I migranti chiedono
«Salvato dai migranti. Racconto di uno stile di vita» è il titolo del libro pubblicato nei giorni scorsi dalle Edizioni Dehoniane Bologna - EDB (Collana “Le parole per dirlo”, pp. 276, euro 19) in cui don Mattia Ferrari, cappellano di «Mediterranea Saving Humans», descrive la propria esperienza in mare nell’opera al servizio dei migranti che fuggono dai loro Paesi alla ricerca di un futuro migliore. Pubblichiamo la prefazione di Papa Francesco al volume.
Fin dall’inizio del mio pontificato ho dedicato una speciale attenzione al dramma dei migranti, uno dei segni dei tempi di questa epoca storica. Nel mio primo viaggio apostolico mi sono recato a Lampedusa, luogo simbolo dei naufragi e dell’accoglienza, e lì ho sottolineato il punto centrale della questione: «“Dov’è il tuo fratello?”, la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi» (Omelia a Lampedusa, 8 luglio 2013).
Il dramma dei migranti interpella infatti la nostra identità più profonda: si tratta di scegliere se essere veramente fratelli e sorelle o no. L’ho ribadito all’incontro dei vescovi e dei giovani del Mediterraneo a Marsiglia il 22 settembre 2023. «Davanti a noi si pone un bivio: da una parte la fraternità, che feconda di bene la comunità umana; dall’altra l’indifferenza, che insanguina il Mediterraneo. Ci troviamo di fronte a un bivio di civiltà. O la cultura dell’umanità e della fratellanza, o la cultura dell’indifferenza: che ognuno si arrangi come può».
In questi anni ho più volte incontrato persone migranti le cui storie racchiudevano in sé le storie di tanti: alcuni di questi incontri, come quelli con Bentolo e con Pato, sono raccontati in questo libro. Incontrandoli, ho voluto sottolineare che essi sono veramente fratelli e sorelle e ci aiutano a riscoprire la fraternità universale. Chi pratica l’accoglienza sa che l’amicizia con i poveri è salvifica, perché attraverso di loro, i fratelli prediletti di Gesù, facciamo esperienza speciale dell’amore di Gesù e riscopriamo la bellezza dell’essere anche noi parte di questa grande fraternità. L’ho ribadito rivolgendomi direttamente ai migranti: «Trattati come un peso, un problema, un costo, siete invece un dono. Siete la testimonianza di come il nostro Dio clemente e misericordioso sa trasformare il male e l’ingiustizia di cui soffrite in un bene per tutti. Perché ognuno di voi può essere un ponte che unisce popoli lontani, che rende possibile l’incontro tra culture e religioni diverse, una via per riscoprire la nostra comune umanità» (Videomessaggio per il 35° anniversario della fondazione del Centro Astalli per i rifugiati, 19 aprile 2016).
La fraternità è un grido: le persone migranti che bussano alle nostre porte portano in sé questo grido: chiedono di essere riconosciute come fratelli e sorelle, di camminare insieme. Il soccorso e l’accoglienza non sono solo gesti umanitari essenziali, sono gesti che danno carne alla fraternità, che edificano la civiltà. Più volte ho espresso pubblicamente la mia gratitudine a Mediterranea Saving Humans e a tutte le realtà che praticano il soccorso e l’accoglienza. Sono grato anche ai fedeli, ai consacrati e ai vescovi che in vari modi li accompagnano. La chiesa accompagna questo cammino, perché è il vangelo che lo chiede: la chiesa non ha alternative, se non segue Gesù, se non ama come Gesù ama, perde il senso stesso del suo essere. Dare carne alla fraternità universale è il sogno che Dio ci affida fin dagli inizi della creazione: chiunque partecipa a questa missione collabora al sogno di Dio. Una realtà che dà carne alla fraternità in modo speciale sono i movimenti popolari, di cui pure si parla in questo libro. Ho conosciuto i movimenti popolari quando ero arcivescovo di Buenos Aires: ho trovato in loro quella che ho poi chiamato «mistica dei movimenti popolari», cioè quella compassione viscerale che si fa azione comunitaria e che porta i poveri a prendersi per mano, a organizzarsi, a lottare insieme e a costruire insieme un’altra società. A Buenos Aires, accompagnando i movimenti popolari, ho capito che «benché diano fastidio, benché alcuni “pensatori” non sappiano come classificarli, bisogna avere il coraggio di riconoscere che senza di loro la democrazia si atrofizza, diventa un nominalismo, una formalità, perde rappresentatività, va disincarnandosi perché lascia fuori il popolo nella sua lotta quotidiana per la dignità, nella costruzione del suo destino» (Fratelli tutti, 169).
In questi anni ho partecipato ai quattro incontri mondiali dei movimenti popolari e a loro incontri regionali e ho invitato la chiesa ad accompagnarli: «Vedere la Chiesa con le porte aperte a tutti voi, mettersi in gioco, accompagnare, e programmare in ogni diocesi, ogni Commissione di Giustizia e Pace, una reale collaborazione, permanente e impegnata con i movimenti popolari. Vi invito tutti, Vescovi, sacerdoti e laici, comprese le organizzazioni sociali nelle periferie urbane e rurali, ad approfondire tale incontro» (Discorso ai partecipanti al ii incontro mondiale dei movimenti popolari, Bolivia, 9 luglio 2015).
Il sogno della fraternità, che i migranti ci chiedono di coltivare e che ho messo al centro del mio pontificato, è il sogno di Dio e la Chiesa lo ha promosso da sempre, rilanciandolo con forza a partire dal concilio Vaticano ii e dal pontificato di san Giovanni xxiii. Vorrei concludere la prefazione a questo libro citando le parole proprio di quello che è stato il suo segretario particolare, mons. Loris Capovilla, che io ho creato cardinale nel 2014 e di cui si parla in questo libro. Quando ha compiuto 100 anni, il 14 ottobre 2015, ha scelto di festeggiarli con alcuni migranti. Abbracciando uno di loro, Issa, venuto dal Mali, musulmano, ha pronunciato queste parole: «Issa, che Dio ti benedica. [...] C’è una sola famiglia umana, io sono cittadino del mondo, come te, caro Issa. Solo che io ormai ho finito la mia corsa e tu la cominci. Dai il tuo contributo per la civiltà dell’amore, perché non ce ne è un’altra, non c’è la civiltà della tecnica, della potenza o delle armi. A me sono tanto cari i miei fratelli cristiani, lo so, ma lo sono ugualmente nella stessa misura, mi sono cari tutti gli uomini e donne di questo mondo. Sono contento di essere vissuto in questo mondo. Nel ricordo di tutta la mia vita non ho visto mai una persona antipatica, una patria che non mi piace. Tutto quello che è della creazione è dono di Dio. In ognuno di noi c’è qualcosa di buono; se ognuno di noi è buono sono contento, ma se non è buono è sempre mio fratello lo stesso, gli voglio bene. Lo tengo per mano stretto a me e camminiamo insieme verso la civiltà dell’amore. [...] In comunione con gli uomini e donne di buona volontà appartenenti a tutte le nazioni io mi frammischio come un amico e sento che davvero con l’apporto di migliaia di donne e uomini di ogni stirpe, camminiamo verso l’unità più piena della famiglia umana; un solo Padre, un solo Redentore, una sola Madre santissima, un solo Pastore universale, un solo sguardo rivolto verso i cieli eterni».
Diventare capaci di amare così è la preghiera che rivolgo a Gesù per ogni persona che abita in questo mondo.
Dal Vaticano, 3 luglio 2024