Il colpo d’occhio sulla vasta distesa di Taci Tolu, quasi interamente occupata da gente, è impressionante. Seicentomila fedeli sono convenuti qui, subito fuori Díli, nel pomeriggio di martedì 10, da tutta Timor Leste per partecipare alla messa celebrata da Papa Francesco. Per chi è più lontano, nemmeno i maxischermi aiutano a vedere il palco. Probabilmente alcuni riescono a distinguere a occhio nudo solo le due grandi statue a lati, un Cristo sulla croce e una Madonna. Altri ancora, i più distanti, quelli che sono a ridosso della spiaggia, non vedono quasi nulla, coperti da un dosso e dagli alberi.
Ma questo sembra non importare. Così come non sembra importante il caldo umido che sopportano praticamente dalla mattina, sotto un sole che nel pomeriggio infuoca ancora di più la spianata: si sono attrezzati con ombrelli e lo spettacolo, prima dell’arrivo del Papa, è una immensa distesa bianca e gialla.
Moltissimi sono arrivati che era ancora notte: troppo importante questo appuntamento per non esserci; anche se lontani, anche se sotto il sole, anche se stanchi per un lungo viaggio e una notte forse insonne. Seicentomila persone su una popolazione di un milionetrecentoquarantamila vogliono dire una sola cosa: di fatto oggi Timor Leste è a Taci Tolu. Oggi Timor Leste è Taci Tolu.
L’attesa del Papa è fatta di canti e di preghiere, e di una infinità di bottigliette d’acqua che servono per resistere al caldo. E quando Francesco arriva sulla spianata, presente anche il presidente Ramos-Horta, la moltitudine si scioglie in un boato di esultanza. Prima dell’inizio della celebrazione il Papa si ferma ai piedi del palco per ricevere l’omaggio di una danza locale, e qui saluta alcuni malati portati dal Primo ministro Xanana Gusmão.
Arrivato sul palco, Francesco indossa i paramenti, mentre la processione d’ingresso è accompagnata da un canto di una corale e un’orchestra di 1.200 persone delle tre diocesi di Timor Leste. La messa è quella votiva della Beata Vergine Maria e con il Pontefice concelebrano il cardinale Virgilio Carmo da Silva e il presidente della Conferenza episcopale, i presuli, i sacerdoti del Paese e gli ecclesiastici del seguito papale.
Il rito, diretto dal maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie, arcivescovo Diego Ravelli, è in lingua portoghese, le letture in tetum, una delle due lingue ufficiali di Timor Est, e le preghiere dei fedeli in mambae, makase, bunak, baiqueno, galole, fatalaku.
Nell’omelia il Papa evidenzia come a Timor Leste ci siano tanti bambini: «siete un Paese giovane» dice, sottolineando che questo è «un dono grande», perché tanta gioventù «rinnova costantemente la freschezza, l’energia e l’entusiasmo del vostro popolo».
Un concetto, questo, che riprende anche alla fine della messa, aggiungendo un invito a stare attenti a non cedere alle colonizzazioni ideologiche e ad essere fedeli alla propria cultura, rilanciando così il motto della visita: «La vostra fede sia la vostra cultura».
Prima della benedizione finale il cardinale Carmo da Silva ringrazia il Pontefice per la sua presenza, che ha davvero un significato particolare, e non solo perché Timor Leste è «un piccolo Paese, un’isola lontana», ma con il 98 per cento della popolazione cattolica. «Oggi — sottolinea infatti il porporato — questo luogo di Taci Tolu è di nuovo epicentro di un evento storico per il popolo timorese. Dopo la visita del Papa san Giovanni Paolo ii nel 1989, con la quale si è segnato il passo decisivo per il nostro processo di autodeterminazione, oggi la presenza di Papa Francesco contrassegna un passo fondamentale nel processo di costruzione del Paese della sua identità e cultura».
Un processo che è passato anche attraverso un percorso di riconciliazione. Le ferite dell’occupazione indonesiana e di 24 anni di guerra per la libertà, chiusasi con la dichiarazione di indipendenza il 20 maggio 2002, sono state quasi del tutto sanate. Ma negli anni seguiti all’indipendenza, tra violenze e tensioni, 250.000 sfollati da Timor Leste si rifugiarono a Kupang e ad Atambua, dall’altra parte del confine, in territorio indonesiano. La stragrande maggioranza in seguito tornarono alle loro case, ma in quel particolare momento storico la comunità cattolica di Kupang dimostrò vicinanza concreta e accoglienza, fornendo assistenza agli sfollati.
Oggi la loro partecipazione alla messa è il segno concreto dei risultati ottenuti da questo percorso di riavvicinamento e riconciliazione tra famiglie segnate da dolore, separazioni e lutti. Numerosi sono infatti i fedeli giunti da Kupang e da Atambula per incontrare il Papa qui. Del resto per loro è stato più facile raggiungere questo luogo, viaggiando 10 ore in autobus, anziché recarsi nella lontana Jakarta, con un viaggio peraltro più costoso. E per farlo hanno ottenuto dal governo indonesiano alcune facilitazioni. Ma non sono i soli indonesiani presenti oggi alla messa, altri sono giunti dalle vicine isole di Roote, Alor e Subu. Così come è stata comunicata la presenza di fedeli giunti anche dall’Australia.
La celebrazione finisce mentre sulla spianata di Taci Tolu il sole sta tramontando. E Francesco vuole salutare, farsi vedere da quante più persone possibile. Per questo sale sulla papamobile e compie un interminabile giro lungo tutti i settori, anche i più lontani. I seicentomila sono qui per lui. E lui non li delude. E quando il giro finisce, dopo circa mezz’ora, è già buio.
dal nostro inviato
Gaetano Vallini