Gli auguri e il grazie. Il Papa li ha rivolti con un messaggio di benedizione indirizzato a don Mattia Ferrari, cappellano della ong Mediterranea Saving Humans, all’equipaggio della Mare Jonio e a Migrantes, in navigazione nel Mediterraneo centrale. «Prego per voi», scrive Francesco, ringraziando la ong impegnata nel salvataggio dei migranti, «per la vostra testimonianza».
È stata Trapani, ieri sera, il punto di partenza della missione Sar (Search and rescue - ricerca e salvataggio) di Mediterranea Saving Humans, organizzazione umanitaria fondata da Luca Casarini che dal 2018 salva le persone che tentano la pericolosa traversata in mare. È questa la sua prima missione ad essere organizzata congiuntamente con la Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana. Grazie al sostegno dei vescovi, la Mare Jonio — un rimorchiatore riutilizzato per le operazioni Sar di Mediterranea — sarà affiancata da una nave di supporto che trasporta altri volontari e personale medico, oltre a un mediatore culturale e a un piccolo gruppo di giornalisti e che avrà, come indica un comunicato di Mediterranea, «funzioni di osservazione e documentazione, informazione e testimonianza». A bordo anche due direttori diocesani, di Fano e di Caltanissetta
«Questo è l’ennesimo tassello di una collaborazione con la Chiesa che va avanti da anni — spiega don Mattia Ferrari — e che è fatta soprattutto di tante relazioni dalle parrocchie alle diocesi, alla Chiesa universale». Una collaborazione che «vede uniti Chiesa e persone di buona volontà, provenienti da mondi diversi ma uniti, per usare le parole del Vangelo, nel comune amore viscerale verso i fratelli e le sorelle migranti». È un percorso che si fa insieme, aggiunge il sacerdote, «soccorrendo le persone dai naufragi, dai respingimenti diamo carne a quella fraternità universale che non può rimanere un valore astratto, ma deve farsi carne attraverso i nostri corpi, le nostre vite, le nostre relazioni». Andare per mare, quindi, significa anche «spezzare questo muro di cinismo e di indifferenza», per poter «svegliare le coscienze», perché la società, è l’appello di don Mattia, «è troppo distratta e non possiamo continuare a tollerare ed essere complici di questa strage continua fatta di naufragi e di respingimenti».
I media vaticani sono a bordo della nave di Migrantes che, assieme alla Mare Jonio, è salpata da Trapani. Al momento di lasciare le acque italiane, Mediterranea ha fatto due annunci significativi. In primo luogo, ha sottolineato che, in considerazione dei crescenti maltrattamenti subiti dai migranti in Tunisia, non collaborerà più con la guardia costiera tunisina nelle operazioni di ricerca e salvataggio. Una posizione già presa nei confronti della Libia, per la stessa ragione; in secondo luogo, Mediterranea, ha annunciato che non sbarcherà più in porti al di fuori della Sicilia.
A bordo della nave c’è anche Ibrahima Lo, del Senegal, arrivato in Italia attraverso la rotta della Libia, autore di due libri in cui si racconta la tragedia dei migranti e che proprio con don Ferrari e Casarini ha incontrato il Papa a Casa Santa Marta lo scorso 2 luglio. «Sono qui perché quando avevo 16 anni sono stato salvato in mare. Ora sono a bordo di una nave che va a salvare vite umane, che torna dove io sono stato salvato, e io farò lo stesso con i miei fratelli e le mie sorelle».
Anche se questa è la loro prima impresa ufficiale condivisa, la collaborazione tra la Chiesa e Mediterranea risale a diversi anni fa. Il Papa ha spesso incontrato i membri dell'organizzazione, esprimendo pubblicamente il suo sostegno. Nel 2019 ha collocato nel Palazzo Apostolico del Vaticano un crocifisso ornato da un giubbotto di salvataggio, donatogli da Mediterranea. Prima della partenza, il vescovo di Trapani, Pietro Maria Fragnelli, ha visitato la nave appoggio per offrire la sua benedizione e regalare all'equipaggio un'icona appositamente realizzata. «Questa — spiega — è una missione di amore che ci viene direttamente dal Vangelo». È una collaborazione, indica il presule, che dovrebbe «crescere sempre di più tra le forze civili e militari e chissà che anche la cultura nostra superi questa sorta di idea che il Mediterraneo è una barriera e non un ponte».
di Joseph Tulloch