Hic sunt leones
Non è una favola, ma una vicenda documentata da diverse fonti storiche prima di rivestirsi di caratteristiche leggendarie: cinque secoli fa un africano sbarcò in Giappone e diventò un samurai. Si chiamava Yasuke. Il gesuita François Solier nella sua Histoire Ecclesiastique des Isles et Royaumes du Japon (Volume 1°), redatta nel 1627, scrive che Yasuke era originario dell’ Ilha de Mozambico, un’isola situata a circa due miglia dalla terra ferma, nel nord del Mozambico. Probabilmente era nato tra il 1530 e il 1540 e apparteneva all’etnia Yao che proprio in quegli anni aveva avuto i primi contatti con i colonizzatori portoghesi. Si potrebbe così spiegare l’origine del suo nome: “Yao” che aggiunto al suffisso del nome maschile giapponese produce Yao-suke. Alcuni storici comunque non escludono le possibilità che Yasuke fosse etiope, angolano o addirittura congolese. Sta di fatto che Yasuke giunse in Giappone al seguito di un gesuita, originario di Chieti, padre Alessandro Valignano, probabilmente in qualità d’inserviente.
Non sappiamo dove i due si conobbero — se in Mozambico o più probabilmente a Goa — ma è certo che salparono dalla città indiana a bordo dello stesso bastimento il 20 settembre 1577 per un viaggio di quasi due anni con soste a Malacca o Macao prima di giungere, il 25 luglio 1579, in Giappone. L’approdo avvenne nella località di Arima, situata sulla penisola di Shimabara, a meridione dell’isola di Kyushu, a est di Nagasaki. Qui sorgeva la missione della Compagnia di Gesù che era impegnata con grande zelo nell’evangelizzazione. Si è stimato che il numero di convertiti nel 1579 fosse di 130.000, mentre alla fine del XVI secolo risultavano essere 300.000. È bene rammentare che proprio quella regione fu poi teatro di uno dei più sanguinosi massacri di cristiani concluso nel 1650; successivamente il Giappone si chiuse ai contatti con il resto del mondo per quasi due secoli.
Una volta sbarcato, Yasuke divenne una sorta di attrazione da circo. Lo si evince dal racconto del gesuita padre Organtino Gnecchi-Soldo, che accompagnava padre Valignano. Egli racconta che, pur essendo la prima volta che i giapponesi vedevano un uomo di colore, la loro reazione, come scrisse, fu positiva: «... A loro piace vedere i neri». È comunque importante rilevare che non era la prima volta che i giapponesi potevano vedere con i loro occhi un abitante dell’Africa subsahariana. Già nel 1556 il capitano portoghese Jorge Alvares aveva portato dei giovani schiavi, con tratti somatici afro, nel loro Paese.
Nel 1581 padre Valignano, stando al racconto di Solier, decise di recarsi nella città di Kyoto, accompagnato dal suo fedele servitore africano, per incontrare Oda Nobunaga, il potente daimyō, magnate e signore feudale di quelle terre. Secondo le cronache del tempo, una volta che i due giunsero al cospetto di Nobunaga, questi rimase impressionato per le fattezze di Yasuke. Innanzitutto, per il colore della sua pelle. Infatti, lo fece spogliare e lavare per essere certo che la sua pelle fosse effettivamente nera e non solo ricoperta di inchiostro. Poi fu colpito dalla sua possenza. Così Matsudaira Ietada, samurai al servizio del feudatario, noto per i suoi diari “Ietada nikki” che scrisse tra il 1575 e il 1594, descrive l’incontro con Yasuke: «La sua altezza era di un metro e 88 centimetri. Era nero e la sua pelle era come il carbone». Il daimyō era un uomo singolare che non rispettava nei cerimoniali il protocollo previsto per un signore del suo rango. Amava dilettarsi nella lettura e nella recita di poesie e sebbene fosse nato in un Paese estremamente conservatore si dimostrò aperto nei confronti dei cristiani, senza però mai convertirsi. Collezionava oggetti ricevuti dall’Occidente e fu il primo giapponese a indossare abiti europei.
Nabunaga accolse senza pregiudizi il giovane africano e nelle sue memorie raccontò anch’egli quell’incontro: «Il 23 del secondo mese, un servo nero venne da Paesi cristiani. Sembrava avere 26 o 27 anni, tutto il suo corpo era nero come un bue. Era imponente e aveva una bella presenza. Inoltre, la sua forza era superiore a quella di dieci uomini messi insieme».
Quando padre Valignano lasciò il Giappone per continuare la sua missione, Nobunaga gli chiese di tenere con sé Yasuke. Lo prese al suo servizio e lo elevò al rango di samurai con il diritto a portare il daishō (le due spade), facendone una delle proprie guardie del corpo. Pare ormai certo che Yasuke fu il primo uomo di origine non asiatica a divenire samurai, precedendo gli europei William Adams ed Eugène Collache.
Il 21 giugno 1582, dopo aver conquistato i due terzi del Giappone con l’intento di unificare il suo Paese, Nobunaga fu costretto ad eseguire l’antico rituale suicida del seppuku a causa del tradimento del suo generale Akechi Mitsuhide. Anziché arrendersi sul campo di battaglia, preferì togliersi la vita nel tempio buddista di Honnō-ji a Kyoto. Yosuke dimostrò grande lealtà nei confronti del suo benefattore, combattendo fino alla fine a fianco del figlio del suo signore, ma ferito sul campo di battaglia, venne imprigionato nel castello del daimyō Akechi. Questi lo trattò con disprezzo, definendo quell’uomo dalle fattezze afro una «bestia ignorante» indegna persino di un’esecuzione capitale. Dopo più di un anno accolse la richiesta formulata, il 5 novembre 1583, dal gesuita padre Luis Frois che implorò il rilascio del “samurai nero”. Cosa che avvenne 13 giorni prima che Akechi fosse raggiunto e ucciso dalle truppe di Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu, alleati di Nobunaga, i quali così vendicarono il suo sangue innocente. Purtroppo, da allora si sono perse le tracce di Yasuke. Dunque, non sappiamo se dopo la liberazione tornò in Africa o decise invece di rimanere in Giappone.
Ciò che è certo che egli è stato menzionato negli Shinchō kōki (Lord Nobunaga Chronicle), una raccolta di 16 volumi sulla vita di Oda Nobunaga, scritta da uno dei suoi uomini, un certo Ōta Gyūichi. Inoltre, appare nei racconti dello Shinchō-kōki, presenti negli archivi del clan Maeda. La sua presenza in Giappone è inoltre segnalata nelle lettere del 1581 dei gesuiti Luis Frois e Lorenço Mexia. Il nome di Yasuke compare anche nel Rapporto annuale del 1582 della missione della Compagnia di Gesù in Giappone.
Pur non disponendo di un ritratto del samurai nero disegnato da un suo contemporaneo, la storia di Yasuke è ben nota in Giappone oggi ed è diventata fonte d’ispirazione per diversi “manga” (fumetti) che lo vedono come protagonista. Tra questi anche una serie animata su Netflix e vari videogiochi. Inoltre, sono state prodotte varie serie televisive giapponesi del genere filodrammatico denominato “jidaigeki”. L’interesse per Yasuke sembra destinato a crescere non solo in Giappone ma anche in Africa. Una mostra dedicata a Yasuke è stata aperta nel 2018 a Yaoundé, in Camerun. Un grande richiamo per affermare il riscatto di un eroe africano nel lontano Oriente.
di Giulio Albanese