La gratuità come cuore

«Prima di venire qui, ho chiesto al Santo Padre se avesse un messaggio per voi. Egli ha detto: conversione all’Eucaristia». Il cardinale Luis Antonio Tagle, inviato speciale del Papa, ha iniziato così l’omelia che ieri, domenica 21 luglio, ha suggellato il x Congresso eucaristico nazionale degli Stati Uniti iniziato mercoledì scorso e celebrato presso il Lucas Oil Stadium di Indianapolis, nell’Indiana. Il porporato ha preso spunto dall’invito di Francesco per riflettere sul legame tra conversione eucaristica e conversione missionaria, giacché, ha notato, il Congresso «sarà seguito dall’invio di missionari eucaristici».
Come primo punto, che ha definito “Missione e dono”, il pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione si è soffermato sulle pagine del Vangelo in cui Gesù parla della sua missione. Cristo, ha affermato, «ha una profonda consapevolezza di essere stato mandato» dal Padre, «mandato per essere donato». Il missionario dunque, ha sottolineato il cardinale Tagle, «è un dono» e «dove manca lo zelo missionario, forse ciò è in parte dovuto a un indebolimento dell’apprezzamento per i doni e per la gratuità». Se questo orizzonte sta scomparendo, ha proseguito il porporato, «se il nostro orizzonte è solo quello del successo e del profitto, non c’è spazio per vedere e ricevere doni gratuiti». Alcune persone, ha notato ancora, «preferiscono relazionarsi con “amici” o “appuntamenti” generati dall’Intelligenza artificiale perché non vedono doni nelle persone in carne e ossa».
A questa sottolineatura, il pro-prefetto ha fatto seguire una serie di domande rivolte alla coscienza di uomini, donne, sacerdoti e laici, vescovi e padri e madri di famiglia, esortandoli a donarsi come Gesù.
Al secondo punto della sua omelia, il porporato si è soffermato sulla figura di Cristo, ponendo anche in questo caso alcuni interrogativi specifici: «È possibile che noi discepoli contribuiamo all’allontanamento di altri da Gesù», al loro distacco dalla fede? «Le nostre comunità parrocchiali offrono un’esperienza di vicinanza e cura di Gesù? Le nostre famiglie sono ancora i principali educatori e trasmettitori della fede? I giovani si sentono ascoltati e compresi nella loro ricerca di Gesù?», ha chiesto in particolare il cardinale Tagle. Tante persone cosiddette «nascoste, come poveri, migranti, anziani, senza tetto, indigeni — ha proseguito — potrebbero sentirsi estranee». Per questo, l’invito del porporato è stato a non perdere «il cuore. Gesù non si stancherà di venire da noi con il dono di sé, anche quando è ferito».
Riflettendo poi, al terzo punto, sull’aspetto della missione, meglio ancora dei «missionari eucaristici», il cardinale Tagle è tornato al momento in cui Gesù chiede agli apostoli se intendano abbandonarlo. «Spero — è stato l’auspicio del porporato — che possiamo rispondere come San Pietro: “Rimarrò con te. Rifiutiamo di vivere lontano dalla tua presenza”». Ma queste — ha ribadito il pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione — non devono essere «parole vuote. Come San Pietro, dobbiamo credere con convinzione. Gesù non si impone a nessuno. Egli fa appello alla nostra libertà interiore». Pertanto, ai missionari il porporato ha chiesto di andare e condividere «l’amore tenero di Gesù» con le persone stanche, con chi ha bisogno di compassione.
Citando inoltre un passaggio della lettera pontificia con cui Papa Francesco lo ha nominato inviato speciale all’incontro di Indianapolis, il cardinale Tagle ha sottolineato la speranza, espressa dal Santo Padre, che i partecipanti all’evento «siano pienamente consapevoli dei doni universali che ricevono dal cibo celeste e possano trasmetterli agli altri».
Il porporato ha infine concluso la sua omelia condividendo un’esperienza personale: ai tempi in cui era parroco, aveva notato una donna «straordinariamente devota alla Chiesa», che la domenica arrivava presto per aiutare in tutte le celebrazioni eucaristiche e nelle altre attività e che andava a casa solo quando la chiesa era stata pulita e le porte chiuse. Un giorno, ha ricordato il cardinale Tagle, «la ringraziai per la sua dedizione e ringraziai la sua famiglia per averle permesso di prestare servizio. La sua risposta mi sorprese: “Padre, non si preoccupi della mia famiglia. Resto qui in chiesa e partecipo a tutte le messe perché non voglio vedere mio marito e i miei figli. Vorrei che ogni giorno fosse una domenica così potrei evitare la mia famiglia”».
Di qui, l’esortazione finale del porporato affinché quando il sacerdote o il diacono dice: «La messa è finita. Andate in pace», davvero ciò che è stato «ascoltato, toccato e gustato» possa essere «condiviso con gli altri», così da «proclamare Gesù con zelo e gioia per la vita del mondo».