Magari i vertici delle forze armate israeliane non sapevano che l’etimologia del nome Hannibal è “dono di Baal”, cioè della divinità antagonista a Yahweh, ai cui auspici talvolta, nel racconto biblico, il popolo ebraico ricorreva tradendo la religione dei padri. Oppure lo sapevano, e in un motto autocritico, così hanno voluto chiamare una delle procedure militari più controverse, che forse è stata eseguita anche il 7 ottobre. Sì, perché Hannibal è il nome dato all’iniziativa che sarebbe stata messa in atto dall’Idf di aprire il fuoco, la mattina del 7 ottobre, anche contro i civili israeliani presi in ostaggio -— o in procinto di esserlo — da Hamas. Cioè, l’assunzione consapevole di un assai discutibile male minore rispetto a quello presunto maggiore, cioè la presenza dentro la Striscia di cittadini israeliani sequestrati dai terroristi di Hamas e della Jihad Islamica. Vi erano stati rumors nei mesi passati di testimonianze che riferivano di elicotteri che avrebbero aperto il fuoco contro i giovani fuggitivi (o già nelle mani dei terroristi) dal “Supernova festival”. Ma si sa che fake news e disinformazione sono parte integrante di un conflitto, per cui inizialmente si era finito col dare poco conto a queste notizie. Ora la stampa israeliana torna invece sulla questione offrendo particolari inediti. In prima linea il quotidiano «Hareetz» da sempre molto critico nei confronti del governo Netanyahu, e delle modalità con cui è condotta la guerra a Gaza. In realtà il cosiddetto “protocollo Hannibal” non è venuto alla luce con la guerra a Gaza, ma sarebbe stato introdotto già nel 1986 quando un discreto numero di soldati israeliani vennero fatti prigionieri in Libano. Il principio su cui si sostiene è cinicamente semplice «better dead than abducted» (meglio morto che ostaggio). Il prezzo molto alto spesso da pagare per il rilascio degli ostaggi ne sarebbe il motivo ispiratore. Quando nel 2006 Hamas rapì nei pressi del confine tra Gaza e Israele il caporale Gilad Shalit (e uccise due suoi commilitoni) le negoziazioni per riaverlo salvo indietro durarono ben cinque anni, e solo nel 2011 poté tornare a casa, in cambio della liberazione di ben 1027 prigionieri palestinesi. Per quanto fu dato di sapere allora, la procedura Hannibal venne attivata circa un’ora dopo il conflitto a fuoco, quando ormai Shalit era già in cattività dentro Gaza.
I contenuti dettagliati della procedura Hannibal non sono molto chiari essendo coperti dal segreto militare. Probabilmente accanto alla procedura scritta ve n’è anche una trasmessa in via verbale. Ed è stata oggetto di diverse variazioni nel corso degli anni. È noto ad esempio che nel 2011 l’allora capo di stato maggiore dell’esercito, Benny Gantz (recentemente dimessosi come ministro dal war cabinet, in polemica con il primo ministro, Benjamin Netanyahu), ne limitò molto la portata stabilendo che in nessun caso un soldato israeliano potesse essere ucciso per evitarne il rapimento.
Ma fino al 7 ottobre la controversa procedura ha riguardato solo militari. C’è qualcosa di più di un sospetto che la mattina del 7 ottobre la procedura sia stata applicata anche nei confronti degli ostaggi civili catturati da Hamas. Testimonianze di sopravvissuti al massacro dei terroristi, e riportate dai media israeliani, da «Haaretz» e da «Yedioth Ahronoth», riferiscono di mitragliamenti da parte di elicotteri israeliani sui convogli che portavano gli ostaggi a Gaza, e di carri armati che avrebbero sparato colpi contro edifici nei quali erano asserragliati terroristi insieme ad ostaggi. A tutt’oggi non è dato di sapere se questi accadimenti siano avvenuti per un difetto di comunicazione tra i reparti operanti a terra e quelli a bordo dei veicoli, oppure se qualcuno abbia impartito l’ordine di attivare Hannibal. Né tantomeno è possibile ricostruire quante delle vittime di quella tragica mattinata siano state dovute al “fuoco amico”, e se questo fosse intenzionale o meno. Diverse inchieste dell’Idf sono in corso, e ancora oggi diversi parenti delle vittime — in particolare del massacro al kibbutz Be’eri, e al “Supernova music festival” — reclamano con forza che sia fatta piena luce sugli accadimenti di quel sabato.
Sicuramente l’eventualità che la procedura Hannibal sia stata effettivamente attivata il 7 ottobre non sminuisce di una virgola le responsabilità primarie del massacro perpetrato da Hamas e dalla Jihad Islamica, ma sicuramente aggiunge un ulteriore tragico elemento alla ferocia senza precedenti che, da entrambe le parti, è stata finora consumata in questo conflitto.
di Roberto Cetera