· Città del Vaticano ·

Quel «grido di resistenza» delle religioni contro l’odio
e la violenza

 Quel «grido di resistenza» delle religioni contro l’odio e la violenza  QUO-217
25 settembre 2024

Si operi per una svolta profonda, cercando «vie di pace che esistono anche se nascoste dal buio della guerra». L’appello e la preghiera di pace si levano dal sagrato di una Notre-Dame prossima alla inaugurazione, ricostruita dopo il gravissimo incendio del 15 aprile del 2019, e scelta come sfondo alla richiesta rivolta dai leader religiosi ai «responsabili politici, ai signori della guerra, ai popoli tutti», affinché ci si impegni per «liberare il mondo dal fuoco della guerra e ricostruirlo più pacifico e giusto!».

L’incontro internazionale di Parigi, che si è tenuto dal 22 al 24 settembre, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, con la collaborazione dell’arcidiocesi della capitale francese, dal titolo “Immaginare la pace”, ha chiamato, si legge nel testo firmato dalle varie fedi, «donne e uomini di differenti religioni» che si sono riuniti con «umanisti, pensatori e tante persone, portando nel cuore il dolore di tanti popoli per le guerre in corso». Tra i presenti anche il cardinale presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi, l’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, Justin Welby, il rettore della Grande moschea di Parigi, Chems-Eddine Hafiz, il gran rabbino di Francia, Haim Korsia. Nei giorni di incontro e di dialogo, queste stesse persone hanno provato a immaginare «un futuro di pace per questo mondo», con il pensiero rivolto a chi è coinvolto dalle guerre, a chi è colpito dal terrorismo. Purtroppo, è il grande rammarico, «c’è una diffusa rassegnazione di fronte ai conflitti aperti, che rischiano di degenerare in una guerra più grande e travolgente», e questo anche perché nel mondo, Europa compresa, «si è smarrita la memoria dell’orrore della guerra, eredità dei due conflitti mondiali del Novecento. Quell’eredità che mostra come solo la pace sia un’alternativa umana e giusta!».

L’interrogativo che i capi delle religioni mondiali si pongono è soprattutto sul tipo di società che si sta trasmettendo alle giovani generazioni, segnata «da terrorismo e violenza». Il timore è che si possa trasferire ai ragazzi «la riabilitazione della guerra come strumento per risolvere i conflitti o per affermare i propri interessi». Le religioni si dicono quindi consapevoli che il mondo trova la sua vita nella pace e che «la guerra in nome di Dio è una bestemmia». Inoltre, pur avendo una forza «debole e umile», e pur non potendo contare su una «forza militare o economica», le religioni sanno che è grazie al dialogo che si può «immaginare la pace», che resta «la migliore condizione di esistenza per i popoli», l’unica «veramente umana e degna».

Ciò che è risuonato nei giorni scorsi a Parigi è stato un «grido di resistenza» di fronte a violenza e guerra, che non sono il futuro né il destino dell’umanità e le cui vittime, il più delle volte innocenti, sono state ricordate sul palco, in chiusura evento, dal presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo. Con il suo discorso, egli si è fatto portavoce della protesta delle religioni contro l’odio, estraneo alla «volontà di vivere in pace» di tanti uomini e donne. Ciò che i momenti difficili della storia chiedono, è stata l’indicazione, è una necessaria unità «per scorgere l’orizzonte che supera l’odio, la violenza e la guerra» e per raccogliere l’eredità del «mai più la guerra» di chi in Europa nel passato ha «cercato vie di pace durante e dopo la catastrofe della guerra mondiale». La richiesta è stata di rispondere all’«inquietudine di pace comune a tutti» e di uscire da «posizioni bloccate» perché «anche se c’è la guerra, è necessario pensare oggi la pace di domani: è un’opera di saggezza».

A Parigi, ha quindi ricordato l’arcivescovo della città Laurent Ulrich, le ultime settimane segnate dai Giochi Olimpici e Paralimpici «hanno mostrato le virtù della competizione sportiva», che spinge a superare sé stessi e che trasmette «un desiderio di incontro tra i popoli». Quella stessa Parigi, che nella storia ha vissuto colloqui che hanno condotto ad accordi di pace e al rispetto di ogni persona, ha vissuto quindi l’Incontro internazionale di pace, che segna anche il trentottesimo anniversario della Giornata di Assisi del 1986, con il rinnovato impegno delle religioni «a costruire relazioni vive, fraterne e semplici».

di Francesca Sabatinelli