Per recuperare
Ha come tema centrale quello della fratellanza il 53° Congresso Eucaristico Internazionale, apertosi ieri, domenica 8 settembre a Quito, capitale dell’Ecuador, nel 150° anniversario della consacrazione del Paese al Sacro Cuore di Gesù. Lo ha ricordato Papa Francesco in videomessaggio in spagnolo — ne pubblichiamo il testo in una nostra traduzione italiana — inviato ai partecipanti alle celebrazioni per le quali ha nominato Legato pontificio il cardinale venezuelano Porras Cardozo, arcivescovo emerito di Caracas, e che si concluderanno domenica prossima, 15 settembre con la “Statio Orbis”.
Cari fratelli e sorelle,
Sono lieto di poter partecipare, anche se a distanza, a questo Congresso Eucaristico Internazionale che si celebra nella città di San Francisco de Quito, con il bel motto: “Fratellanza per guarire il mondo”.
Le lezioni che possiamo recepire dalla Santissima Eucaristia ci sorprendono sempre. Potremmo dire con il salmo, «le ritengo terminate, e ancora mi resti Tu, Signore», che sei silenziosamente presente nel Tabernacolo (cfr. Salmo 139, 18). Tra questi insegnamenti voi avete voluto scegliere quello della fratellanza, come condizione essenziale per un mondo nuovo, un mondo più giusto, un mondo più umano.
Già i primi Padri della Chiesa ci dicevano che il segno del pane accende nel Popolo di Dio il desidero di fratellanza, poiché, proprio come non si può impastare il pane con un solo chicco, così anche noi dobbiamo camminare insieme, perché «pur essendo molti, siamo un unico corpo, un unico pane» (cfr. Sant’Agostino Sermone 227). È così che cresciamo come fratelli, è così che cresciamo come Chiesa, uniti dall’acqua del battesimo e purificati dal fuoco dello Spirito Santo (cfr. Ibidem). Una fratellanza profonda, che nasce dall’unione con Dio, che nasce dal lasciarci macinare, come il grano, per poter diventare pane, corpo di Cristo, partecipando in tal modo pienamente all’Eucarestia e all’assemblea dei santi (cfr. Sant’Ignazio di Antiochia, Lett. ai Romani, 4,1).
Questa fratellanza dev’essere inoltre proattiva. Un esempio di ciò, che mi viene in mente ora, è il pensiero di una religiosa tedesca morta nel campo di concentramento di Auschwitz, Angela Autsh. Ancor prima di essere arrestata, quando il male che incombeva sul mondo era già evidente, invitava i nipotini, che si avvicinavano per la prima volta alla Santa Comunione, invitava i suoi parenti che si erano un po’ allontanati, e invitava anche quelli che erano restati devoti, a ribellarsi contro quel male con gesti semplici e, in certi ambiti, pericolosi, ad avvicinarsi il più possibile al Sacramento dell’altare, a ribellarsi comunicandosi.
Per lei esortare alla comunione frequente, soprattutto nell’ambito della preghiera per il Papa e la Chiesa, che in quel momento era perseguitata, era trovare nell’Eucaristia un vincolo che rafforza il vigore della Chiesa stessa, un vincolo che rafforza questo vigore tra i suoi membri e con Dio, e per lei era “organizzare” la trama di una resistenza che il nemico non può sbaragliare, perché non risponde a un disegno umano. Sono questi gesti semplici a renderci più consapevoli del fatto che, se un membro soffre, tutto il corpo soffre con lui, sono loro ad aiutarci a diventare cirenei di Cristo, che prese su di sé il peso del dolore del mondo per per guarire il mondo.
Sorelle, fratelli, impariamo questa lezione, recuperiamo questa fratellanza radicale con Dio e tra gli uomini. Siamo uno, nell’unico Signore della nostra vita; siamo uno in un modo che non siamo in grado di capire pienamente, ma ciò che sì capiamo è che soltanto in quell’unità possiamo servire il mondo e guarirlo.
Che Gesù vi benedica e la Vergine santa di El Quinche vi ricopra con il suo mantello. Grazie.