La memoria genera futuro. La sinodalità come stile di Chiesa è il titolo del volume, pubblicato oggi dalla Libreria editrice vaticana (Città del Vaticano, 2024, pagine 112, euro 13) che raccoglie le meditazioni tenute dalla monaca benedettina Maria Ignazia Angelini in occasione della prima sessione dell’Assemblea sinodale celebrata nell’ottobre 2023. Ne pubblichiamo la prefazione scritta dal cardinale segretario generale della Segreteria generale del Sinodo.
Il presente volume raccoglie le meditazioni che Maria Ignazia Angelini, badessa emerita del monastero benedettino di Viboldone (San Giuliano Milanese - Milano) ha tenuto al ritiro e durante la prima sessione dell’Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi dell’ottobre 2023. Il percorso di meditazione ai partecipanti all’Assemblea sinodale è stato condiviso con il padre domenicano Timothy Radcliffe.
Prima di entrare in alcune osservazioni sul contributo di madre Maria Ignazia raccolto in questo volume, vorrei sottolineare il grande valore che sia il ritiro sia le meditazioni, nei momenti di passaggio del cammino dell’Assemblea, hanno rappresentato per i lavori sinodali. Il ritiro a Sacrofano (30 settembre - 3 ottobre 2023) ha permesso ai partecipanti di entrare progressivamente nell’Assemblea in un contesto di ascolto della Parola di Dio, di preghiera, di celebrazione e di conoscenza reciproca. Raccogliersi in ascolto e preghiera, in un clima di fraterna condivisione, ha permesso ai membri del Sinodo di entrare in un clima “altro”, capace di far emergere la differenza del percorso sinodale, rispetto ad ogni altro “processo decisionale” che si sviluppi su un orizzonte puramente umano.
Scrive a tal proposito la religiosa: «Credo che questo inizio “in ritiro”, come accadeva a Gesù, prima di momenti forti del suo cammino, sia per noi chiamata a vivere — prima di immergerci nel dialogo, nella “conversazione spirituale” — in ascolto di “Colui che parla” (Eb 12, 25). Niente resta immutato ove la Parola della risurrezione è accolta». Il Sinodo è un’esperienza concreta di vita ecclesiale e il ritiro ha aiutato a prendere concretamente consapevolezza di questa fondamentale dimensione mettendo al centro la Parola di Dio, la liturgia, la koinonia.
Per ciò che concerne i contributi di meditazione di Maria Ignazia Angelini, dai suoi interventi emerge chiaramente la sua sensibilità monastica e benedettina, incentrata sull’ascolto, sul camminare insieme, sull’obbedienza reciproca nella comunità. Il padre del monachesimo occidentale, san Benedetto, inizia la sua Regola proprio con l’invito all’ascolto: «Ascolta, figlio, l’insegnamento del maestro...» (Regula Benedicti [ rb ] Prol. 1). Un ascolto del maestro che tuttavia — basta leggere la Regola — è tutto incentrato sull’ascolto della Parola di Dio contenuta nelle Scritture. Ma poi nella Regola si manifesta un volto molto concreto di stile sinodale della comunità. Basta leggere il capitolo dedicato alla convocazione dei fratelli in consiglio ( rb 3).
In questo passo della Regula Benedicti emergono i tratti di uno stile sinodale veramente ecclesiale e in un’ottica di fede: occorre ascoltare tutti, perfino l’ultimo arrivato, ciò che riguarda tutti deve essere discusso da tutti, l’ultima parola spetta all’abate come padre e guida della comunità. Secondo il padre del monachesimo occidentale ciò che conta è che si giunga «tutti insieme» alla vita eterna. La scuola per il servizio divino è istituita perché «tutti insieme» si possa essere condotti da Dio alla vita eterna ( rb 72,12), ma la via per raggiungere questo scopo consiste nel non anteporre nulla all’amore di Cristo. Amando Cristo sopra ogni cosa, il monaco può giungere a vivere l’amore per ognuno dei fratelli, per giungere tutti insieme alla salvezza.
Direi che si potrebbe tratteggiare il contributo di Maria Ignazia Angelini al percorso dell’Assemblea sinodale attraverso tre “priorità”: il primato della liturgia, il primato della Parola, il primato dei Salmi. Innanzitutto nelle sue meditazioni la monaca benedettina ha sottolineato il valore della liturgia come luogo nel quale la Chiesa prende forma e si rinnova, nello spirito del Concilio Vaticano ii: «Celebrare nella fede è sempre pura grazia; ogni volta da riscoprire perché ci apre nuovi mondi: quelli più veri e reali. È potente fascio di luce il lodare, sorgente di energia sul cammino sinodale, che nell’unica dinamica dello Spirito ci sospinge dall’uno ai molti, dall’io al noi». Nella meditazione tenutasi la prima domenica del ritiro madre Angelini ha detto: «Il rischio per noi, uomini e donne di Chiesa, è di procedere a partire dai nostri navigatori interiori, obiettivi, incalzanti — urgenze, conflitti, difficoltà a leggere il presente —, così da perdere l’orizzonte. Ebbene, anche in questo singolare mattino domenicale, celebrare è ispirante. Da ciò che celebriamo attingiamo luce e forma al cammino. E le giuste domande». Una Chiesa dallo stile sinodale deve continuamente vivere questa dimensione ispirante della liturgia.
In secondo luogo madre Maria Ignazia si è fatta guidare, dalla centralità della Parola. Non una pagina della Scrittura scelta in modo tematico e strumentale, ma quella che la Chiesa ci propone ogni giorno nella liturgia. Angelini si è sempre ispirata nelle sue meditazioni alla Parola del giorno, ai testi della Liturgia delle Ore, come il Benedictus e il Magnificat, i Salmi. Afferma Angelini: «Non sono gli uomini che danno forza alla Parola di Dio, né le loro resistenze sono in grado di trattenerla: la crescita è da Dio (cfr. 1 Cor 3, 5-6)». E aggiunge: «Ci vuole molto silenzio, e umiltà vera, per cogliere in sé la potenza della Parola e farle spazio; per lasciarsi guidare. Per affidare perdutamente il proprio niente a quest’unica potenza: “Il più piccolo — ma seminato — diviene...” (Mc 4, 31-32). Il più piccolo e nudo e spregevole seme, solo fino a che muore, inerte all’apparenza, quando è raggiunto — attraverso la consegna alla terra — dalla Potenza, si anima in un dinamismo imprevedibile, inarrestabile».
Infine, l’ultimo tratto delle meditazioni di madre Maria Ignazia che vorrei sottolineare è il riferimento ai Salmi: «Nei Salmi l’invocazione diviene rivelazione. È lì il grembo del senso, il laboratorio fecondo di nuove narrazioni dell’umano. Lì attingiamo non solo parole ma filo di senso alla vita, stili di compimento della storia sfilacciata: storia inseparabilmente personale, di Chiesa, di umanità». I Salmi che sono il cuore della preghiera oraria e quotidiana della Chiesa sono «grembo di senso, laboratorio fecondo». Si tratta di uno sguardo estremamente decisivo per una Chiesa dal volto sinodale in ascolto della Parola: riscoprire la preghiera della Chiesa, la preghiera salmica come «grembo di senso». Infatti anche «i discepoli della prima generazione, hanno elaborato sinodalmente il senso degli eventi e della vita di Gesù e della loro stessa ben poco lineare esperienza, non a caso cercandone le tracce sulla corda del Salterio, grembo fecondo di ogni sinodalità».
Questi tre essenziali tratti — centralità della liturgia, della Parola, dei Salmi — credo possano costituire una traccia di lettura dei testi di madre Maria Ignazia che hanno guidato il cammino della Prima Sessione dell’Assemblea del Sinodo dei Vescovi ma possono continuare, ora pubblicati, a sostenere un percorso di meditazione e di approfondimento per il proseguimento del percorso verso una Chiesa dallo stile sempre più sinodale, che ci sta davanti.
di Mario Grech