Un pronunciamento della Corte dell’Aja ha definito contrari al diritto internazionale gli insediamenti israeliani

Tel Aviv , 19. Le colonie israeliane in Palestina e a Gerusalemme est sono illegali, Israele deve smantellarle e risarcire per l’occupazione. Questo, in sostanza, il pronunciamento — già definito «storico» da molti — della Corte internazionale di giustizia dell’Aja. Il tribunale delle Nazioni Unite, con «un parere consultivo» e «non vincolante», ha chiesto a Israele di liberare i Territori palestinesi dall’occupazione, «de facto un’annessione» attuata attraverso «una sistematica discriminazione, segregazione e apartheid» a danno dei palestinesi.
«Gli insediamenti israeliani, e il regime ad essi associato — ha dichiarato il presidente, Nawaf Salam, leggendo le conclusioni di un gruppo di 15 giudici — sono stati creati e vengono mantenuti in violazione del diritto internazionale». Quindi, «le organizzazioni internazionali, compresa l’Onu, sono tenute a non riconoscere come legittima la situazione derivante dalla presenza illegale dello Stato di Israele nei Territori Palestinesi Occupati». Inoltre, «le Nazioni Unite, e in particolare l’Assemblea Generale e il Consiglio di Sicurezza, dovrebbero considerare le modalità precise e le ulteriori azioni necessarie per porre fine alla presenza illegale dello Stato di Israele il prima possibile».
Tale parere, seppur non vincolante, è stato emesso sulla base di una richiesta dell’Assemblea generale del 2022, ma acquista ora un forte valore politico e giuridico, perché gli insediamenti sono incominciati a seguito della guerra del 1967: da allora, scrivono i giudici, lo Stato israeliano «ha imposto politiche e pratiche per dividere, frammentare e frustrare la capacità del popolo palestinese di esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione».
Il pronunciamento della Corte arriva a pochi giorni dall’approvazione, da parte del governo di Benjamin Netanyahu, di 6.000 nuove unità abitative e la designazione di oltre 1.200 ettari di terreno statale in Palestina, di fatto la più grande dalla firma degli accordi di Oslo del 1993. Una mossa fortemente spinta dal ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, che nell’occasione ha affermato di voler così «ostacolare il pericolo di uno Stato palestinese». Secondo dati dell’ong Peace Now, solo in questa prima metà del 2024 Israele si è già appropriato di 2.368 ettari in Palestina, una quantità record che supera quella del 2014.
Immediata la reazione di Netanyahu, che ha definito «assurdo» il pronunciamento. È «una falsa decisione», ha detto, accusando il tribunale Onu di ignorare la storia. «Il popolo ebraico non è conquistatore nella propria terra, né nella nostra eterna capitale Gerusalemme, né nella terra dei nostri antenati in Giudea e Samaria», ha ammonito.
Anche il leader centrista, Benny Gantz, uscito dal gabinetto di guerra e ora all’opposizione, ha parlato di «ennesima testimonianza di un’ingerenza esterna che non solo è controproducente per la sicurezza e la stabilità regionale, trascura il massacro del 7 ottobre e il terrorismo in Giudea e Samaria, ma serve come un altro esempio di “giudiziarizzazione” di un conflitto politico». Mentre i ministri della destra religiosa, Itamar Ben-Gvir (Sicurezza nazionale) e Smotrich, hanno subito chiesto «l’annessione di larghe parti» dei Territori.
Naturalmente opposta la visione sul fronte palestinese. Da Ramallah il presidente Mahmoud Abbas ha esultato per «la vittoria della giustizia», e Hamas ha subito chiesto alla comunità internazionale «un’azione immediata per tradurre le decisioni del tribunale in passi seri sul campo».
E se sul piano diplomatico non si vedono ancora spiragli per la tregua e la liberazione degli ostaggi — Netanyahu è atteso il 22 luglio alla Casa Bianca e il 24 parlerà al Congresso —, sul campo proseguono i combattimenti. Raid israeliani a Nuseirat e in altre zone della Striscia hanno causato stamattina almeno 27 morti, riporta Al-Jazeera.
Tensioni anche col Libano, dove, secondo quanto dichiarato dalle Forze di difesa israliane (Idf), ieri sera i caccia israeliani hanno colpito depositi di armi di Hezbollah a Tayr Harfa e Blida, nel sud del Paese dei cedri.