· Città del Vaticano ·

A colloquio con Alissa Wahid, direttrice del Gusdurian Network

Aprire le braccia e le menti alle comunità cattoliche locali

 Aprire le braccia e le menti  alle comunità cattoliche locali  QUO-200
05 settembre 2024

La prima tappa del viaggio papale in Asia ha visto Papa Francesco atterrare in Indonesia, un grande arcipelago diversificato con molte realtà uniche e particolari nella loro diversità dovuta anche alla peculiare conformazione geografica. «Qui in Indonesia, uno dei nostri ideali è proprio l’unità nella diversità. Siamo anche la nazione al mondo con il più alto numero di musulmani con i nostri circa 213 milioni, ma non siamo uno stato islamico»: così esordisce Alissa Wahid, musulmana, figlia del defunto presidente Abdurrahman Wahid e direttrice nazionale del Gusdurian Network attivo in 130 città indonesiane e che lavora per promuovere la collaborazione interreligiosa quando la raggiungiamo per farci raccontare il panorama indonesiano e come la popolazione si è preparata per l’arrivo di Papa Francesco. «Spero — confessa la nostra intervistata — che la presenza del Papa fra di noi possa dare l’opportunità alla società musulmana di imparare di più riguardo al mondo cattolico per aprire le braccia e le menti alle comunità cattoliche locali. Purtroppo — aggiunge — nelle ultime tre decadi in Indonesia abbiamo assistito ad una crescita dell’esclusivismo religioso che spesso opera sulla base del maggioritarismo religioso, un’estrema semplificazione della democrazia».

Il difficile rapporto maggioranza-minoranze ha avuto vari effetti, in particolare, racconta Wahid, la difficoltà di costruire luoghi di culto per le minoranze (che a volte possono essere cristiane, altre volte musulmane, a seconda della regione nella quale ci si trova) o la negazione di altri diritti costituzionali come anche il razzismo. «La crescente intolleranza — spiega — ha spinto il governo nel 2019 a creare un programma centrato sulla moderazione religiosa per affrontare il problema. Fino ad allora il paradigma operativo degli impiegati statali era quello dell’armonia sociale che spesso voleva dire evitare conflitti e fare ciò che la maggioranza voleva. Ora — continua la direttrice del Gusdurian Network — attraverso questo programma che sta portando buoni frutti, si sta investendo sul rispetto dei diritti costituzionali di tutti, sulla dignità umana, sulla collaborazione per il miglioramento della società e tutto questo è fatto in stretta collaborazione con le autorità religiose. In questo contesto riceviamo la visita di Papa Francesco come recentemente abbiamo accolto anche quella del grande imam di Al-Azhar, Ahmed Al-Tayyeb».

Dalla sua fondazione nel 2010 dopo la morte dell’ex presidente Abdurrahman Wahid, noto popolarmente come Gus Dur e noto leader all’interno dell’organizzazione islamica Nahdlatul Ulama, la famiglia ha deciso di creare un network su base volontaria che collegasse coloro che seguivano gli ideali da lui proposti. «Quando mio padre è morto, in vari si sono chiesti da chi sarebbero andati ora a presentare i loro casi difficili. In quegli anni la pressione sulle minoranze religiose era davvero alta. Oggi, con il Gusdurian Network siamo attivi con dei capitoli interreligiosi in tante città indonesiane e anche all’estero. Operiamo secondo i principi di umanità, giustizia, uguaglianza e libertà dall’oppressione, ospitando all’anno più di 1000 eventi in tutta l’Indonesia. Il network lavora anche nella diocesi di Jayapura in Papua per la promozione della pace».

Le comunità che decidono di far parte del network trovano localmente le risorse per organizzare gli eventi e Wahid condivide con emozione il racconto di quanto ha vissuto quando è stata contattata dalla Commissione giovani cattolici a Java Centrale che voleva organizzare una festa per la Pentecoste che si teneva durante il periodo del mese sacro di Ramadan per i musulmani e chiedeva consiglio a Wahid su come organizzarsi. Arrivata sul posto Wahid si è resa conto che la moschea e la chiesa affacciavano sulla stessa piazza e consigliò solo di tenere la festa cattolica dopo la preghiera del maghreb (della sera) che corrisponde con il momento dell’iftar (interruzione del digiuno). I giovani si organizzarono così e prepararono anche il cibo da condividere con i vicini musulmani per offrirlo loro per l’iftar. Ma quel giorno, racconta Wahid, non ci fu il richiamo alla preghiera. Un po’ di tempo dopo il tramonto, alcuni giovani andarono alla vicina moschea e chiesero se ci fosse stato qualche problema. «Abbiamo visto che stavate preparando un evento e non abbiamo voluto disturbare mettendo gli altoparlanti», hanno risposto i musulmani. «Ecco, spesso vediamo piccole cose semplici che si inseriscono in contesti molto più complessi, ma quando c’è rispetto gli uni per gli altri, l’umanità prevale».

Wahid conclude condividendo la sua grande attesa dell’arrivo di Papa Francesco: «Trovo che le encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti siano due documenti estremamente importanti e spero che, durante la sua visita nel nostro Paese, Papa Francesco possa insistere sulla necessità di dare spazio alle minoranze ricordando quanto la fratellanza umana e la solidarietà siano valori fondamentali».

di Elena Dini