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Il rispetto per gli anziani

 Il rispetto per gli anziani  QUO-171
29 luglio 2024

La nostra società guarda alle persone affette da gravi disabilità o fragilità biopsichiche con un atteggiamento ambivalente. Mentre “a parole” tali persone sono spesso sostenute e incoraggiate, nel profondo esse ci evocano inconsci sentimenti di pietà e finanche di sottile disprezzo. Papa Francesco denuncia questo paradosso chiamandolo “cultura dello scarto”. L’incongruenza di cui parliamo la troviamo pure negli operatori professionali (che fanno della cura il loro mestiere), nei caregiver familiari o nei volontari (che fanno della cura la dedizione della loro vita). Sia chiaro: l’animo di tutti loro è certamente benevolo; i loro servizi sono sempre utili, spesso indispensabili, per gli assistiti. Ma ci chiediamo: “cura” e “rispetto” sono sempre sinonimi? La “trappola del disprezzo” verso gli anziani fragili si nasconde in due grandi mentalità inconsce, entrambe di matrice “suprematista”. La prima è quella liberista (efficentista e moralista) che semplicisticamente asseconda la logica del cosiddetto invecchiamento attivo e così si esprime: «Gli anziani non sono degli scarti perché, oggi, molti di essi si conservano giovani!». Ma, quindi, ci chiediamo: solo la salute ha valore? La seconda mentalità è quella welfarista (o dei diritti) che più prudentemente afferma: «Anche gli anziani malati e deboli – che pur sono ormai, di fatto, degli “scarti” – meritano di essere rispettati e curati, perché è un loro costituzionale diritto». Ma quindi: davvero gli “ultimi” sono solo ultimi?

La “cultura dello scarto” si può meglio contrastare adottando un diverso schema mentale: il paradigma relazionale (o della reciprocità) che ci è stato insegnato da Pierpaolo Donati. Tale mentalità suona così: «Nonostante certi anziani abbiano le sembianze di uno scarto, noi li sentiamo “ancora più umani” proprio in virtù dei loro gravi disagi che li elevano spiritualmente e li rendono esempi e modelli (anche cristiani) di accettazione e glorificazione della vita». Ecco, quindi, che qui gli “ultimi” sono i primi! In questa intuizione troviamo assonanze tra i valori evangelici del magistero di Papa Francesco («le pietre scartate saranno testate d’angolo») e gli assiomi scientifici più illuminati dei social worker contemporanei («i poveri sono nostri colleghi!»). Il paradigma relazionale incoraggia gli operatori a rendere onore ai loro assistiti non come un gravoso dovere deontologico, bensì perché essi, precedendoci nella vita, sono nostri maestri esistenziali.

*Docente di Teoria del lavoro sociale
all’Università Cattolica del Sacro Cuore

di Fabio Folgheraiter *