Un salto facile, provato mille volte in allenamento, ma quella volta qualcosa è andato storto: un dolore lancinante, le gambe che non si muovono, il terrore negli occhi del padre che osserva la scena. A 16 anni Giulia Ghiretti passa, in un lampo, dal preparare i Mondiali di ginnastica sul trampolino elastico a un reparto di neurochirurgia. Il verdetto è senza appelli: non potrà più camminare. Era il 2010.
Oggi Giulia — 30 anni, di Parma — è a Parigi per partecipare alle Paralimpiadi (che si aprono stasera). Per la terza volta. Nel nuoto. Ha già vinto due argenti e un bronzo (oltre a 3 ori mondiali e una raffica di medaglie internazionali, con 52 titoli italiani). I 100 metri rana sono la sua specialità.
«Quel salto ha causato una lesione lombare e in un attimo mi sono trovata, per sempre, su una sedia a rotelle» racconta Giulia. «È stato uno shock ma non volevo darmi per vinta: ho reagito!». Il segreto? «Ho smesso di pensare a quello che avevo perso e mi sono concentrata su ciò che potevo ancora fare: mi sono accorta che potevo fare tanto!».
E qui entra in gioco lo sport, che non è mai uscito dalla vita di Giulia: «Ho detto addio alla mia amata ginnastica e mi sono appassionata al nuoto perché nell’acqua posso muovermi da sola, mi sento libera». L’incidente non ha fermato la vita di Giulia. La laurea in ingegneria biomedica al Politecnico di Milano, con tanto di specializzazione, le ha offerto enormi opportunità.
«Alcune porte si sono chiuse ma altre si sono aperte: bisogna riuscire a guardare oltre il buio perché la luce c’è sempre» confida Giulia. E rilancia: «Per questo non tornerei mai indietro. Non esiste una Giulia “prima” e “dopo” l’incidente. Sono sempre io».
Allo sport, racconta, che le «ha insegnato il senso del limite ma, soprattutto, a “risorgere”, devo gratitudine e un impegno solenne: veicolare il suo messaggio universale di inclusione. Se lo sport aiuta le persone con disabilità a “risorgere”, offrendo possibilità di riscatto, può illuminare anche le menti di tutti gli uomini. E così gareggiare a Parigi, per ogni atleta, sarà un triplice banco di sfida: a sé stesso, agli avversari, a ogni forma di discriminazione».
di Giampaolo Mattei