· Città del Vaticano ·

Le testimonianze dei francescani della Custodia di Terra Santa da Tiro, Beirut e Cafarnao

«Basta guerra,
la gente è terrorizzata»

Debris lies on the ground at the site of an Israeli strike that hit the Lebanese seaside town of ...
25 settembre 2024

È come se lo sentissimo vicino anche noi quel missile caduto «proprio mentre» parla. Padre Toufic Bou Merhi, francescano libanese della Custodia di Terra Santa, parroco latino di Tiro, nel sud del Libano, racconta di una città sotto il fuoco israeliano, mentre non si fermano nemmeno i lanci di razzi Hezbollah. Il frate è costretto a interrompere più volte la sua testimonianza: «Ecco un altro colpo», dice. Ma non si ferma. Vuole affidare ai media vaticani la «voce» dei libanesi, «la nostra sofferenza, il nostro grido al mondo intero: basta guerra, basta ammazzarsi a vicenda da tutte e due le parti. Non parlo di uno e do ragione all’altro. Solo: basta massacri, in particolare dei bambini».

Eppure, assicura, gli «mancano le parole» di fronte a ciò a cui sta assistendo: «Da libanese — spiega — ho vissuto la guerra dal ‘75 fino al ‘90. Ho vissuto la guerra anche del 2000, quella del 2006, però quello che stiamo vivendo oltrepassa tutti i limiti. Bombardamenti a non finire anche a Tiro e nelle vicinanze». Parla di gente «terrorizzata» che fugge come può. «Le strade che vanno verso Beirut sono affollate, l’autostrada a due sensi si usa soltanto in direzione della capitale. Persone bloccate da ore e ore, che aspettano di poter arrivare verso un posto sicuro. Ma non sanno dove andare. Cercano solo di uscire da questa paura, da questa tensione, da questa situazione. Povera gente!».

La comunità cristiana locale «cerca di resistere», prosegue. «Chi ha la possibilità di andare verso Beirut è partito, però molti sono rimasti. Allora speriamo e preghiamo insieme». Nel complesso della chiesa di Sant’Antonio da Padova, che è in una posizione «abbastanza sicura», «la gente viene e ci chiede di rimanere». Nelle scorse ore, i frati hanno visto radunarsi «folle davanti al convento, gente che aveva messo materassi sotto gli alberi, sulla spiaggia. Non potevamo non aprire la porta», osserva. Sono arrivate prima 20-30 famiglie, un centinaio di persone, bambini, anziani, disabili. Poi qualcuno è andato via, qualcun altro è giunto dopo, altre 150 persone: «E continuano ad arrivare. Cosa posso dir loro? Benvenuti!». Hanno bisogno di tutto, acqua, elettricità, cibo, vestiti. «Tutta la comunità è coinvolta, ci aiutiamo a vicenda: chi porta cuscini, chi coperte, chi cibo». E soprattutto un calore speciale: «Siamo accanto alla gente, ascoltiamo il loro bisogno e cerchiamo di esser loro vicini». Poi «gli amici non mancano», assicura. «L’esercito italiano, l’Unifil, le realtà “Pro Terra Sancta”, altre organizzazioni», che ringrazia. Infine un ultimo appello. «Abbiamo bisogno di molte preghiere, perché solo con la forza del Signore e la Sua grazia si può cacciare questo demonio che è la guerra. Speriamo che la pace arrivi un giorno».

Non meno grave è la realtà di Beirut. «La situazione è caotica, la gente soprattutto dalla zona sciita sta scappando verso le zone cristiane. Le bombe non sono cadute vicino a noi ma si sentivano bene. E le persone hanno paura, molta paura», spiega con voce affannata padre Jihad Kraiem, guardiano dei francescani della capitale libanese. «I bombardamenti non sono ancora arrivati nei nostri quartieri, almeno per adesso sono sicuri. Non sappiamo se lo saranno ancora», racconta. «Siccome abbiamo ospitato famiglie sciite, potrebbero arrivare fino a noi. La gente ha paura di questo».

Anche il monastero dei francescani a Gemmayzeh ha accolto e continua ad accogliere in queste ore i profughi: «Stiamo ospitando tante persone, specialmente i bambini, le donne e anche i loro uomini, non possiamo dire di no. Ospitiamo quanti ne possiamo. A questa gente dobbiamo dare cibo, coperte, materassi ma ci mancano moltissime cose. Quello che avevamo, lo abbiamo distribuito. Ci stiamo interessando a vedere anche in altri centri, non solo il nostro, di cosa hanno bisogno così da poterli aiutare». Soprattutto, in vista dell’inverno, servono coperte: «Specie nei posti dove fa più freddo», dice il francescano. «E poi serve cibo, latte per i bambini».

In queste ore però è difficile recuperare beni di prima necessità: «Non sappiamo dove andare, tutti corrono a comprare, diventa difficile trovare le cose necessarie, stiamo provando a comprare un po’ di qua e un po’ di là, manca moltissimo».

Anche dall’altra parte della frontiera arriva un grido di paura. Sul nord della Galilea ieri è stata una «giornata di forti bombardamenti», «missili e anche droni», «ogni giorno li vediamo avvicinarsi sempre di più a noi», riferisce da Cafarnao il padre francescano Fabio Inacio. «Sopra Cafarnao è stato intercettato un missile e abbiamo avuto notizie di droni sopra il lago di Galilea».

di Roberto Cetera