· Città del Vaticano ·

Concluso a Quito il 53° Congresso eucaristico internazionale. Il prossimo si terrà a Sydney nel 2028

La fraternità
non è un’opzione
ma un imperativo evangelico

 La fraternità non è un’opzione  ma un imperativo evangelico  QUO-209
16 settembre 2024

I tanti colori delle bandiere di tutto il mondo, punteggiati dal bianco degli ombrelli aperti per ripararsi dal sole e accompagnati dalla gioia dei circa 25.000 fedeli presenti: il Parque Bicentenario di Quito, in Ecuador, ha accolto così ieri, domenica 15 settembre, la celebrazione conclusiva del 53° Congresso eucaristico internazionale. La Statio Orbis è stata presieduta dal legato pontificio, il cardinale Baltazar Enrique Porras Cardozo, arcivescovo emerito di Caracas, accompagnato da una missione composta dagli ecclesiastici di Quito padre Wilson Posligua Bran, religioso dell’Opus Spiritus Sancti, vicario per la vita consacrata, e don Darwin Salazar Calderón, cancelliere arcidiocesano.

Nel 150° anniversario della consacrazione dell’Ecuador al Sacro Cuore di Gesù, dall’8 al 15 settembre il Congresso ha riflettuto sul tema “Fraternità per guarire il mondo”. Ed è su questo particolare aspetto che il cardinale Porras ha incentrato l’omelia: «Per i cristiani — ha detto — la fraternità non è un’opzione, ma è un imperativo evangelico, è il vincolo di unione tra gli esseri umani come espressione di un’autentica filiazione, nel rispetto della dignità della persona, dell’uguaglianza dei diritti e della solidarietà degli uni verso gli altri, di una radicale familiarità con la paternità creativa e con la maternità consolante».

Di qui, il richiamo del legato pontificio all’Eucaristia non come «semplice memoria, bensì come memoriale» della Bontà che ci attrae a sé. «L’Eucaristia — ha sottolineato ancora — toglie la fame di cose materiali e accende il desiderio di servire, ci solleva dalla nostra comoda sedentarietà e ci ricorda che non siamo solo bocche da sfamare, ma anche mani per sfamare il nostro prossimo». In quest’ottica, ha ribadito il porporato, è quanto mai «urgente che ci si occupi di coloro che hanno fame di cibo e di dignità, di coloro che non hanno lavoro e faticano a guadagnarsi da vivere», perché «la fraternità del credente che si nutre dell’Eucaristia riformula i rapporti con gli altri, la dimensione del perdono e dell’aiuto samaritano».

Il celebrante ha messo in luce come anche la cura della casa comune sia frutto della fraternità: «Dall’America Latina, un continente devastato dallo sfruttamento irrazionale della natura — ha spiegato —, la dimensione ecologica assume la “cittadinanza” di virtù da costruire, e i lavori sinodali sull’Amazzonia, con la loro tutela del creato e del contesto in cui viviamo, acquisiscono una dimensione che non possiamo ignorare».

Infine, il cardinale ha esortato i tanti fedeli presenti a ripartire da Quito con «un bagaglio ricco di testimonianze cariche di speranza e con la certezza che l’Eucaristia e la devozione al Cuore di Gesù amplieranno gli orizzonti delle nostre vite per servire meglio un mondo contraddittorio, ferito, ma redento in Cristo, con il compito di trasfigurarlo».

Prima della benedizione finale, il legato pontificio ha annunciato che il prossimo Congresso eucaristico internazionale, il 54° in ordine cronologico, si terrà a Sydney nel 2028. La notizia è stata accolta con entusiasmo dalla delegazione australiana presente a Quito, ed è stata seguita dalla proiezione di un video per spiegare come il Paese si stia preparando all’evento che giungerà a cento anni dal primo Congresso ospitato in Australia, nel 1928.

Alle migliaia di fedeli presenti è giunto anche il ringraziamento dell’arcivescovo di Quito e primate dell’Ecuador, monsignor Alfredo José Espinoza Mateus, il quale ha reso noto uno dei primi frutti del Congresso, ovvero l’avvio di mense comunitarie, denominate “Il pane della fraternità”.

La Statio Orbis di ieri è stata preceduta, sabato 14, dalla messa in piazza San Francesco, seguita dalla processione con il Santissimo Sacramento lungo le strade del centro storico della capitale dell’Ecuador. La celebrazione è stata presieduta dal presidente della Conferenza episcopale locale e arcivescovo di Guayaquil, monsignor Luis Gerardo Cabrera Herrera. Riflettendo sul passo del Vangelo di Giovanni proclamato durante la messa (3, 3-17), il presule ha approfondito il concetto dell’amore di Dio Padre per il mondo, «un amore gratuito, un amore compassionevole, un amore fedele che non esclude nessuno in ragione del suo status sociale, religioso, morale, economico». «Dio ama questo mondo — ha aggiunto — con le sue grandezze e le sue miserie, i suoi successi e i suoi errori, le sue gioie e i suoi dolori. Dio ama questa terra, spesso inquinata e sfruttata, ma anche animata da grandi iniziative di cura e di rispetto».

Riprendendo poi le parole di Papa Francesco, il presule ha ricordato che l’Eucaristia «non è il premio dei santi, bensì è il pane dei peccatori. Essa ci trasforma in una fraternità per curare le ferite del mondo personale e sociale, spesso causate da abbandono, violenza, malattia e morte». Di qui, l’invito conclusivo ai fedeli ad essere come il buon samaritano che si prende cura di chi è schiacciato da ogni tipo di sofferenza.

La processione del Santissimo Sacramento, snodatasi tra tappeti floreali allestiti per l’occasione con motivi richiamanti l’Eucaristia, ha effettuato sette soste, durante le quali si è pregato per le intenzioni del Santo Padre, per la Chiesa, per il Paese, per la città e le sue autorità, nonché per la vita religiosa, la famiglia, la pace, i bambini e i giovani, e per gli operatori pastorali.

di Isabella Piro