· Città del Vaticano ·

DONNE CHIESA MONDO

L’Analisi
Una rilettura in controluce delle Sintesi del Sinodo

Anche le donne
devono ascoltarsi

 Anche le donne devono ascoltarsi  DCM-008
07 settembre 2024

Durante l'incontro di settembre 2022 a Frascati (Roma) per scrivere il Documento della Tappa Continentale del Sinodo 2021-2024, una religiosa senegalese si meravigliò della disparità tra le voci delle donne: in alcune parti del mondo, disse, le donne sono così poco riconosciute da non avere quasi voce, se non nessuna; in altre parti esprimono liberamente il proprio pensiero, discutono della questione femminile e dei temi sul tappeto, diaconato e sacerdozio femminile compresi.

L’ osservazione ha colpito una francescana che proviene “dal Nord globale”, ed è nella Segreteria del Sinodo, tanto profondamente da indurla a riesaminare alcune Sintesi nazionali presentate nel 2022. Alla vigilia della seconda sessione del Sinodo per la sinodalità, che si apre il 2 ottobre, condivide i risultati della sua analisi.


La Chiesa globale si trova di fronte a una notevole sfida quando si tratta non solo di ascoltare ma di documentare tale ascolto. Per capire cosa si intende con la capacità della Chiesa di documentare il proprio ascolto, è utile soffermarsi su come ha vissuto questa sfida il gruppo di esperti provenienti da ogni parte del mondo che nel settembre 2022 si è riunito a Frascati per elaborare il Documento di lavoro per la Tappa Continentale, il dtc . La maggior parte dei partecipanti all'incontro erano teologi e canonisti, per formazione abituati a citare testi biblici, patristici o magisteriali come fonti primarie. Tuttavia, lo scopo della riunione era quello di dimostrare che la Segreteria generale del Sinodo aveva ascoltato attivamente il Popolo di Dio: e dunque è apparso subito evidente che per documentare l'ascolto della Chiesa le fonti principali del dtc dovevano essere le relazioni presentate dal Popolo di Dio. Le relazioni sinodali presentate dalle conferenze episcopali nella prima fase della consultazione variano nella capacità di documentare il loro ascolto. Alcune relazioni (America Latina) citano regolarmente i fedeli per ogni singolo punto sollevato; altre li citano per alcuni punti, ma non per tutti; altre, di alcune aree del mondo, non li citano quasi mai. Elementi ancor più contrastanti se si esaminano i resoconti alla luce di tre domande: 1) quanto spesso le donne sono state autorizzate a parlare in prima persona? 2) le donne sono mai citate direttamente? 3) l'esperienza delle donne è riportata come un dato di fatto o come il lamento di alcune di loro?

Diciamo subito che di tutte le Sintesi nazionali esaminate per questo articolo, l'unica che include direttamente la dichiarazione fatta da una donna durante la consultazione è quella di Inghilterra e Galles. Le Sintesi nazionali degli Stati Uniti e dell'Australia riportano comunque le esperienze e i desideri delle donne come dati di fatto. Le Sintesi nazionali provenienti dall'Africa variano, per certi versi, in base alle aree linguistiche ma è da sottolineare che nelle Sintesi di tutti e tre i gruppi linguistici africani sono inseriti gli elenchi delle strutture ecclesiali ufficiali istituite per ascoltare tutti, comprese le donne, come prova che esse sono ascoltate, nonostante le affermazioni contrarie. In queste Sintesi i problemi sollevati dalle donne spesso sono riportati come lamentele di alcune di loro.

L’ascolto fra le donne

Questo dimostra che hanno poca o nessuna voce, pur avendo in mano la vita quotidiana delle parrocchie. Ma oltre a essere silenziate, le donne africane subiscono il silenzio della comunità, anche ecclesiale, rispetto agli abusi che subiscono in famiglia e nella società (e forse, per estensione, anche nella Chiesa, anche se questo non è mai stato menzionato nelle Sintesi). Il silenzio della Chiesa di fronte alla violenza è stato però sottolineato in uno dei rapporti dell'Africa lusofona. Tra tutte le Sintesi presentate dalle conferenze episcopali in Africa, solo un rapporto menziona le mutilazioni genitali femminili, anche se recenti ricerche hanno rivelato che nei Paesi subsahariani raggiungono percentuali alte, il 97% in Guinea.

Gli appelli per l'ordinazione delle donne al diaconato sono stati inclusi pochissime Sintesi nazionali del continente africano, meno di una manciata. In un recente numero di Global Sisters Report, suor Josephine Apiagyei e suor Rosemary Nyirumbe, che esercitano entrambe un ruolo di leadership nella Chiesa africana, hanno convenuto che la richiesta di ordinare le donne al sacerdozio ministeriale «non è così urgente nei Paesi africani come lo è nel Nord globale», anche se hanno riconosciuto che «è necessaria una maggiore uguaglianza all'interno della Chiesa».

Le Sintesi di Inghilterra e Galles, Stati Uniti e Australia menzionano invece tutte l'ordinazione al diaconato e al sacerdozio nel contesto della capacità della Chiesa di accogliere meglio il contributo e la leadership delle donne, ma gli Stati Uniti sono l’unico Paese ad inquadrare il diniego al sacerdozio femminile come una ingiustizia da correggere: «L'ordinazione femminile è emersa non principalmente come soluzione al problema della carenza di sacerdoti, ma come questione di giustizia».

Se queste parole si mettono di fronte al silenzio delle donne africane, alle quali intanto basterebbe anche solo un riconoscimento umano, emerge la necessità di un'altra sfida all'ascolto all’interno della Chiesa: le donne devono ascoltarsi tra loro.

Quelle del Nord globale devono interrogarsi su come viene percepita altrove quella che per loro è una urgente questione di giustizia, domandarsi se l’ordinazione sacerdotale femminile è per le africane il primo problema. Il Vangelo fornisce una ispirazione: «Maria rimase con Elisabetta circa tre mesi; poi se ne tornò a casa sua» Luca 1,39-56. Bisogna “rimanere con”. Stare insieme. Confrontarsi.

Imparare a contemplare le cose giuste

In molte società del mondo le donne hanno carriere professionali e diplomatiche/governative di successo, esercitano leadership a tutti i livelli aziendali e politici. Anche nella Chiesa il loro ruolo è cresciuto, forse più in alcuni luoghi che in altri.

Papa Francesco ha spostato l'ago della bilancia sull'empowerment femminile nella Santa Sede. Le nomine di suor Alessandra Smerilli (Segretaria del Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale), di suor Nathalie Becquart (Sottosegretaria della Segreteria Generale del Sinodo), di suor Raffaella Petrini (Segretaria Generale dello Stato della Città del Vaticano) e di suor Simona Brambilla (Segretaria del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Associazioni di Vita Apostolica) sono segni della crescente responsabilizzazione delle donne nella Curia Romana.

Dall’ottobre 2023 le donne possono votare al Sinodo dei vescovi; in alcuni giorni della prima sessione hanno retto come presidenti delegati i lavori assembleari e sono state la metà del numero complessivo dei facilitatori. Becquart si è seduta regolarmente al tavolo della presidenza accanto a Papa Francesco e ai cardinali Grech e Hollerich. L'unico settore in cui sono rimaste sotto-rappresentate è stato quello dei teologi. Dei 26 convocati, solo 4 erano donne.

Nonostante la crescita dell'empowerment, i rapporti sinodali evidenziano però l'esistenza, ancora, di doppi standard che penalizzano le donne. In molte Sintesi nazionali presentate dal continente africano si trova l'affermazione che i laici devono essere riconosciuti e inclusi nella missione della Chiesa; mentre è raro trovare una dichiarazione simile riguardo alle donne. I Paesi anglofoni, però, sono stati più espliciti nel dire che non solo i laici in generale ma anche le donne dovrebbero avere posti di responsabilità all'interno della Chiesa.

Interessante notare che quelle africane sono le uniche Sintesi nazionali che menzionano, come una sfida che richiede un'attenzione particolare, il divieto di accedere all’Eucaristia per le donne incinte al di fuori del matrimonio. Questo tema è emerso in almeno tre delle Sintesi delle conferenze anglofone, ma soltanto una di esse nota esplicitamente che la stigmatizzazione delle madri non sposate costituisce una «esclusione ingiustificabile». Allo stesso tempo, i vescovi del continente africano sono rimasti soddisfatti dell'inclusione nella Relazione di sintesi della prima sessione del Sinodo della Sezione 16, paragrafo q: “Si incoraggia il secam (Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar) a promuovere un discernimento teologico e pastorale sul tema della poligamia e sull’accompagnamento delle persone (inevitabilmente uomini e donne, n d a ) in unioni poligamiche che si avvicinano alla fede».

Eccolo il doppio standard ingiustificato.

Sembrerebbe che esista ancora un ostacolo, non nominato, al pieno rispetto delle donne e alla loro inclusione nella leadership e nei processi decisionali nella Chiesa (sia decision-making che decision-taking).

La presenza di questo ostacolo non nominato evidenzia che, di per sé, l'empowerment istituzionale non è garante di una vera giustizia verso le donne. La Chiesa deve prima dare un nome a questo ostacolo e poi pentirsene. Alcuni gli danno il nome di "misoginia". È significativo che in tutte le Sintesi nazionali studiate per questo articolo la misoginia è nominata in una soltanto, quella della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles: «Nonostante dedichi la mia vita alla Chiesa, sperimento una misoginia profonda: la parola del sacerdote viene sempre considerata più credibile. Le donne fanno il lavoro pesante ma si sentono emarginate. Molti sono feriti e arrabbiati».

È possibile che diamo talmente per scontato questo atteggiamento che non siamo in grado di riconoscerlo, nominarlo e quindi pentircene? E potrebbero esserci altri atteggiamenti nei confronti delle donne di cui tutti dobbiamo pentirci come Chiesa; altri di cui devono pentirsi specificamente gli uomini; altri ancora di cui devono pentirsi le donne. La guarigione e la riconciliazione ecclesiale che il Sinodo 2021-2024 sta cercando di realizzare avverrà solo nella misura in cui avverrà questo pentimento.

Verso la comunione evangelica

Le immagini e le icone della Visitazione mostrano spesso Maria e Elisabetta non solo l'una di fronte all'altra, ma anche abbracciate. Appare chiaro che l’ episodio evangelico non parla solo dell'ospitalità che ciascuno dei battezzati è chiamato a esercitare, ma forse, più specificamente, parla delle relazioni che le donne sono invitate a coltivare con altre donne. Siamo invitate a condividere generosamente noi stesse nell'amore, guardando oltre il nostro bisogno per obbedire al bisogno dell'altro. A guardarci in faccia per scoprire noi stesse come amate da altre donne. A rimanere l'una con l'altra nel bisogno, accogliendosi reciprocamente.

Da non dimenticare poi che in questo episodio ci sono i due figli di Maria e Elisabetta, invisibili ma molto presenti. Nell’accogliersi di queste due donne è tessuta la relazione tra i loro figli, e anche quella delle generazioni future.

Conclusione

Sarebbe importante riconoscere che nessuna chiesa locale può progettarsi come modello di tutte le altre chiese locali. Perciò le chiese nel nord globale non possono pretendere di imporre il loro modo di esistere alle chiese nel Sud globale. Ci sono situazioni di ingiustizia umana in tutte le chiese che vanno affrontate. Il processo sinodale ha però raggiunto un consenso unanime almeno su una di queste situazioni: il Popolo di Dio desidera una Chiesa in cui la presenza e il contributo delle donne, anche a livello di leadership, siano meglio accolti.

Il genere umano, in qualsiasi continente, non può sperare di prosperare se la metà di se stesso viene messa a tacere o ignorata. Il movimento femminista, in tutte le sue declinazioni, ha lavorato per superare l'esclusione che gli uomini hanno imposto alle donne. Tuttavia, c’è un altro aspetto che richiede attenzione e guarigione: le donne devono riconoscere dove esse stesse non hanno ascoltato altre donne e muoversi per superare questa lontananza. Penso che le donne debbano lavorare assiduamente affinché le voci di tutte le donne siano ascoltate. E soprattutto su quelle questioni su cui non c'è un consenso evidente, in modo che la voce unificante dello Spirito Santo possa davvero essere percepita al di sopra della mischia che così facilmente divide la Chiesa.

di Marie-Kolbe Zamora
OSF, STD – Segreteria generale del Sinodo

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