Il mese di agosto di dieci anni fa rappresenta il simbolo di una tragedia collettiva che è patrimonio della memoria dell’intero Iraq. Non solo centoventimila cristiani furono costretti nella notte tra il 6 e il 7 agosto ad abbandonare le loro case e i loro averi sotto la spinta omicida del sedicente Stato islamico, ma un interno popolo — quello degli yazidi — subì il tentativo di sterminio con oltre 3.000 uomini, donne, bambini e bambine uccisi e almeno 6.800 persone, soprattutto donne, bambini e bambine, rapiti da Daesh. Un dramma che le Nazioni Unite hanno riconosciuto come genocidio. «È stata “una tragedia collettiva” per il popolo iracheno, spiega ai media vaticani il cardinale Louis Raphaël Sako, patriarca di Baghdad dei Caldei. Una tragedia che ha coinvolto i cristiani e le altre minoranze, che resta ancora impressa nelle menti. È vero, l’Isis è stato sconfitto ma la sua ideologia resta forte, e non solo in Iraq».
Eminenza, cosa resta ancora oggi del dramma vissuto dai cristiani e dalle altre minoranze irachene dieci anni fa?
La gente non ha tanta, tanta fiducia nel futuro. Tutti continuano a domandarsi: quando avremo finalmente uno Stato moderno, democratico, civile, dove tutti possano essere cittadini con pari diritti e doveri? È anche per questo che in tanti partono e lasciano l’Iraq, non solo i cristiani. Io cerco di parlare con le persone, di rassicurarle dicendo che il male non durerà, che bisogna avere pazienza.
Cosa significa per l’Iraq l'assenza dei cristiani nella Piana di Ninive?
I cristiani continuano a temere per la propria sicurezza perché il Paese non è stabile e loro sono una piccola minoranza. In più tutti sono preoccupati per le tensioni che derivano dalla crisi mediorientale.
È una situazione di angoscia che accomuna tutta la popolazione?
Sia i cristiani della Piana di Ninive, come anche gli yazidi, tutti hanno paura. Bisognerebbe riuscire a cambiare la mentalità che è alla base delle guerre, della vendetta, bisogna sapere come dialogare e risolvere i problemi non con le armi, ma con il dialogo. Un dialogo serio e coraggioso. Bisogna cambiare i programmi di educazione scolastica, il linguaggio, i discorsi che si fanno.
Ci sono delle responsabilità anche da parte dell'Occidente per la situazione che descrive?
L’Occidente è un po’ timido di fronte a coloro che pensano che l’unica soluzione sia la guerra. Come dice Papa Francesco: la guerra mai è una vittoria. Tutti perdono! Il problema dell’Occidente è l’indifferenza. Tutti sono concentrati sulle logiche del profitto e mancano valori morali e spirituali. Lo possiamo vedere anche con quello che sta accadendo in Ucraina. È triste!
Cosa ci insegna quello che sta vivendo oggi la comunità cristiana, senza dimenticare quello che è stato il genocidio degli yazidi per mano di Daesh?
Non sarà mai facile cancellare questa memoria. Continuano ad esserci tanti atti d’odio, come l’attentato che l’anno scorso a Qaraqosh ha provocato oltre 133 morti durante una festa di matrimonio. E il genocidio degli yazidi... come si può immaginare nel xxi secolo che le donne siano vendute, separate delle loro famiglie solo perché di un’altra etnia? Quali valori ci sono? È una cosa terribile, terribile, non solo per noi, ma per il mondo intero che non riesce ad impedire che avvengano cose del genere.
di Stefano Leszczynski