· Città del Vaticano ·

Il 45° viaggio di Papa Francesco - Papua Nuova Guinea
La messa domenicale nel Sir John Guise Stadium

Apertura alla gioia
del Vangelo all’incontro
con Dio
all’amore dei fratelli

 Apertura alla gioia  del Vangelo  all’incontro con Dio  all’amore dei fratelli  QUO-203
09 settembre 2024

Il Pontefice incoraggia il popolo papuano rilanciando la testimonianza del beato Giovanni Mazzucconi


Oltre trentacinquemila fedeli papuani hanno partecipato alla messa celebrata da Papa Francesco nel «Sir John Guise Stadium» di Port Moresby la mattina dell’8 settembre — in Italia era da poco passata la mezzanotte — xxiii domenica del Tempo ordinario. Pubblichiamo il testo dell’omelia pronunciata dal Pontefice dopo la proclamazione del Vangelo.

La prima parola che oggi il Signore ci rivolge è: «Coraggio, non temete!» (Is 35, 4). Il profeta Isaia lo dice a tutti coloro che sono smarriti di cuore. Egli in questo modo incoraggia il suo popolo e, pur in mezzo alle difficoltà e alle sofferenze, lo invita a levare lo sguardo in alto, verso un orizzonte di speranza e di futuro: Dio viene a salvarci, Egli verrà e, in quel giorno, «si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi» (Is 35, 5).

Questa profezia si realizza in Gesù. Nel racconto di San Marco vengono messe in evidenza soprattutto due cose: la lontananza del sordomuto e la vicinanza di Gesù.

La lontananza del sordomuto. Quest’uomo si trova in una zona geografica che, con il linguaggio di oggi, chiameremmo “periferia”. Il territorio della Decapoli si trova oltre il Giordano, lontano dal centro religioso che è Gerusalemme. Ma quell’uomo sordomuto vive anche un altro tipo di lontananza; egli è lontano da Dio, è lontano dagli uomini perché non ha la possibilità di comunicare: è sordo e quindi non può ascoltare gli altri, è muto e quindi non può parlare con gli altri. Quest’uomo è tagliato fuori dal mondo, è isolato, è prigioniero della sua sordità e del suo mutismo e, perciò, non può aprirsi agli altri per comunicare.

E allora possiamo leggere questa condizione di sordomuto anche in un altro senso, perché può accaderci di essere tagliati fuori dalla comunione e dell’amicizia con Dio e con i fratelli quando, più che le orecchie e la lingua, ad essere bloccato è il cuore. Ci sono una sordità interiore e un mutismo del cuore che dipendono da tutto ciò che ci chiude in noi stessi, ci chiude a Dio, ci chiude agli altri: l’egoismo, l’indifferenza, la paura di rischiare e di metterci in gioco, il risentimento, l’odio, e l’elenco potrebbe continuare. Tutto ciò ci allontana da Dio, ci allontana dai fratelli, e anche da noi stessi; e ci allontana dalla gioia di vivere.

A questa lontananza, fratelli e sorelle, Dio risponde con il contrario, con la vicinanza di Gesù. Nel suo Figlio, Dio vuole mostrare anzitutto questo: che Egli è il Dio vicino, il Dio compassionevole, che si prende cura della nostra vita, che supera tutte le distanze. E nel brano del Vangelo, infatti, vediamo Gesù che si reca in quei territori periferici, uscendo dalla Giudea per andare incontro ai pagani (cfr. Mc 7, 31).

Con la sua vicinanza, Gesù guarisce, guarisce il mutismo e la sordità dell’uomo: quando infatti ci sentiamo lontani, oppure scegliamo di tenerci a distanza — a distanza da Dio, a distanza dai fratelli, a distanza da chi è diverso da noi — allora ci chiudiamo, ci barrichiamo in noi stessi e finiamo per ruotare solo intorno al nostro io, sordi alla Parola di Dio e al grido del prossimo e perciò incapaci di parlare con Dio e col prossimo.

E voi, fratelli e sorelle, che abitate questa terra così lontana, forse avete l’immaginazione di essere separati, separati dal Signore, separati dagli uomini, e questo non va, no: voi siete uniti, uniti nello Spirito Santo, uniti nel Signore! E il Signore dice ad ognuno di voi: “Apriti!”. Questa è la cosa più importante: aprirci a Dio, aprirci ai fratelli, aprirci al Vangelo e farlo diventare la bussola della nostra vita.

Anche a voi oggi il Signore dice: “Coraggio, non temere, popolo papuano! Apriti! Apriti alla gioia del Vangelo, apriti all’incontro con Dio, apriti all’amore dei fratelli”. Che nessuno di noi rimanga sordo e muto dinanzi a questo invito. E in questo cammino vi accompagni il Beato Giovanni Mazzucconi: tra tanti disagi e ostilità, egli ha portato Cristo in mezzo a voi, perché nessuno restasse sordo dinanzi al gioioso Messaggio della salvezza, e a tutti si potesse sciogliere la lingua per cantare l’amore di Dio. Che sia così, oggi, anche per voi!


Il saluto del cardinale Ribat

142 anni di storia missionaria


Un lungo cammino, iniziato nel 1882 con l’arrivo dei primi missionari della Congregazione del Sacro Cuore di Gesù, e che prosegue ancora oggi, dopo 142 anni: è quello della Chiesa in Papua Nuova Guinea. A ricordarlo, l’arcivescovo di Port Moresby, cardinale John Ribat, nel saluto rivolto a Papa Francesco al termine della messa. 

Un cammino avvenuto «non senza difficoltà — ha detto —. Ci sono stati momenti molto difficili e duri, con violenze, omicidi, distruzione di proprietà e disastri naturali che hanno causato la perdita di vite umane». Di qui, l’invito del porporato a pregare «sempre per la pace, il progresso, la guarigione e le benedizioni». 

L’arcivescovo ha quindi espresso gratitudine al Santo Padre per la sua visita nel Paese, un visita definita «meravigliosa e arricchente», in grado di «approfondire la nostra fede» e di portare «benedizioni, pace e incoraggiamento».