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Giochi di pace

Ricordando i 487 atleti ucraini morti
nella pazzia della guerra

Gold medalist Yaroslava Mahuchikh, and bronze medalist Iryna Gerashchenko, both of Ukraine, ...
06 agosto 2024

Sono 487 le atlete e gli atleti ucraini morti in guerra da quel 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione russa nel pieno della tregua olimpica proposta per le Olimpiadi invernali di Pechino. Proprio a loro — e il numero, purtroppo, è destinato a crescere — hanno dedicato le medaglie gli sportivi ucraini a Parigi: Yaroslava Mahuchikh e Iryna Gerashchenko, oro e bronzo nel salto in alto; Olga Kharlan, bronzo nella sciabola e poi oro a squadre con Yuliia Bakastova e Olena Kravatska; Ilia Kovtun, argento nelle parallele della ginnastica artistica; Serhiy Kulish, argento nella carabina; e Mykhaylo Lokhan, bronzo nel lancio del martello.

Forse solo alcuni di quei 487 che sono morti nel vortice della pazzia della guerra avrebbero partecipato ai Giochi di Parigi, non tutti erano al livello olimpico. Sicuramente puntavano a esserci tre giovani morti a 22 anni: Volodymyr Androshchuk, protagonista nel decathlon, Maksym Halinichev, pugile campione europeo e argento ai Giochi olimpici giovanili del 2018, e Stanislav Hulenkov, judoka. Avevano vinto un argento europeo nel 2013 i tiratori con la pistola Ivan Bidnyak e Yehor Kikhitov, mentre Oleksandr Peleshenko aveva rappresentato l’Ucraina nel sollevamento pesi alle Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016. E, ancora, Anastasiia Ihnatenko, allenatrice di ginnastica, è morta in un attacco missilistico russo insieme al marito e al figlio di 18 mesi.

Maksym Symaniuk aveva solo 10 anni e un talento smisurato nel judo: è morto a Kyiv, con la mamma e la sorella, sotto le bombe. A 11 anni è morta a Mariupol la ginnasta Kateryna Dyachenko per una granata lanciata in casa sua.

Sono oltre 500 le strutture sportive distrutte o danneggiate in Ucraina. Allenarsi per le Olimpiadi è stata un’impresa e non pochi atleti sono dovuti andare all’estero, perdendo il contatto con le loro famiglie e la loro terra. «Prepararsi per le Olimpiadi è stato molto difficile a causa delle continue sirene dei raid aerei, del costante bisogno di andare al rifugio antiaereo e nascondersi» dice da Parigi il tuffatore Oleksii Sereda, 18 anni. E il saltatore in alto Andri Protsenko — storico rivale, anche domani nella pedana olimpica, di Gianmarco Tamberi — è rimasto bloccato dalla guerra in un piccolo villaggio e per continuare ad allenarsi ha costruito un bilanciere con un tubo e le ruote di un’auto. Anche le sorelle gemelle Marina e Vladislava Alekseev, campionesse di nuoto sincronizzate in gara venerdì a Parigi, sono scappate da Kharkiv quando è stata colpita da un attacco la piscina dove si stavano allenando.

Non c’è atleta ucraino a Parigi che non abbia perso un familiare, un amico. Per questo «sono medaglie totalmente diverse» dice la schermitrice Olga Kharlan che, dall’inizio della guerra, vive a Bologna con la sorella e il nipote. I genitori sono rimasti a Mykolaiv, la sua città d’origine, sempre pronti a scendere nel seminterrato per ripararsi dagli attacchi.

di Giampaolo Mattei