Il 45° viaggio apostolico di Papa Francesco - Papua Nuova Guinea
Cessino le violenze tribali che ostacolano
Le donne sono al primo posto nel far crescere un Paese
Nella mattina di oggi, sabato 7 settembre, quando qui in Italia era ancora notte fonda, Papa Francesco ha pronunciato il primo discorso nella Papua Nuova Guinea. Lo ha fatto dopo la visita di cortesia al governatore generale presso la Government House di Port Moresby, durante l’incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico, svoltosi nell’Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation) Haus, il principale centro conferenze della capitale. Pubblichiamo il testo dell’intervento del Pontefice dopo il saluto rivoltogli dal governatore generale della Papua Nuova Guinea.
Signor Governatore Generale,
Signor Primo Ministro,
distinti Rappresentanti della società civile,
Signori Ambasciatori,
Signore e signori!
Sono lieto di essere oggi qui con voi e di poter visitare la Papua Nuova Guinea. Ringrazio il Governatore Generale per le sue cordiali parole di benvenuto e ringrazio tutti voi per la calorosa accoglienza. Rivolgo il mio saluto all’intero popolo del Paese, augurandogli pace e prosperità. E fin d’ora esprimo la mia gratitudine alle Autorità per l’aiuto che offrono a molte attività della Chiesa nello spirito di mutua collaborazione per il bene comune.
Nella vostra Patria, un arcipelago con centinaia di isole, si parlano più di ottocento lingue, in corrispondenza ad altrettanti gruppi etnici: questo evidenzia una straordinaria ricchezza culturale e umana; e vi confesso che si tratta di un aspetto che mi affascina molto, anche sul piano spirituale, perché immagino che questa enorme varietà sia una sfida per lo Spirito Santo, che crea l’armonia delle differenze!
Il vostro Paese, poi, oltre che di isole e di idiomi, è ricco anche di risorse della terra e delle acque. Questi beni sono destinati da Dio all’intera collettività e, anche se per il loro sfruttamento è necessario coinvolgere più vaste competenze e grandi imprese internazionali, è giusto che nella distribuzione dei proventi e nell’impiego della mano d’opera si tengano nel dovuto conto le esigenze delle popolazioni locali, in modo da produrre un effettivo miglioramento delle loro condizioni di vita.
Questa ricchezza ambientale e culturale rappresenta al tempo stesso una grande responsabilità, perché impegna tutti, i governanti insieme ai cittadini, a favorire ogni iniziativa necessaria a valorizzare le risorse naturali e umane, in modo tale da dar vita a uno sviluppo sostenibile ed equo, che promuova il benessere di tutti, nessuno escluso, attraverso programmi concretamente eseguibili e mediante la cooperazione internazionale, nel mutuo rispetto e con accordi vantaggiosi per tutti i contraenti.
Condizione necessaria per ottenere tali risultati duraturi è la stabilità delle istituzioni, la quale è favorita dalla concordia su alcuni punti essenziali tra le differenti concezioni e sensibilità presenti nella società. Accrescere la solidità istituzionale e costruire il consenso sulle scelte fondamentali rappresenta infatti un requisito indispensabile per uno sviluppo integrale e solidale. Esso richiede inoltre una visione di lungo periodo e un clima di collaborazione tra tutti, pur nella distinzione dei ruoli e nella differenza delle opinioni.
Auspico, in particolare, che cessino le violenze tribali, che causano purtroppo molte vittime, non permettono di vivere in pace e ostacolano lo sviluppo. Faccio pertanto appello al senso di responsabilità di tutti, affinché si interrompa la spirale di violenza e si imbocchi invece risolutamente la via che conduce a una fruttuosa collaborazione, a vantaggio dell’intero popolo del Paese.
Nel clima generato da questi atteggiamenti, potrà trovare un assetto definitivo anche la questione dello status dell’isola di Bougainville, evitando il riaccendersi di antiche tensioni.
Consolidando la concordia sui fondamenti della società civile, e con la disponibilità di ciascuno a sacrificare qualcosa delle proprie posizioni a vantaggio del bene di tutti, si potranno mettere in moto le forze necessarie a migliorare le infrastrutture, ad affrontare i bisogni sanitari ed educativi della popolazione e ad accrescere le opportunità di lavoro dignitoso.
Tuttavia, anche se a volte ce ne dimentichiamo, l’essere umano ha bisogno, oltre che del necessario per vivere, di una grande speranza nel cuore, che lo faccia vivere bene, gli dia il gusto e il coraggio di intraprendere progetti di ampio respiro e gli consenta di elevare lo sguardo verso l’alto e verso vasti orizzonti.
L’abbondanza dei beni materiali, senza questo respiro dell’anima, non basta a dar vita a una società vitale e serena, laboriosa e gioiosa, anzi, la fa ripiegare su sé stessa. L’aridità del cuore le fa perdere l’orientamento e dimenticare la giusta scala dei valori; le toglie slancio e la blocca fino al punto — come accade in alcune società opulente — che essa smarrisce la speranza nell’avvenire e non trova più ragioni per trasmettere la vita.
Per questo è necessario orientare lo spirito verso realtà più grandi; occorre che i comportamenti siano sostenuti da una forza interiore, che li metta al riparo dal rischio di corrompersi e di perdere lungo la strada la capacità di riconoscere il significato del proprio operare e di eseguirlo con dedizione e costanza.
I valori dello spirito influenzano in notevole misura la costruzione della città terrena e di tutte le realtà temporali, infondono un’anima — per così dire —, ispirano e irrobustiscono ogni progetto. Lo ricordano anche il logo e il motto di questa mia visita in Papua Nuova Guinea. Il motto dice tutto con una sola parola: “Pray” — “Pregare”. Forse qualcuno, troppo osservante del “politicamente corretto”, potrà stupirsi di questa scelta; ma in realtà si sbaglia, perché un popolo che prega ha un futuro, attingendo forza e speranza dall’alto. E anche l’emblema dell’uccello del paradiso, nel logo del viaggio, è simbolo di libertà: di quella libertà che niente e nessuno può soffocare perché è interiore, ed è custodita da Dio che è amore e vuole che i suoi figli siano liberi.
Per tutti coloro che si professano cristiani — la grande maggioranza del vostro popolo — auspico vivamente che la fede non si riduca mai all’osservanza di riti e di precetti, ma che consista nell’amore, nell’amare Gesù Cristo e seguirlo, e che possa farsi cultura vissuta, ispirando le menti e le azioni e diventando un faro di luce che illumina la rotta. In questo modo, la fede potrà aiutare anche la società nel suo insieme a crescere e a individuare buone ed efficaci soluzioni alle sue grandi sfide.
Illustri Signore e Signori, sono venuto qui per incoraggiare i fedeli cattolici a proseguire il loro cammino e per confermarli nella professione della fede; sono venuto a gioire con loro per i progressi che vanno facendo e a condividere le loro difficoltà; sono qui, come direbbe San Paolo, quale «collaboratore della vostra gioia» (2 Cor 1, 24).
Mi congratulo con le comunità cristiane per le opere di carità che svolgono nel Paese, e le esorto a cercare sempre la collaborazione con le istituzioni pubbliche e con tutte le persone di buona volontà, a partire dai fratelli appartenenti ad altre confessioni cristiane e ad altre religioni, a favore del bene comune di tutti i cittadini della Papua Nuova Guinea.
La fulgida testimonianza del Beato Pietro To Rot — come affermò San Giovanni Paolo ii durante la Messa per la Beatificazione — “insegna a mettersi generosamente al servizio degli altri per garantire che la società si sviluppi in onestà e giustizia, in armonia e solidarietà” (cfr. Omelia, Port Moresby, 17 gennaio 1995). Il suo esempio, insieme a quelli del Beato Giovanni Mazzucconi, del pime , e di tutti i missionari che hanno annunciato il Vangelo in questa vostra terra, vi doni forza e speranza.
San Michele Arcangelo, Patrono della Papua Nuova Guinea, vegli sempre su di voi e vi difenda da ogni pericolo, protegga le Autorità e tutte le genti di questo Paese.
Eccellenza, Lei ha parlato delle donne. Non dimentichiamo che sono loro a portare avanti un Paese. Le donne hanno la forza di dare vita, di costruire, di far crescere un Paese. Non dimentichiamo le donne, che sono al primo posto dello sviluppo umano e spirituale.
Eccellenza, Signore e Signori!
Inizio con gioia la mia visita in mezzo a voi. Vi ringrazio di avermi aperto le porte del vostro bel Paese, così lontano da Roma eppure così vicino al cuore della Chiesa cattolica. Perché nel cuore della Chiesa c’è l’amore di Gesù Cristo, che sulla croce ha abbracciato tutti gli uomini. Il suo Vangelo è per tutti i popoli, non è legato a nessun potere terreno, ma è libero per fecondare ogni cultura e far crescere nel mondo il Regno di Dio. Il Vangelo si incultura e le culture vanno evangelizzate. Possa questo Regno di Dio trovare piena accoglienza in questa terra, così che tutte le popolazioni della Papua Nuova Guinea, con la varietà delle loro tradizioni, vivano insieme in armonia e diano al mondo un segno di fraternità. Grazie tante.