La “promessa”
«Noi, la generazione futura, ci impegniamo a essere un faro di unità e di speranza nella promozione della cooperazione e delle amicizie che alimentano la coesistenza armoniosa tra persone di diverse fedi». È il breve, ma significativo testo della “Promessa” letta la mattina di venerdì 13 a conclusione dell’incontro interreligioso con i giovani, ultimo appuntamento di Papa Francesco a Singapore prima della partenza per Roma. Un avvenimento che non solo ha reso concreto il clima in cui convivono etnie, culture e religioni in questa città-Stato, ma ha anche testimoniato l’impegno delle nuove generazioni del Paese asiatico a far sì che questa condizione di coesistenza armoniosa possa continuare, rafforzarsi ed estendersi.
L’incontro si è svolto presso il Catholic Junior College, fondato nel 1975 dall’arcidiocesi di Singapore, che offre agli studenti delle scuole cattoliche affiliate un corso pre-universitario di due anni che prepara all’esame Singapore-Cambridge gce Advanced Level. Al suo arrivo il Pontefice è stato accolto nel cortile antistante l’auditorium dall’entusiasmo dei giovani presenti e dalla musica di un gruppo di percussionisti nei costumi tradizionali, dal cardinale arcivescovo di Singapore, William Goh, e dal ministro della Cultura, della Comunità e della Gioventù, Edwin Tong.
Ad aprire l’incontro è stato il cardinale Goh, che nel suo intervento ha evidenziato la collaborazione tra l’arcidiocesi, il governo e i rappresentanti delle altre fedi, sottolineando come a Singapore il dialogo interreligioso sia «andato oltre la semplice tolleranza e il rispetto della fede dell’altro» perché, come amici, i fedeli partecipano alle celebrazioni gli uni degli altri e si incontrano per discutere di questioni comuni al fine di rafforzare l’unità e promuovere progetti umanitari comuni. Tuttavia, le sfide e le minacce sono tante, visto che — ha rilevato — «ci saranno sempre estremismi religiosi all’opera». Da qui il richiamo all’unità e a operare per difendere i valori comuni, a partire dal rispetto per la dignità della vita umana e dalla necessità di una «società più giusta, compassionevole e inclusiva».
Dopo una danza tradizionale indiana che ha ripreso il motto della visita, “Unity – Hope”, è intervenuto il ministro Tong rimarcando come l’armonia religiosa ponga un fondamento per una Singapore coesa, sottolineando che la Chiesa cattolica è un partner chiave nella promozione di tale armonia. E in questo, ha concluso, l’incontro odierno rappresenta un ulteriore passo avanti.
È stata poi la volta delle testimonianze di giovani di diverse religioni. Shukul Raay Kumar, induista, coordinatore capo dell’Ala giovanile dell’Organizzazione Inter-religious, ha parlato del suo impegno nel promuovere l’amicizia tra giovani di diverse fedi, sottolineando anche quanto i progressi fatti si scontrino con le notizie di violenze in nome della religione. Anche Preet Kaur Veygal, segretaria di Sik Sewarks, ha raccontato del suo impegno nel dialogo interreligioso, sottolineandone l’importanza per formare i giovani a certi valori, ma anche le limitazioni legate al dover tenere il passo con gli studi e anche alla carenza di spazi sicuri per gli incontri. Nicole Law, ex responsabile dei giovani del Consiglio cattolico arcidiocesano per il dialogo interreligioso, ha trattato il delicato tema delle nuove tecnologie, ultima delle quali l’intelligenza artificiale, rilevandone i rischi, soprattutto laddove rendono più difficile distinguere il reale da ciò che è artefatto.
Alle loro testimonianze ha fatto riferimento il Papa nel suo discorso, nel quale si è detto colpito da tre espressioni da essi usate: «“critici da salotto”, “zona di comfort” e “tecnologia” come dovere di usarla e anche rischio di usarla». Ma soprattuto ha rilanciato l’importanza del dialogo.
«Tutte le religioni sono un cammino per arrivare a Dio» ha rimarcato e ricorrendo a «un paragone» ha chiarito come esse possano essere considerate «diverse lingue, diversi idiomi, per arrivare» a Lui. «Ma Dio è Dio per tutti» ha avvertito e di conseguenza «noi siamo tutti » suoi «figli». Tanto che nessuno può dire «Ma il mio Dio è più importante del tuo» ha messo in guardia il Papa, ribadendo che «c’è un solo Dio e le nostre religioni sono lingue, cammini per arrivare» a Lui.
Dopo la lettura dell’appello per l’unità e la speranza, seguito da un momento di preghiera silenzioso, il Papa si è spostato nella Student’s Holding Area dove due giovani gli hanno presentato brevemente la “Together in Unity and Hope Exhibition”, esposizione di opere d’arte sul tema dell’incontro, e lo hanno invitato a completare un dipinto. Quindi, prima di dirigersi verso l’aeroporto, ha salutato i dieci leader religiosi presenti.
In automobile ha quindi raggiunto lo scalo internazionale Singapore Changi Airport, dove ha avuto luogo la cerimonia di congedo. Ad accogliere Francesco nella sala “Dendrobium” il ministro Tong, con il quale ha avuto un breve colloquio. Prima dell’imbarco, il Papa ha salutato il seguito locale e la delegazione singaporiana. L’aereo a -350 della Singapore Airlines è decollato alle 12.25 locali alla volta di Roma, dove l’arrivo è previsto dopo un volo di circa 12 ore e mezza.
Si è dunque concluso il viaggio dei record di Papa Francesco: dodici giorni; due continenti, Asia e Oceania; quattro Paesi, Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Leste e Singapore; quattro fusi orari; quasi 33.000 chilometri percorsi; 44 ore di volo. Un viaggio che ha toccato il cuore di centinaia di migliaia di persone, le cui immagini resteranno tra le più forti e suggestive di questo pontificato.
dal nostro inviato
Gaetano Vallini