· Città del Vaticano ·

La voce dei rifugiati

Guillaume Junior Atangana (R) a blind para-athlete, and his guide Donard Ndim Nyamjua, train for the ...
27 agosto 2024

Sono otto gli atleti del Team paralimpico dei rifugiati che domani a Parigi sfileranno nella cerimonia di apertura. Erano in due a Rio de Janeiro nel 2016 e in sei a Tokyo nel 2021. Con i 36 atleti del Team olimpico sono, dunque, 45 i rifugiati presenti ai Giochi. Una partecipazione che è già un progetto di pace. Portabandiera del Team paralimpico sarà Guillaume Junior Atangana, velocista ipovedente che ora vive nel Regno Unito: correrà con la sua guida e connazionale camerunense Donard Ndim Nyamjua, anch’egli rifugiato, nei 100 e nei 400 metri (categoria T11). Ai Giochi di Tokyo Guillaume è arrivato quarto, mancando di un soffio la medaglia, nei 400 metri. A giugno, nel Grand Prix Para Athletics di Nottwil, ha vinto i 400 arrivando secondo nei 100.

Capo missione del Team è Nyasha Mharakurwa che ha rappresentato lo Zimbabwe nel tennis paralimpico ai Giochi di Londra 2012.

Per la prima volta nella squadra paralimpica di rifugiati è stato selezionato un atleta residente in Italia: lo schermidore Amelio Castro Grueso che a Roma ha la possibilità di allenarsi ad alto livello con Daniele Pantoni, coach delle Fiamme Oro-Polizia di Stato (allenatore anche degli ori nella scherma olimpica Alberta Santuccio e Rossella Fiamingo). Amelio è particolarmente vicino all’esperienza inclusiva di Athletica Vaticana, l’associazione polisportiva ufficiale della Santa Sede.

In rappresentanza di oltre 100 milioni di rifugiati e di tutte le persone con disabilità — tengono a dire insieme — gli sportivi rifugiati gareggeranno in sei sport paralimpici: atletica, sollevamento pesi, tennistavolo, taekwondo, triathlon e scherma.

Filippo Grandi, alto commissario dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati che segue da vicino le questioni del Team, va dritto al punto: «Per la terza Paralimpiade gli atleti rifugiati, molto determinati e ispirati, mostreranno al mondo cosa possono ottenere se viene data loro l’opportunità di utilizzare, sviluppare e mettere in mostra capacità e talenti, nello sport e negli altri ambiti della vita». Lo sport, secondo Grandi, «è fondamentale per l’inclusione e l’integrazione dei rifugiati nelle comunità che li ospitano».

E lo sport visto con lo sguardo di atleti con disabilità e rifugiati è sostenuto in modo particolare da Papa Francesco. Nella prefazione del libro Giochi di pace. L’anima delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi (edito su iniziativa di Athletica Vaticana), il Papa incoraggia proprio questa esperienza sportiva inclusiva: «Penso alle atlete e agli atleti con disabilità Sono sempre sbalordito guardando le loro prestazioni e ascoltando le loro parole. L’obiettivo del movimento paralimpico non è soltanto celebrare un grande evento, ma dimostrare quello che persone — pur fortemente ferite nella vita — riescono a raggiungere quando sono messe nelle condizioni di poterlo fare. E se vale per lo sport, tanto più deve valere per la vita».

Di più, rilancia il Papa sempre nella prefazione di Giochi di pace: «Penso alle atlete e agli atleti rifugiati che raccontano storie di riscatto, speranza (...). Non sono “solo” donne e uomini di sport. Sono donne e uomini di pace, protagonisti di una tenace speranza e della capacità di rialzarsi dopo un “momento no”».

*Presidente
di Athletica Vaticana

di Giampaolo Mattei*