· Città del Vaticano ·

Dove gli indigeni vivono con quanto offrono la foresta e il mare

Esperti di bellezza

A banner welcoming Pope Francis is displayed near the airport in Vanimo, Papua New Guinea, September ...
09 settembre 2024

«Voi qui siete “esperti” di bellezza, perché ne siete circondati! Vivete in una terra magnifica, ricca di una grande varietà di piante e di uccelli, in cui si resta a bocca aperta davanti a colori, suoni e profumi, e allo spettacolo grandioso di una natura che esplode di vita, evocando l’immagine dell’Eden!». Ed è davvero una meraviglia la terra di Vanimo, lo ha riconosciuto, pieno di sincera ammirazione, anche Papa Francesco che qui è giunto nel pomeriggio di domenica 8 settembre.

E vista dall’alto Vanimo è ancora più bella, con quel piccolo lembo di verde, appendice della rigogliosa e sterminata foresta tropicale intorno, che si protende sull’azzurro del mare a formare due baie. Una regione di spiagge assolate e di una vegetazione millenaria che hanno custodito la vita e la cultura di molte tribù indigene, come gli Aitape e i Mamberamo.

Qui la Chiesa cattolica ha messo radici nel xix secolo con l’arrivo dei primi missionari, i quali avviarono un’opera di evangelizzazione che nel tempo ha portato numerosi frutti. Un’opera tuttavia non semplice per le distanze e la scarsità di vie di comunicazione. Il primo aereo con a bordo missionari decollò nel 1965 e fu di fondamentale importanza per raggiungere le comunità più remote. E ancora oggi, mancando strade, ponti e mezzi di trasporto adeguati, non è semplice spostarsi verso le località più remote, dove le povere popolazioni vivono con quello che offrono loro la foresta e il mare.

Ma domenica a Vanimo è stata una giornata di grande festa. Una giornata storica e probabilmente irripetibile. Mai avrebbero neppure immaginato che il Papa da Roma sarebbe un giorno venuto qui, in questa piccola città, undicimila abitanti appena, nella povera provincia di Sandan, sulla costa nord-occidentale, la più isolata della Papua Nuova Guinea, non lontana dal confine con l’Indonesia. Ma l’impensabile è accaduto. Il Pontefice è arrivato. E nella spianata a incontrarlo c’erano 20.000 persone, per la maggior parte venute dai villaggi della foresta, a piedi, dopo diversi giorni di cammino. Molti sono arrivati da quelli costieri, via mare, trascorrendovi anche due giorni interi e fermandosi solo di notte. E tra i fedeli c’erano anche alcuni indonesiani, che hanno attraversato il confine pur di vedere il Papa. Tra loro il vescovo di Aitape, monsignor Siby Mathew Peedikayil.

Francesco è giunto a Vanimo da Port Moresby alle 14.20, dopo due ore di volo, a bordo di un C-130 dell’Aeronautica militare australiana, accolto dal vescovo, monsignor Francis Meli, e da autorità locali. In auto ha poi raggiunto la vicina spianata antistante la cattedrale della Santa Croce, dove a dargli il benvenuto c’era padre Martin Prado, il giovane missionario argentino dell’Istituto del Verbo incarnato che è stato in qualche modo l’artefice della visita.

La festa in realtà era iniziata molte ore prima, animata da canti e danze, ma all’arrivo del Papa sul palco l’entusiasmo è stato irrefrenabile, al pari della commozione di quasi tutti i presenti per l’incontro unico al quale erano stati chiamati a partecipare.

Salutando Francesco il vescovo ha ringraziato per la sua presenza e per la sua missione e ha assicurato che la beatificazione di To Rot il 17 gennaio 1995 da parte di Giovanni Paolo ii ha rinnovato lo zelo apostolico nella regione. Quindi ha tracciato una breve storia della presenza missionaria a Vanimo, non dimenticando di menzionare quanti oggi sono impegnati, non senza difficoltà, nell’opera di evangelizzazione.

E sono stati alcuni di loro a raccontare al Papa fatiche e soddisfazioni di questo lavoro. Il primo è stato Steven Abala, della parrocchia di Sant’Agostino a Maka, che, parlando a nome dei catechisti anziani della diocesi, ha sottolineato le difficoltà di chi deve trasferirsi insieme alle famiglie in zone lontane e povere per svolgere la missione. Della sua esperienza di ospite dall’età di due anni nella Casa delle ragazze di Lujan, ha invece parlato Maria Joseph, che oggi di anni ne ha 12 e frequenta la Holy Trinity Humanistic Junior High School; una testimonianza colma di gratitudine per le cure ricevute e per la possibilità di poter avere un’istruzione ed esprimere la propria creatività.

Dopo una danza di alcuni membri della tribù Maka, che hanno portato in dono al Papa alcuni oggetti tradizionali, suor Jaisha Joseph, a nome delle sei congregazioni religiose della diocesi, ha parlato dell’opera svolta nel campo dell’educazione e della sanità, nelle carceri e nella pastorale. Infine, David e Maria Kulo, sul palco con i loro due figli piccoli, hanno invece testimoniato cosa vuol dire vivere il sacramento del matrimonio.

A loro ha fatto riferimento Papa Francesco nel suo discorso, nel quale, sottolineando la bellezza di questa terra, ne ha anche riconosciuto i problemi, che incidono nell’opera di evangelizzazione di missionari e catechisti. Ma ha anche indicato a tutti i presenti un modo per aiutarli.

L’incontro si è concluso con una preghiera di consacrazione a Maria recitata dal Vescovo e, prima della benedizione, con un gesto forte, un omaggio che i Papi riservano ai grandi santuari mariani: Francesco ha deposto una rosa d’oro ai piedi di una piccola statua della Madonna di Luján, custodita dai missionari argentini che operano in questa diocesi.

Un segno di particolare attenzione e vicinanza da parte di Francesco, che in questa sua tappa a Vanimo, ha portato in dono una tonnellata in medicinali, vestiti, giocattoli e altro materiale per una diocesi con scarsi mezzi, dove molte parrocchie, tra l’altro, non dispongono ancora di energia elettrica, di copertura internet e di infrastrutture, nonostante la maggior parte di esse, come alcuni centri missionari, abbiano scuole e ambulatori.

Nel carico anche alcuni strumenti musicali per l’orchestra di giovanissimi della Holy Trinity Humanistic School di Baro, seconda tappa della visita a Vanimo, che Francesco ha raggiunto percorrendo 12 chilometri di una strada che divide il mare dalla foresta e che gli abitanti avevano interamente addobbato con aste con bandierine, fiori e foglie di palma. Alla scuola ha lasciato in dono anche una statua di san Giuseppe del quale, come è noto, è molto devoto.

dal nostro inviato
Gaetano Vallini