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Nella polveriera mediorientale un raid uccide a Teheran il leader politico di Hamas e un attacco israeliano a Beirut prende di mira il numero due di Hezbollah

Fronti di escalation

Rescuers search through the top floors of building destroyed following an Israeli military strike on ...
31 luglio 2024

Non è semplice trovare chiavi di lettura e tirare le fila di quanto sta accadendo in queste ore in Medio Oriente, se non per esprimere una forte preoccupazione per il realizzarsi di quella escalation da tutti temuta, che tutti dichiarano di non volere. Più che il bombardamento israeliano a Beirut per colpire il comandante militare di Hezbollah, Fouad Shukr — in risposta al sanguinoso attacco al villaggio druso di Majdal Shams — si rileva in primo piano l’assassinio mirato a Teheran del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, attribuito dalla fazione palestinese a Israele.

Non sono ancora ben note le circostanze in cui l’eliminazione di Haniyeh è avvenuta, che pure potranno fornire indicazioni anche di carattere politico. Le fonti iraniane, ad esempio, si limitano a riferire che l’ordigno è stato lanciato da un territorio «fuori dei confini iraniani». Le scarse informazioni consentono al momento solo tre riflessioni. La prima riguarda la figura stessa di Haniyeh. Originario di Gaza, dove ha quasi sempre vissuto, nel campo profughi dove era nato, godeva di una forte popolarità, proprio in ragione dello stile di vita sobrio che lo distingueva dagli altri leader palestinesi, tanto di Fatah quanto di Hamas. Primo ministro del governo palestinese, dopo la vittoria di Hamas nelle elezioni del 2006, era ritenuto dotato di versatilità e acume politico. In tal senso ha sempre ricercato un maggiore riconoscimento da parte del presidente dell’Olp, Mahmoud Abbas. Ciononostante, i tentativi di autonomizzazione dell’ala militare hanno reso la sua leadership a volte contesa dalla dirigenza di Hamas di Gaza, ora guidata da Yayha Sinwar. Alcuni analisti hanno anche affermato che Haniyeh non sarebbe stato consultato da Sinwar sull’attacco del 7 ottobre.

Secondo gli osservatori più attenti del fenomeno Hamas, a questa divisione corrisponderebbero anche diverse preferenze di alleanze internazionali: il Qatar per Haniyeh e l’Iran per l’ala militare delle brigate Ezzedim al Qassam. Da questo punto di vista la scelta di colpire Haniyeh (che abitualmente viveva a Doha in Qatar) mentre si trovava a Teheran potrebbe avere un significato.

L’altro aspetto importante riguarda la tempistica dell’esecuzione, che è avvenuta mentre i negoziati per il cessate il fuoco a Gaza e la liberazione degli ostaggi israeliani sembravano essere a un punto di svolta cruciale. Così come avviene solo pochi giorni dopo l’intesa raggiunta, sotto l’egida del governo cinese, di tutte le fazioni palestinesi, e quindi del rinnovato dialogo tra Hamas e Fatah, che poteva contribuire all’ingresso di Hamas nell’Olp. Opzione a cui Haniyeh ha orientato gran parte della sua azione politica.

Vedremo nelle prossime ore se la risposta iraniana sarà del tipo “mediato”, come lo scorso 13 aprile, o più pesante. L’intensità e la qualità delle reazioni che l’Iran, e le fazioni alleate sciite in Libano e Yemen, porranno in atto nelle prossime ore consentiranno di comprendere meglio cosa sta effettivamente succedendo. Nella cornice del vecchio adagio mai smentito che in Medio Oriente spesso la realtà è diversa da ciò che appare.

di Roberto Cetera


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