In un mondo dove cresce la persecuzione delle minoranze religiose, in primis i cristiani, e in un terzo dei Paesi la libertà di religione è violata, la diminuzione della protezione di questo diritto di ogni uomo, «è sintomo di una crisi universale che riguarda lo Stato democratico». Perché ogni volta che diritti legati alla dignità e al primato della persona umana «vengono rimossi o dimenticati, lo Stato assume rapidamente una tendenza autoritaria». Lo ha sottolineato l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali della Santa Sede, intervenendo questa mattina a Varsavia ad una conferenza su “Libertà di coscienza e religione in uno Stato democratico”, organizzata dal Senato della Repubblica di Polonia.
Nella sua relazione, dedicata della “Libertà di coscienza e religione nel contesto della Dottrina Sociale della Chiesa”, monsignor Gallagher, invitato dalla presidente del Senato Małgorzata Kidawa-Błońska, ha ricordato le più importanti affermazioni magisteriali della Chiesa Cattolica di questi ultimi 60 anni sul tema, dall’Enciclica Pacem in Terris di san Giovanni XXIII , passando per la Dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae, fino all’Enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco.
Per concludere che il magistero «continua a sottolineare che la libertà religiosa implica la capacità di esercitare, senza coercizione e senza minaccia di persecuzione, le proprie convinzioni religiose, sia in privato che in pubblico». Ma, citando le parole del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin al Simposio sulla difesa della libertà religiosa del settembre 2020, «è altrettanto importante riconoscere che “la libertà religiosa è, al contempo, la libertà di cercare la verità”». Siamo infatti creati «per conoscere e scegliere il bene, ciascuno secondo la propria coscienza», e senza questo fine oggettivo, «non possiamo sperare di trovare altro che una società in crisi, con ciascuno di noi incapace di abbracciare qualcun altro se non sé stessi».
L’arcivescovo inglese ha precisato questo concetto dopo aver sottolineato, sempre citando il cardinale Parolin, che nelle nostre società contemporanee, specie in Occidente, c’è la tendenza a «esaltare la libertà a tal punto che essa diventa un assoluto», la «fonte di valori». Questo accade in particolare nel web, «nuovo spazio di incontro globale», dove il valore delle libertà di espressione, di coscienza e di religione «è spesso vantata come una totale libertà di scelta», che «senza il suo legame con la verità universale riguardante il bene e il male”, fondata solo sull’“io» «si trasforma in licenza o diventa una scusa per limitare i diritti degli altri». Quando ciò accade, ricordava ancora Parolin, «la coscienza individuale è elevata allo status di un tribunale supremo del giudizio morale che emette decisioni categoriche e infallibili su ciò che è bene e ciò che è male». Una tale concezione del bene e del male «conduce a una comprensione limitata della libertà religiosa» e ostacola il raggiungimento di un «pluralismo autentico e la ricerca della verità oggettiva».
Sempre guardando alla situazione attuale, Gallagher ha lamentato che anche negli Stati occidentali, orgogliosi della loro democrazia, «l’attuazione della protezione della libertà religiosa è ostacolata da fattori che non sembrano influenzare altri diritti fondamentali».
Non è raro infatti, ha spiegato, «che le autorità civili neghino o limitino tutte le forme di propaganda o promozione religiosa, sotto il pretesto di mantenere la neutralità, la laicità o la separazione tra Chiesa e Stato», dimenticando che quei principi «furono stabiliti come un modo per garantire la libertà religiosa per tutti!».
È falso, per l’arcivescovo, pensare che uno “Stato laico” debba «neutralizzare la religiosità o emarginare le espressioni pubbliche della religione», in nome di quello che Benedetto XVI ha definito “secolarismo malsano”, simile al fondamentalismo religioso «poiché entrambi — scriveva nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011 — rappresentano forme estreme di rifiuto del pluralismo legittimo e del principio di laicità». Lo Stato laico, secondo Gallagher, «dovrebbe riconoscere e attuare quei valori fondamentali che una società ha ereditato dalla sua tradizione religiosa», così da apprezzare, spiegava sempre Papa Ratzinger «il contributo etico della religione nella sfera politica» e «alla promozione del bene comune».
Sintetizzando infine il magistero di Francesco sul tema, Gallagher ha ricordato che per l’attuale Pontefice la libertà religiosa «è una difesa contro il totalitarismo e un contributo decisivo alla fraternità umana. Si tratta infatti, ha detto in un incontro interreligioso a Tirana nel settembre 2014, di uno «spazio condiviso, un'atmosfera di rispetto e cooperazione che deve essere costruita con la partecipazione di tutti, anche di coloro che non hanno convinzioni religiose». Per promuovere la libertà religiosa, indicava il Papa in Albania, dobbiamo considerare ogni uomo e ogni donna «come fratelli e sorelle», e poi lavorare «al servizio del bene comune». Infatti «ogni volta che l'adesione a una tradizione religiosa specifica dà vita a un servizio» rivolto all’intera società «senza fare distinzioni, allora lì si vive un’autentica e matura libertà religiosa».
di Alessandro Di Bussolo