· Città del Vaticano ·

Una Chiesa attenta
ai bisogni di quanti
vivono nelle periferie

 Una Chiesa attenta  ai bisogni di quanti vivono nelle periferie  QUO-200
05 settembre 2024

Concentrarsi sui bisogni di coloro che si trovano nelle periferie, non solo quelle geografiche — che in un Paese composto da 17.500 isole è già un impegno di non poco conto — ma anche quelle esistenziali, quelle della malattia, che spesso vuol dire solitudine. È l’impegno che la comunità ecclesiale dell’Indonesia ha assunto come prioritario in questo anno in cui si celebra il centenario della Conferenza episcopale. Non è dunque un caso che l’incontro del Papa con gli assistiti dalle realtà caritative della Chiesa, il secondo della mattinata di giovedì 5, si sia tenuto proprio nella nuova sede della Conferenza episcopale, nel centro di Jakarta, perché qui ci sono gli uffici e lavorano le persone che coordinano le attività assistenziali sull’intero territorio nazionale.

Un incontro intenso, soprattutto commovente, svoltosi nella Henry Soetio Hall, all’ottavo piano, dove Francesco ha incontrato in forma privata un centinaio di malati, persone con disabilità e poveri, dei quali si fa carico la comunità ecclesiale. Anche in questa circostanza il Pontefice ha ricevuto al suo arrivo l’omaggio di due bambini che qui vengono assistiti, che gli hanno consegnato un mazzo di fiori di stoffa e un quadretto raffigurante la Sacra Famiglia, mentre al suo ingresso nella sala è stato accolto con un canto. A porgere il saluto di benvenuto è stato il presidente della Conferenza episcopale, monsignor Antonius Subianto Bunjamin. «La sua vita e il suo lavoro riflettono la compassione di Gesù per noi, specialmente attraverso la sua cura dei nostri fratelli e sorelle che sono poveri, deboli, emarginati e sofferenti», ha detto il presule, ricordando l’impegno assunto dalla Chiesa locale in questo ambito nell’anno centenario.

A nome degli assistiti hanno parlato due giovani. Mimi Lusli, che ha perso la vista a 17 anni, ha sottolineato come la fede le abbia dato la forza di «navigare nella vita» nonostante la disabilità, dicendosi sicura che «Dio abbia creato gli esseri umani con capacità uniche per arricchire la diversità del nostro mondo, e la disabilità è solo uno di questi aspetti unici». E dopo aver ricordato quanto sia cruciale il ruolo della Chiesa «nel garantire la dignità della persona umana», ha concluso rivolgendosi al Papa: «La sua presenza ci assicura che non saremo abbandonati».

Di come riesca a convivere con i problemi legati alle sue disabilità — sindrome autistica con una lieve disabilità intellettiva — ha invece parlato Mikail Andrew Nathaniel, 18 anni, sottolineando soprattutto il sostegno dei genitori: «Mi amano incondizionatamente» e «mi forniscono il miglior terapeuta ed esperto della città», ha infatti affermato, provando dapprima a parlare a braccio, dovendosi poi aiutare con il testo preparato. Andrew — così ha chiesto al Papa di essere chiamato — ha quindi detto di essere stato selezionato nel contingente di Jakarta Est per i Giochi paralimpici di nuoto e che inoltre sta frequentando un corso per diventare barista e imparando a suonare la chitarra e la batteria. «Voglio essere indipendente», ha detto.

Due testimonianze che hanno colpito Francesco, che nel suo discorso ha ringraziato Mimi e Andrew, e, rivolgendosi a tutti i presenti, ha detto: «Siete piccole stelle luminose nel cielo di questo arcipelago, le membra più preziose di questa Chiesa». «Affrontare insieme le difficoltà, fare tutti del nostro meglio portando ognuno il suo contributo irripetibile, ci arricchisce e ci aiuta a scoprire giorno per giorno quanto vale il nostro stare insieme, nel mondo, nella Chiesa, in famiglia», ha aggiunto il Pontefice, che ha concluso ricordando «quanto il Signore ci vuole bene, a tutti, al di là di qualsiasi limite e difficoltà».

L’incontro si è concluso con una breve preghiera guidata dal vescovo incaricato della Commissione liturgica, monsignor Henricus Pidyarto, e la benedizione impartita da Francesco. Che subito dopo è stato invitato a dare la prima pennellata su un foglio bianco, che un ragazzo ha completato mentre il Papa passava a salutare tutti i presenti, uno a uno. Prima di lasciare la sede della Conferenza episcopale — alla quale ha donato un quadro di Madonna con Bambino — il Pontefice ha firmato una targa in ricordo della visita e ha salutato alcuni sacerdoti e religiose, e il cardinale Julius Riyadi Darmaatmadja, arcivescovo emerito di Jakarta.

Tornando in nunziatura, così come già accaduto nel pomeriggio di ieri, Francesco si è fermato più volte per salutare i tanti indonesiani, in particolare i bambini, radunati lungo il percorso.

Nel pomeriggio il Papa si è poi recato al Gelora Bung Karno Main Stadium per la celebrazione eucaristica, la prima di questo viaggio apostolico in Asia e Oceania. Ma prima di entrare in questo impianto, a bordo della papamobile il Pontefice ha voluto salutare anche gli altri fedeli radunati in uno stadio vicino, più piccolo, il Mayda A, da dove hanno partecipato alla messa attraverso maxischermi. Le autorità locali hanno stimato poco più di 100.000 presenze. In entrambi i luoghi, percorrendo le piste sotto gli spalti, è stato salutato da canti, acclamazioni e applausi, testimonianza dell’affetto di questa comunità al successore di Pietro.

Poi, indossati i paramenti, Francesco ha raggiunto il palco sul quale, accanto all’altare, era stata posta la statua di “Maria, madre di tutte le etnie”, custodita nella cattedrale di Jakarta, e cara a tutto il popolo indonesiano. Con il Papa hanno concelebrato il cardinale Suharyo Hardjoatmodjo, i vescovi e moltissimi sacerdoti indonesiani, nonché gli ecclesiastici del seguito papale. Il rito nella memoria di santa Teresa di Calcutta, diretto dal maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie, arcivescovo Diego Ravelli, è stato in latino e in indonesiano e la prima lettura è stata letta da un non vedente in braille. Le preghiere dei fedeli sono state pronunciate nelle lingue regionali di Jawa, di Toraja, di Manggarai, di Batak Toba, di Dayak Kanayatn e di Papua (Malind Merauke), a sottolineare la meravigliosa varietà di etnie presenti nella nazione.

Nell’omelia, tradotta in indonesiano sui maxischermi, prendendo spunto dal Vangelo (Lc 5, 1-11), Francesco ha sottolineato due atteggiamenti in particolare utili per diventare discepoli di Gesù: «Ascoltare la Parola e vivere la Parola». E su questa scia la consegna ai presenti: «Sulla Parola del Signore vi incoraggio a seminare amore, a percorrere fiduciosi la strada del dialogo, a praticare ancora la vostra bontà e gentilezza col sorriso tipico che vi contraddistingue... Siate costruttori di speranza! Quella speranza del Vangelo che non delude, non delude mai, e che ci apre alla gioia senza fine».

Un invito raccolto, a nome di tutti, dal cardinale Suharyo Hardjoatmodjo che al termine della celebrazione, ringraziando il Papa Francesco per la sua presenza, «testimonianza del suo amore, non solo per la comunità cattolica locale, ma anche per la nostra nazione», ha promesso che la Chiesa indonesiana seguirà i suoi insegnamenti, e continuerà «a crescere soprattutto nella fede, nella fraternità e nella compassione».

Prima della benedizione finale, Francesco ha voluto ringraziare la comunità ecclesiale per l’importante opera svolta e il presidente della Repubblica, Joko Widodo, che era presente alla messa, le autorità civili e tutto il popolo indonesiano per la squisita accoglienza riservatagli. Domani mattina, infatti, il Pontefice partirà per la Papua Nuova Guinea, seconda tappa di questo viaggio.

dal nostro inviato
Gaetano Vallini