti luoghi la fiamma della fede, della speranza e dell’amore si è riaccesa nei cuori delle persone». Grazie a questa intensa operosità l’arcidiocesi ha offerto ancora più vicinanza ai deboli e agli esclusi non dimenticando di occuparsi della prevenzione degli abusi e di altre priorità pastorali: «la cura dei giovani, l’educazione teologica degli adulti, la promozione della pace e della tutela dell’ambiente, così come la collaborazione con numerose organizzazioni umanitarie nazionali e internazionali». Inoltre, con l’impegno di professionisti e volontari qualificati, delle parti sociali e di Caritas Lussemburgo, ha detto ancora, negli ultimi dieci anni sono state costruite centinaia di case, messe a disposizione delle persone bisognose. Un lavoro svolto in gran parte nelle comunità linguistiche, in quelle religiose e nelle varie parrocchie «dove uomini e donne sono coinvolti nei consigli pastorali, nelle équipes per i funerali, nella pastorale familiare, infantile e giovanile, nella catechesi, nella liturgia, nella musica e nei gruppi di diaconia».
Suor Maria Perpétua Coelho Dos Santos, in rappresentanza delle comunità linguistiche, ha infine presentato la propria esperienza iniziando con il ringraziamento a Papa Francesco «per il suo coraggio nell’accogliere migranti e rifugiati». E proprio dopo il suo intervento il Pontefice ha preso lo spunto per commentare il dramma della migrazione prima di pronunciare il suo discorso. Il Lussemburgo ha circa 660.000 abitanti, il 47,4% dei quali sono stranieri e ogni giorno circa 214.000 frontalieri si recano per lavoro nel Granducato. Partendo da questi dati, la religiosa ha osservato che per generazioni la Chiesa locale «ha accolto comunità di migranti di lingue, culture e tradizioni religiose diverse» e continua a farlo. Esse, insieme con la comunità lussemburghese, formano «il corpo vivo» della Chiesa locale: «Se è vero che la nostra diversità è una sfida quotidiana, la viviamo soprattutto come una ricchezza», ha concluso la religiosa.