Fede e speranza
Il dolore e la sofferenza di un Paese martoriato da due anni e mezzo di guerra, ma anche la fede e la speranza che presto si possa raggiungere una pace giusta. Su questo duplice registro si è svolto, ieri sera, 22 luglio, presso la nunziatura apostolica a Kyiv, l’incontro tra il cardinale Pietro Parolin e i rappresentanti del Consiglio delle Chiese e delle Organizzazioni religiose di tutta l’Ucraina. Il colloquio, contrassegnato da molte testimonianze, ha concluso la quarta giornata di visita del segretario di Stato nel Paese dell’Europa orientale, dove è giunto il 19 luglio in qualità di inviato speciale del Papa.
«La guerra è un tema molto complesso — ha detto il cardinale Parolin ai presenti —, ma come denominatore comune ha il dolore e la sofferenza». Di qui, la forte sottolineatura per «il ripudio della guerra» che «è uno dei principi fondamentali anche del diritto internazionale». Sulla scia di quanto ribadito tante volte da Papa Francesco, il segretario di Stato ha ricordato che «la guerra non può mai essere usata come soluzione dei problemi presenti nella comunità internazionale. La guerra è sempre una sconfitta». Ma nonostante tutto, ha proseguito, non si spegne «la speranza che questa situazione di conflitto possa concludersi al più presto e possa ritornare in Ucraina la pace, una pace giusta». Tale speranza, ha sottolineato Parolin, viene rafforzata dalla «grande gioia di collaborare insieme, nonostante le differenze» che sussistono tra le Organizzazioni religiose, ma soprattutto va radicata nella fede. «Come capi religiosi, io vorrei che questa sera facessimo insieme un atto di fede — ha detto il segretario di Stato —. Nulla è impossibile a Dio e la nostra fede può trasformare la realtà».
Soffermandosi, poi, sull’attività della Santa Sede, il porporato ne ha messo in luce tre livelli operativi: il primo, è quello di «tenere viva la consapevolezza della guerra in Ucraina», perché «oggi c’è la tendenza a dimenticare i conflitti. Quanti ne vengono ignorati? Ce ne sono tantissimi e anche questa guerra con il tempo rischia di diventare routine, un fatto come tutti gli altri, che non ha più neppure l’onore delle cronache».
Il secondo livello è l’aiuto umanitario. «Da parte della Santa Sede — ha detto —, c’è l’impegno ad aiutare da un punto di vista umanitario la popolazione ucraina sofferente». Un contributo concreto, ha aggiunto, arriva dal cardinale elemosiniere Konrad Krajewski, che a nome del Papa «porta aiuti di vario genere alla popolazione locale». Il segretario di Stato ha ribadito, inoltre, l’impegno della Santa Sede per il ritorno a casa dei bambini ucraini trasferiti forzatamente in Russia, nonché per aiuti, sia materiali sia spirituali, ai prigionieri di guerra, auspicandone la liberazione.
Il terzo livello, ha spiegato ancora il segretario di Stato, è quello diplomatico vero e proprio. «L’esistenza della diplomazia vaticana non ha altre ragioni se non quella di aiutare a costruire la pace, a recuperare la pace là dove si è perduta e a prevenire i conflitti che possono metterla in gioco», ha affermato, ricordando le missioni che il cardinale Matteo Maria Zuppi ha condotto a Kyiv, Mosca, Washington e Pechino in qualità di inviato speciale del Papa per l’Ucraina, nonché la partecipazione della Santa Sede, in relazione all’aspetto umanitario e in qualità di osservatore, alla Piattaforma di pace proposta dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky e alla Conferenza sull’Ucraina svoltasi a giugno in Svizzera. Senza dimenticare i ripetuti appelli di Papa Francesco per il martoriato Paese.
«Noi non vogliamo certamente sostituirci all’iniziativa di pace del presidente Zelensky, la appoggiamo — ha specificato Parolin —. Però pensiamo anche se ci possono essere delle altre forme che, se accettate da entrambe le parti, possano avviare sentieri di pace, cammini di pace».
Da ultimo, il segretario di Stato si è soffermato sul tema della mobilitazione generale, introdotta in Ucraina con una legge per il reclutamento dei soldati entrata in vigore lo scorso maggio. «A parere della Santa Sede, i ministri del culto non devono essere coinvolti in questa mobilitazione — ha evidenziato —. Bisogna trovare una forma di esentarli, non per ragioni di privilegio, perché tutti dobbiamo contribuire, ma perché, prima di tutto, i pastori di per sé non possono imbracciare le armi. E poi per il fatto che, se le comunità venissero private dei loro pastori, si produrrebbe davvero un grandissimo danno all’interno della società stessa», spogliata dell’aiuto spirituale, del conforto e del sostegno offerto da vescovi e sacerdoti. «Quindi è necessario che i pastori e i preti restino nelle loro comunità e le sostengano», ha ribadito.
Infine, il porporato ha esortato i rappresentanti del Consiglio delle Chiese e delle Organizzazioni religiose di tutta l’Ucraina ad «andare avanti con coraggio nella vostra opera, insieme. Il Signore benedica tutti e affretti il giorno della pace giusta in Ucraina, per la quale, con l’aiuto di Dio, tutti stiamo lavorando», ha concluso.
Prima dell’incontro in nunziatura, il cardinale Parolin si era recato in visita presso la chiesa cattolica di San Nicola, sempre nella capitale. Nella parrocchia, gestita dai Missionari Oblati dell’Immacolata, aveva portato il saluto di Papa Francesco. «Voi sapete come Papa Francesco vi segue con tanto affetto e con tanto amore e ha sempre una particolare attenzione per il vostro Paese e per la situazione di guerra in cui si trova. Prega per voi e non manca anche di dare dei segni concreti», aveva affermato. «Anche la mia presenza qui vuole essere un segno dell’amore e dell’affetto che il Papa nutre per voi e per tutta l’Ucraina», aveva aggiunto il porporato, concludendo l’incontro con una preghiera per la pace.
Sempre ieri, a Kyiv il segretario di Stato aveva avuto colloqui con il primo ministro Denys Shmyhal e con il presidente del parlamento nazionale, Ruslan Stefanchuk, recandosi anche in visita presso la “Verkhovna Rada”. Entrambi, riferiscono i rispettivi account istituzionali, hanno espresso apprezzamento al porporato per la sua presenza in Ucraina, segno dell’attenzione riservata alla situazione del Paese, e manifestato gratitudine per il sostegno e la solidarietà offerte dalla Santa Sede al popolo ucraino attraverso l’aiuto umanitario.
di Isabella Piro