Il 46° viaggio apostolico del pontificato - Belgio
Tra gli anziani poveri
«Mon Dieu, il Papa, mi tremano i polsi…». Dalle teste coronate a quelle canute, dai troni alle sedie a rotelle, dallo sfarzo del Castello reale di Laeken, il “Buckingham Palace del Belgio”, a una piccola “casa” di metà ’800 a più piani, la Home Saint-Joseph, dedita all’accoglienza di anziani malati poveri o a basso reddito, con le mura colorate, i pavimenti in legno e l’odore di minestra appena cucinata. Succede questo nei viaggi apostolici di Francesco, che nel giro di poche ore ci si possa trovare in mondi diversi seppur racchiusi nel recinto di un’unica città. Bruxelles, in questo caso, capitale del Belgio e cuore pulsante dell’amministrazione dell’Unione europea.
Il Papa vi è giunto ieri sera intorno alle 19.30 con un aereo di Air Lux dal Lussemburgo, accolto dal re Filippo e dalla regina Matilde e dai loro gesti, quasi confidenziali, che rivelano un’amicizia sincera oltre il rapporto istituzionale. Il tutto sotto una pioggia battente che non ha tuttavia impedito a un gruppo di bambini con la t-shirt gialla e la scritta “Forward with Hope” (il motto della visita) di esibirsi in un canto e una danza davanti al Pontefice.
Questa mattina, il Papa si è recato al Castello di Laeken, per la visita di cortesia ai reali, scortato dalla Garde royale a cavallo, al centro di uno scenario mozzafiato di alberi e fontane, tra viali di ciottoli e il riflesso sulle finestre dei lampadari di cristallo. Francesco si è intrattenuto con i sovrani in un dialogo riservato, poi ha firmato il Libro d’onore («Con animo grato visito il Belgio, segno e ponte di pace, dove culture, lingue e popoli diversi convivono nel rispetto reciproco. Che Dio benedica il Belgio!», è stata la dedica) e, trasferendosi nella Grand Galerie, ha incontrato circa 300 autorità politiche e civili del Paese.
Il programma prevedeva una pausa di oltre cinque ore prima degli appuntamenti pomeridiani, ma il corteo papale ha deviato nella direzione opposta della nunziatura, residenza di Francesco in questi giorni del viaggio, per addentrarsi nelle viuzze di Marolles, quartiere trendy costellato da pub indie e mercati delle pulci, e raggiungere la Home Saint-Joseph.
La gente, allertata dalle sirene e dalla lunga fila di auto e pullmini neri, è scesa in strada per dare il benvenuto a Francesco che ha fatto fermare la Fiat 500 L bianca per salutare un gruppo di bambini e una donna in ginocchio con le braccia a mo’ di preghiera. L’auto ha poi curvato per fare ingresso nella casa di carità. Due suore delle Piccole Sorelle dei Poveri, congregazione fondata da santa Giovanna Jugan, da cui ha ereditato il carisma della solidarietà verso i più fragili, si sono subito avvicinate al Papa per dirgli «grazie» di questa sorpresa. «Con gioia», ha risposto Francesco, chiedendo informazioni rapidamente sulla famiglia religiosa.
Le mura sottili rimandavano intanto dall’interno il suono di una chitarra, accompagnata dal battito delle mani. Erano gli operatori della struttura che avevano intonato un canto insieme alle «sorelline» e i «fratellini», come a Saint-Joseph chiamano gli anziani con malattie gravi, ritardi cognitivi e problemi economici, qui accolti da più di un secolo, ricevendo pasti e cure. E anche gesti di attenzione, per alleviare il dolore della solitudine o del trauma del trasferimento: come un mazzo di fiori sul comodino o il biglietto «Soyez la bienvenue» sulla porta della stanza.
Disposti in semicerchio, con al centro gli anziani sulle carrozzine elettriche o quelli paralizzati dalla malattia, tutti i presenti nel salone della Home Saint-Joseph hanno accolto il Papa con un applauso. Le suore e le infermiere che, intanto sorreggevano alcuni anziani, saltellavano non potendo battere le mani.
«Vi benedico e prego per voi. Voi pregate per me!» le parole in francese di Jorge Mario Bergoglio, seduto al centro della stanza. «Tous le jours, tous le jours… Tutti i giorni», hanno assicurato in coro alcune donne. Al Papa le religiose hanno regalato dei libri e gli hanno presentato Madame Zelle, come vuole farsi chiamare Denis Lallemande, un passato da tata, a 102 anni un po’ la mascotte della casa. «Complimenti!», le ha detto Papa Francesco, sporgendosi in avanti dalla sedia a rotelle per stringerle la mano. Assisteva intanto commosso a tutta la scena un giornalista belga al seguito del Pontefice che non si aspettava di ritrovare lì la babysitter di quando era bambino. «Ha aiutato tanto la nostra famiglia» racconta.
Dopo Madame Zelle, il Papa ha voluto salutare uno ad uno — nonostante lo spazio ristretto — i presenti. Una piccola calca si è subito creata mentre la carrozzina di Francesco si addentrava tra le file di altre carrozzine. Tra grida di «Saint-Père» e di nuovo canti, si distingueva, seppur flebile, la voce di Agata in italiano: «Santo Padre, venga qui, sono paralitica. Vengo da Bari. Santo Padre, venga qui, sono paralitica. Vengo da Bari…». Quasi una litania che la donna, pugliese ma da sessant’anni a Bruxelles, occhi azzurri e collo incrinato a causa della malattia, ha ripetuto finché Francesco non le è apparso davanti, l’ha avvicinata, le ha stretto una mano e le ha regalato un rosario. «Gli volevo dire di pregare per me e che io prego per lui — racconta Agata ai media vaticani — lo vedo sempre in tv e ora l’ho visto in presenza. Una cosa rara, una cosa meravigliosa e rara». «Ah sì — aggiunge, tenendo stretta in mano la coroncina —, gli ho detto pure che prego sempre per tutti gli ammalati perché stiano bene e perché finisca la guerra. Ho sentito che vogliono buttare delle bombe».
L’incontro si è concluso con la preghiera del Padre Nostro e una nuova richiesta di preghiera da parte di Papa Francesco: «Pregate per me. A favore, non contro!». Da lì il congedo — con alcune suore che hanno seguito l’auto fino all’uscita continuando a salutare e ringraziare il Pontefice — e il passaggio tra le strade di Bruxelles, sotto un cielo uggioso, con un vento pungente e l’ombra dei grandi palazzoni sedi istituzionali europee.
Nel pomeriggio il Papa visita la Katholieke Universiteit Leuven, il più antico ateneo cattolico esistente al mondo, fondato 600 anni fa da Martino v con la bolla Sapientie immarcessibilis. L’università si trova a Lovanio, capoluogo della provincia del Brabante fiammingo, nella regione delle Fiandre, a circa 26 km dalla capitale. Francesco vi si reca per incontrare i docenti universitari e assistere alla proiezione di un filmato sull’assistenza ai rifugiati e alla video-testimonianza di alcuni migranti. Un altro momento, dunque, dedicato ad una categoria spesso emarginata che invece Francesco chiede di valorizzare perché «ricchezza» per l’intera società. Così come Zelle, Agata e tutti gli anziani.
dal nostro inviato
Salvatore Cernuzio