Sai benissimo che è un atleta così forte da poterti battere nella finale olimpica. Ma quando vieni a sapere che non ha neppure un giavellotto per allenarsi... organizzi una raccolta fondi per comprargliene uno. E va a finire che proprio da quel giavellotto nuovo vieni superato ai Giochi di Parigi, sul prato dello stade de France.
Questa, anzitutto, è la storia dell’amicizia tra Neeraj Chopra e Arshad Nadeem, resa ancor più bella dal fatto che — stando ai ragionamenti strategici — un indiano induista e un pakistano musulmano dovrebbero essere sempre l’uno contro l’altro.
Neeraj e Arshad, entrambi 27 anni, si incrociano fin da ragazzi sulle pedane del lancio del giavellotto. Sono gli unici (con Anderson Peters, atleta di Grenada) a superare le star europee. Tra loro nasce spontanea un’amicizia che coinvolge anche le loro famiglie: le mamme — Saroj Devi e Raziah Parveen — sono le prime a sostenerli, chiamandoli “fratelli” ancor più che amici, e facendo il tifo per tutti e due. Pubblicamente, anche sui social.
Neeraj, oro ai Giochi di Tokyo 2021 e campione mondiale e asiatico 2023, a inizio 2024 è già considerato il grande favorito per Parigi. Viene a sapere però che Arshad non riesce ad allenarsi: già, non ha un campo di atletica per i lanci (le poche strutture sportive in Pakistan sono quasi esclusive per il cricket) e ci si mette anche quel vecchio giavellotto in uso dal 2015 che perde pezzi e dà problemi all’articolazione del gomito.
Arshad — argento ai Mondiali 2023, oro ai Giochi del Commonwealth e 5° a Tokyo — si prepara per Parigi lanciando un bastone di legno con una corda attorcigliata. Forte della sua popolarità sui social, Neeraj organizza una raccolta di fondi per comprare un giavellotto nuovo ad Arshad. E proprio con quel giavellotto nuovo Arshad lo supera nella finale olimpica, con il “lancio della vita”: quasi 3 metri oltre il suo primato personale (92.97). Neeraj si ferma a 89.45 ed è medaglia d’argento.
E non ha alcun rammarico. Anzi. «Per un atleta internazionale che vuole vincere una medaglia olimpica servono strutture e attrezzature adeguate» afferma il lanciatore indiano, celebrità assoluta nel suo Paese e animatore del crowdfunding forte proprio di questa popolarità. Strutture e attrezzature che, fino ai Giochi di Parigi, il suo amico Arshad non aveva in Pakistan: ora gli verrà addirittura intitolato un centro sportivo.
«Aiuterò i giovani a vivere l’atletica come esperienza che cambia la vita» dice Asshad, accolto con tutti gli onori al rientro da Parigi con l’oro al collo: lui, terzo di otto fratelli, figlio di un operaio edile in pensione. Che si allenava con un bastone.
di Giampaolo Mattei