Il tema della settimana
«Una missione che umanizza il mondo e si prende cura della terra e della voce degli esclusi» viene definita da Papa Francesco “trascendente”. Questa è la “vocazione” dei Movimenti popolari per la Chiesa e il mondo intero, presenza che nelle comunità ecclesiali si conosce ancora troppo poco, malgrado la loro vicinanza alle Chiese locali e la loro lotta costante contro le ingiustizie sociali.
Il pontificato di Francesco non lascia dubbi sulla necessaria attenzione della Chiesa nei confronti degli ultimi e dei più deboli e sul favore con cui guarda al loro organizzarsi. Dieci anni fa il Pontefice accoglieva nell’Aula vecchia del Sinodo i rappresentanti dei lavoratori e dei settori più disagiati di tutto il mondo. In quell’incontro pose la “pietra miliare” delle cosiddette “3T” — in spagnolo Tierra, Techo, Trabajo — sulla quale i Movimenti Popolari dei cinque continenti hanno basato da lì in avanti il loro cammino.
Venerdì 20 settembre, a palazzo San Calisto, nella sede del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, si è voluto celebrare e verificare questo decennale cammino: percorso arduo, ma costellato da piccole e grandi conquiste che hanno portato a trasformazioni sociali, riconoscimento di diritti, istituzionalizzazione di processi, di tutela del creato. È stata una giornata di vera festa, per un “incontro” che ha segnato per il Santo Padre l’inizio di una storia comune: la loro e la sua.
Si è trattato di un momento di grande rilevanza per la costruzione di un’economia sociale che già oggi esiste e si dimostra praticabile, che non produce scartati e riesce a dare valore ad ogni singola persona, mettendo al centro la dignità umana e la giustizia sociale. Una economia che contrasta l’iniquità del «paradigma tecnocratico dominante», l’accumulazione delle ricchezze nelle mani di pochi, il moltiplicarsi di lavoratori invisibili ed esclusi da ogni diritto e un degrado ambientale che riflette quel degrado sociale che non possiamo più nascondere.
Molte le storie di dolore e sofferenza sono emerse dal confronto, ma Papa Francesco, con il suo lungo discorso di vicinanza e di riconoscimento, e al tempo stesso di aspra condanna al sistema attuale di accumulazione della ricchezza nelle mani di pochi, ha incoraggiato tutti, sostenendo che per «Dio tutto è possibile». Occorre soltanto «non smettere di sognare, di impegnarsi, e di rallegrarsi insieme per la strada fatta». Concretezza, dunque, e sforzo missionario per svegliare coscienze, nel mettere al centro i più vulnerabili, nel denunciare gli abusi di ogni genere e la insaziabile avidità dei grandi interessi privati verso le risorse naturali che rappresentano beni comuni universali.
Il titolo del simposio rappresentava già un seme di speranza: «Piantare una bandiera di fronte alla disumanizzazione». Questa espressione coglie l’essenza dell’impegno che, in modi diversi, tanti collettivi di lavoratori e cittadini hanno portato avanti durante tutti questi anni.
Oggi esiste in tutto il mondo — nonostante l’inasprirsi di conflitti e diseguaglianze che fanno più rumore del bene — una maggiore consapevolezza della fondamentale importanza di lotte non violente e libere dall’ideologia. Esse, nonostante tutto ciò che pare contemporaneamente peggiorare, rinvigoriscono e migliorano le realtà sociali. Sono proprio le associazioni, i sindacati, la cittadinanza attiva e tutte le forme immaginabili di collettivi organizzati territorialmente, spesso nelle periferie umane ed esistenziali di immense realtà urbane, a portarle avanti. Sono i membri di queste organizzazioni comunitarie ad avvertire sulla propria pelle la necessità crescente di costruire un nuovo paradigma spirituale, culturale e quindi anche economico, che possa superare l’attuale crisi sistemica e strutturale. Occorrono infatti soluzioni nuove, in grado di valorizzare il contributo di tutti e di porre freno alle logiche di massimizzazione del profitto e conseguentemente di sfrenato consumismo.
La volontà del Santo Padre di accompagnare questi movimenti è emersa con forza, le sue parole nello stesso tempo sono state un messaggio di resistenza e sollievo. Al centro è stato riportato il Vangelo e non solo per condannare ancora una volta l’iniqua ricchezza, ma per ricordarci la forza trasformativa dell’amore come categoria non solo teologica, ma culturale e politica. L’amore trasforma, piega, plasma, sposta: è capace di portare la spinta al cambiamento giù dai pulpiti, nella concretezza della compassione, nel servizio alla riconciliazione e alla pace e nell’accompagnamento dei processi di ricostruzione e guarigione.
Tante volte ho ricordato quanto l’economia sia, persino etimologicamente, espressione di cura e come proprio la “cura” rappresenti uno sguardo diverso delle nostre strutture sociali. I movimenti popolari condensano la saggezza e la creatività dei popoli donata, per così dire, alla “res publica”. Vivere e pensare le realtà dalle periferie, infatti, offre oggi infiniti traguardi di cambiamento, la forza dirompente per abbattere i muri innalzati da chi si scorda troppo spesso il debole, l’invisibile, l’indigente, o peggio ancora ne fa capri espiatori di un sistema ingiusto. Gesù, l’innocente spogliato di tutto, non li ha mai persi di vista ed è in questo il vero Signore. Egli ci dice ancora: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».
Al termine di questo Simposio, i riscontri positivi emersi dalla condivisione di azioni sempre più visibili anche a livello istituzionale fanno sperare nel consolidarsi di processi capaci di rappresentare “cose nuove”: le idee collettive, la creatività e saggezza dei popoli, le classi dirigenti più consapevoli della necessità di agire. La strada è aperta, le indicazioni di direzione non mancano, tutto è connesso: «Dai poveri dipendiamo tutti, tutti, anche i ricchi». Ce l’ha ribadito più di una volta Papa Francesco e non lo dobbiamo dimenticare.
di Alessandra Smerilli Fma,
Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale