Beirut , 24. Ancora negli ultimi giorni, nel corso di una riunione della commissione Difesa della Knesset, il premier israeliano Benjamin Netanyahu, affermava di non volersi «impegnare in un’escalation» del conflitto contro il Libano, mentre dalla Casa Bianca confermavano che un allargamento su vasta scala delle operazioni di guerra non fossero nell’interesse di Israele. Tuttavia, se ciò che sta accadendo nel Paese dei cedri non è un’escalation, è certamente qualcosa che le si avvicina molto.
Per tutta la giornata di ieri, a partire dalla mattina, migliaia di bombe delle Forze di difesa di Israele (Idf) sono pesantemente piovute sulla valle della Bekaa e le aree meridionali libanesi. L’operazione denominata “Frecce del nord” ha visto l’aviazione israeliana compiere 1.600 raid in sole 24 ore contro 1.300 infrastrutture «terroristiche» appartenenti a Hezbollah, mentre l’artiglieria avrebbe colpito in particolare le zone di Ayta al-Shab e Ramyeh.
Al momento si contano oltre 550 morti, anche se il numero sembra destinato a crescere, di cui circa 50 bambini, con più di 1.800 feriti. In migliaia si sono riversati nelle strade a bordo di auto o altri mezzi per sfuggire ai bombardamenti dirigendosi verso la capitale Beirut, anche sull’onda delle dichiarazioni di Netanyahu e dei suoi comandanti militari, che hanno invitato la popolazione a evacuare dalle proprie abitazioni.
Nasser Yassin, il ministro libanese che coordina la risposta alla crisi causata dai combattimenti tra Israele e Hezbollah, ha affermato che 89 rifugi temporanei sono stati allestiti in scuole e altre strutture, per provare a ospitare più di 26.000 sfollati. Gli ospedali sono già in affanno. Molte compagnie aeree hanno sospeso i voli da e per Tel Aviv.
Anche questa mattina si sono registrati nuovi attacchi nel sud, sulle regioni di Kfar Fila, Roumine, Deir el Zahrani, Doueir, Ebba, Zawtar, e più a est, a Baalbek, Al-Tal Al-Abyad, sulla città di Talia e la periferia di Shamstar.
Secondo molti analisti si tratta dell’operazione più sanguinosa condotta da Israele contro i miliziani libanesi sostenuti dall’Iran dal 2006, e sebbene il premier assicuri la popolazione che gli attacchi sono rivolti contro Hezbollah, e non contro i civili, «a pagare le conseguenze è sempre la gente comune», avvisa con preoccupazione, parlando ad AsiaNews da Gerusalemme, monsignor Rafic Nahra, di origini libanesi e dal 2021 vicario patriarcale per Israele.
Il capo di Stato maggiore, Herzi Halevi, ha parlato di «operazione difensiva proattiva per smantellare la capacità militare costruita da Hezbollah negli ultimi 20 anni», mentre il portavoce dell'Idf, Daniel Hagari, ha dichiarato che i raid proseguiranno, e, in merito all’elevato numero di vittime, che fra loro ci sono «numerosi terroristi che si trovavano accanto ai sistemi d’arma». È giallo invece sulla sorte di Ali Karaki, capo del comando meridionale di Hezbollah e considerato il numero 3 dell’organizzazione, dato inizialmente per morto, poi solo ferito e infine dichiarato in salvo in un luogo sicuro, secondo quanto riporta «Haaretz» citando fonti della stessa milizia.
Quest’ultima, per parte sua, ha lanciato ieri oltre 160 razzi e sparato proiettili a lunga gittata sul nord di Israele, continuando a colpire con centinaia di missili anche nel corso di questa notte e della prima mattina di oggi, in particolare nell’area di Kyriat Shmona, verso la fabbrica di esplosivi Zichron, a 60 chilometri dal confine, la base aerea di Ramat David e l’aeroporto militare di Megiddo, secondo la tv Al Manar.
Il premier libanese ha definito «l’aggressione israeliana una vera guerra di sterminio», mentre il presidente iraniano, Massoud Pezeshkian, parlando da New York, dove è in corso l’assemblea generale Onu, accusa Israele di «volerci trascinare in un conflitto totale dalle conseguenze irreversibili», aggiungendo in una intervista alla Cnn che «Hezbollah non può stare solo» a fronteggiare Israele. Per parte loro, i ministri degli esteri dei Paesi arabi, durante una riunione consultiva sempre a New York, hanno espresso la loro «piena solidarietà» al Libano, che ha incassato il sostegno anche da parte della Cina.
E se dagli Usa fanno sapere di voler presentare durante la riunione annuale dei leader mondiali all’assemblea generale «idee concrete per una de-escalation» tra Israele e Libano, l’Alto rappresentante Ue per la Politica estera e di difesa, Josep Borrell, ha parlato di «guerra a tutti gli effetti», chiedendo alla comunità internazionale di «mettere in campo» tutte le capacità possibili per fermare la violenza.
Situazione sempre drammatica a Gaza. Almeno nove civili palestinesi sono rimasti uccisi la scorsa notte nei raid condotti da Israele sulla Striscia. Sette i morti nella città di Khan Yunis, nel sud della Striscia, dove sono state colpite due palazzine residenziali dopo la mezzanotte in un raid che ha provocato anche 15 feriti. A Deir el-Balah, nella zona centrale, due le persone uccise. Al Jazeera denuncia attacchi crescenti sulle zone residenziali della Striscia.