· Città del Vaticano ·

L’arrivo in Indonesia

Il primo saluto al Papa nel timido sorriso di due bambini

 Il primo saluto al Papa nel timido sorriso di due bambini  QUO-198
03 settembre 2024

È stato il sorriso timido di due bambini che indossavano costumi tradizionali il primo contatto di Papa Francesco con l’Indonesia, martedì mattina, dopo un volo di 13 ore che da Roma lo ha portato a Jakarta. Ai piedi della scaletta, dove era schierato un picchetto d’onore di 24 guardie in alta uniforme, sono stati loro, Maria, 5 anni, di Java, e Irfan, 10 anni, di Papua, a porgergli un omaggio floreale. Sotto un cielo coperto da basse nubi, tra le quali a tratti filtrava il caldo sole di queste latitudini, il Pontefice ha rivolto loro alcune parole, sfidandone l’infantile imbarazzo, prima di salutare le autorità.

L’aereo papale è atterrato alle 11.19, ora locale (le 6.19 in Italia) di stamane, martedì 3 settembre, e si è fermato nell’area dell’aeroporto internazionale Soekarno-Hatta riservata al cerimoniale. Qui, come prassi, il nunzio apostolico, arcivescovo Piero Pioppo, e il capo del Protocollo, sono saliti a bordo per salutare il Pontefice. Una volta a terra, dopo l’omaggio dei due bambini, ad accogliere Francesco è stato il ministro per gli Affari religiosi, Yaqut Cholil Qoumas, con l’arcivescovo di Jakarta, cardinale Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo.

Una cerimonia informale, senza discorsi né colloqui privati. Quella ufficiale di benvenuto si svolgerà domani mattina al palazzo presidenziale. Per il resto della giornata odierna, dopo il lungo viaggio, solamente riposo per il Papa, che dall’aeroporto ha raggiunto in auto la nunziatura apostolica, distante 27 chilometri e situata nelle vicinanze di Merdeka Square, la principale piazza della capitale, dove risiederà durante la permanenza in Indonesia. Qui ad attenderlo, per un benvenuto particolare, un gruppo di rifugiati accolti dal Jesuit Refugee Service, bambini orfani cresciuti dalle suore domenicane e anziani, rifugiati e senza fissa dimora accompagnati dalla Comunità di Sant’Egidio. Nel pomeriggio, in vista delle prossime impegnative giornate, per Francesco solo la messa in privato nella cappella della rappresentanza pontificia.

Come ormai consuetudine, poco dopo il decollo da Fiumicino il Papa ha rivolto alcune parole di saluto ai 76 giornalisti, tra i quali una decina dei Paesi visitati — Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Leste e Singapore — che lo accompagnano in questo 45° viaggio apostolico internazionale. «Buongiorno. Vi ringrazio per venire in questo viaggio, vi ringrazio della compagnia. Celebreremo questo volo così lungo, credo che sia il più lungo che io abbia fatto» ha detto loro Francesco, che poi ha voluto salutarli, come fa sempre, uno ad uno, lungo i corridoi dell’aereo, che ha percorso aiutandosi con il bastone, scambiando battute con molti di essi, alcuni dei quali gli hanno donato degli oggetti. In particolare Clément Melki, dell’agenzia France Presse, che ha trascorso due settimane nel Mediterraneo a bordo della Ocean Viking, gli ha regalato una maglietta della ong SOS Méditerranée, armatrice della nave, e una torcia di segnalazione, di quelle usate dai migranti sui barchini per richiamare l’attenzione in caso di naufragio. Doni ai quali il Papa ha risposto dicendo: «Questo mi sta a cuore».

Eva Fernández, dell’emittente spagnola Radio Cope, gli ha consegnato la lettera della mamma di Mateo, un ragazzo di 11 anni ucciso nel paesino di Mocejón, vicino Toledo, durante una partita di calcio tra amici. La sua morte, il 18 agosto, ha suscitato indignazione e proteste in Spagna perché si pensava fosse stato vittima di un immigrato, cosa risultata poi falsa. La famiglia si è dissociata dalle dimostrazioni, chiedendo giustizia e non vendetta. Francesco ha quindi firmato la maglietta da calcio del ragazzo e dato un rosario da consegnare alla mamma. La giornalista ha anche portato al Papa un dono da parte della Conferenza episcopale della Costa Rica, un guanto da lavoro di un volontario che raccoglie plastica nel mare, a testimonianza della vicinanza dei vescovi di quel Paese alle tematiche ambientali, che saranno tra quelle affrontate dal Pontefice in questo viaggio. Stafania Falasca, del sito cinese Tianou Zhiku, ha regalato a Francesco la riproduzione di una stele di Xian. Risalente all’anno 635, fa riferimento all’annuncio del Vangelo in Cina da parte di Aluoben, un missionario giunto dalla Persia. Anche questo un omaggio apprezzato dal Papa, che da sempre ha a cuore il grande Paese asiatico.

Così come ha a cuore l’intero continente, che ha già visitato diverse volte e dove i cattolici convivono e si confrontano con altre religioni; al pari dell’Oceania, dove non è ancora mai stato e che è da sempre nei suoi pensieri. Un’attenzione e una vicinanza attestate anche dall’aver creato cardinali, per la prima volta, gli arcivescovi di Port Moresby, Dili e Singapore, legando ancora di più questi luoghi lontani alla sede di Pietro.

Si parte dall’Indonesia, dunque. Quella di Francesco è la terza visita di un Pontefice nel Paese, il più grande Stato-arcipelago del mondo con le sue 17.508 isole, alcune delle quali ambite mete turistiche, come Bali, e con i suoi 279 milioni di abitanti, quarto Paese al mondo per popolazione dopo Cina, India e Stati Uniti d’America, oltre che il più popoloso a maggioranza musulmana. Il primo Papa a giungere qui fu Paolo vi che, nell’ultimo dei suoi viaggi internazionali, fece tappa a Jakarta il 3 dicembre 1970, accolto calorosamente dall’allora presidente Suharto. Giovanni Paolo ii venne in Indonesia dall’8 al 13 ottobre 1989, presiedendo la messa nello stadio della capitale e facendo tappe anche a Medan, nel nord di Sumatra, a Yogykarta, nel centro di Java, e a Flores, nella parte orientale di Nusa Tenggara. Si recò anche a Dili, che allora era ancora la provincia indonesiana di Timor-Leste.

Francesco è giunto in questo Paese caratterizzato da una grande varietà di gruppi etnici, lingue, culture e religioni, dove la Chiesa cattolica conta più di otto milioni di fedeli, pari a poco più del 3 per cento della popolazione. In un tale contesto, convivere pacificamente con la maggioranza è un imperativo per i credenti. Un impegno peraltro apprezzato e ricambiato dalla stragrande maggioranza dei musulmani dell’Indonesia — l’86 per cento della popolazione, circa 231 milioni di persone — che hanno accolto con favore e gratitudine la notizia della visita di Papa Francesco, la cui presenza, hanno detto in diverse circostanze, avrà un forte impatto nel promuovere tolleranza, pace, fratellanza e armonia tra le comunità religiose e i popoli. E non a caso il Grande imam della moschea Istiqlal, dove giovedì mattina si terrà l’atteso incontro interreligioso, è stato tra i primi a dare l’annuncio della visita del Pontefice.

Ma, come accennato, quella del dialogo interreligioso è solo una delle tematiche che saranno affrontate in un viaggio in cui sembrano confluire tutti i temi chiave di questo pontificato: il cambiamento climatico, le diseguaglianze sociali, l’accoglienza di migranti e rifugiati, lo sviluppo economico e tecnologico a scapito dello sviluppo umano e spirituale dei popoli, l’evangelizzazione in latitudini in cui le comunità cristiane richiamano quelle delle origini, il ruolo dei giovani nella società e nella Chiesa. Ed è con queste aspettative che Asia e Oceania attendono ora la parola di Francesco.

dal nostro inviato
Gaetano Vallini