Pubblichiamo quasi integralmente la versione italiana del saluto con cui il cardinale prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale ha introdotto l’incontro.
«Apri la bocca in favore del muto — dice la Bibbia — in difesa di tutti gli sventurati. Apri la bocca e giudica con equità e rendi giustizia all’infelice e al povero» (Proverbi 31, 8-9). E Gesù afferma: «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati» (Matteo 5, 6).
Come spesso accade, il messaggio di Gesù è più radicale. La giustizia non può essere una questione intellettuale, né tanto meno giuridica. Deve essere radicata nel profondo di noi, urgente e impossibile da ignorare quanto la fame e la sete. I Movimenti popolari, che oggi celebriamo, sono tra coloro che hanno concretizzato questo messaggio.
Ascoltare chi non ha voce è certamente il primo passo da compiere, per non tapparci le orecchie come i passanti della nota parabola del Buon Samaritano, i quali distolsero lo sguardo dall’uomo che i briganti avevano picchiato e lasciato mezzo morto sul ciglio della strada. Inoltre, guardare le ingiustizie dall’alto e dall’esterno serve a poco. La vita umana e la nostra Casa comune sono sempre più insicure a causa di abusi, negligenza e violenza che entrambe subiscono sempre di più; cominceranno a diventare più sicure solo quando si inizierà a sostenere la giustizia.
L’espressione «la voce di chi è senza voce» è profondamente vera. Nella società, sono molti coloro che non hanno voce, che non vengono ascoltati, i cui punti di vista, interessi, diritti e aspirazioni non contano nulla, mentre molti meno sono quelli che decidono e traggono benefici. Chi è senza voce ha bisogno di essere ascoltato e la sua fame e la sua sete devono essere saziate. Perché ciò accada, occorre che coloro che possono parlare, che hanno voce, gridino contro l’ingiustizia. Le voci di chi è senza voce rivelano la verità al potere. Quando i poveri vengono repressi e perseguitati per essersi espressi, Dio invia voci profetiche che, con grande chiarezza e coraggio, parlano per loro. Penso a Sant’Óscar Romero, a Berta Cáceres che ha partecipato al primo Incontro mondiale dei Movimenti popolari.
Tuttavia, «la voce di chi è senza voce» non è quella vera, se implica che molte persone non hanno in realtà nulla da dire, o ancora se altrettante non possono realmente esprimere ciò che vogliono e meritano. Non è quella di coloro che si autoproclamano portavoce, i quali, spesso senza nemmeno ascoltare, affermano di conoscere e promuovere i veri interessi dei poveri. Non è vera neanche quando, a chi è senza voce, viene finalmente dato ascolto: solo per poi sentirsi dire, da chi detiene il potere, di cosa è autorizzato a parlare e quali parole deve usare.
In definitiva, il vero problema non è la mancanza di voce dei molti, ma la sordità dei privilegiati.
Per avere fame e sete di giustizia, per far sentire la nostra voce a favore chi non ha voce, Gesù ci mostra come dovremmo essere: umili, non presi dall’orgoglio, dal successo, dal denaro e dalla fama; solidali con coloro che soffrono, capaci di piangere con loro e di confortarli; miti, desiderosi di agire senza violenza o vanto ma con una profonda sete di giustizia, di lottare fermamente per il bene comune e per i diritti degli oppressi. Questo è l’insegnamento coerente di Papa Francesco, che si basa sulle Beatitudini (Matteo 5). Dobbiamo essere misericordiosi, mostrando compassione e perdono verso gli altri, evitando di puntare il dito e comprendendo le circostanze che capitano a ogni persona. Dobbiamo vivere con cuore puro, cercando il bene con sincerità e onestà. Dobbiamo essere operatori di pace, promuovendo la riconciliazione in un mondo lacerato da guerre fratricide. Dobbiamo essere disposti ad affrontare la persecuzione per amore della giustizia, rimanendo saldi nella nostra fede e nel nostro impegno per la giustizia sociale, pur tra terribili diffamazioni, disposti persino a dare la nostra stessa vita.
Come non smette di insegnarci Papa Francesco, Gesù ci chiede di soddisfare i bisogni fondamentali degli altri in vista del giudizio finale (Matteo 25): dare da mangiare agli affamati, affinché a nessuno manchi il pane quotidiano; dar da bere agli assetati, facendo sì che tutti abbiano accesso all’acqua; vestire gli ignudi, perché nessuna famiglia sia esposta alle intemperie; accogliere gli stranieri, evitando ogni forma di discriminazione nei confronti dei migranti; accompagnare i malati, assicurandosi che ricevano cure adeguate alle loro sofferenze; visitare i detenuti, buoni o cattivi che siano, affinché a nessuno sia negata la possibilità di vivere con dignità e crescere in pienezza.
di Michael Czerny