· Città del Vaticano ·

Parole in cammino: “Raccontare”
L’ultima puntata del programma su Radio Vaticana

Stupisciti
E poi narralo

 Stupisciti  QUO-154
09 luglio 2024

Venerdì scorso siamo giunti alla fine del programma Parole in cammino, e la quattordicesima e ultima puntata ha avuto come tema centrale quello del “raccontare”. Perché funziona così, nelle cose umane: alla fine si racconta. Eravamo arrivati (o tornati) nella penultima puntata, ora è il momento di narrare l’esperienza vissuta. Questo vale nella vita ma anche nella breve (dal 5 aprile al 5 luglio) arcata temporale di un programma che ha visto coinvolti tutti i media vaticani e si è basato innanzitutto su un incontro tra generazioni. In quest’ultima puntata oltre a me in studio è venuta Irene Callieri, classe 1997, ma non è venuta da sola: ad accompagnarla il suo violino barocco ed insieme “i due” ci hanno regalato l'esecuzione del secondo movimento del concerto per violino e orchestra di Antonio Vivaldi, RV 225 in re maggiore. Irene ci ha spiegato che con Vivaldi e le sue celebri “4 Stagioni” si è avviato un processo (antico ma che in quel periodo assume forme più strutturate) di musica a programma, in cui la musica diventa forma artistica attraverso cui narrare un’esperienza o uno stato d’animo. Musica quindi come linguaggio per raccontare e dunque per ricordare ma anche per ritrovare una identità comune. Con Irene la conversazione ha portato a parlare della musica che proviene dai campi di concentramento, e con il suo violino barocco ha accennato alla melodia della colonna sonora del celebre film Schindler’s List.

La riflessione si è spostata sul tema del racconto umano, che nasce forse proprio per narrare ciò che risulta impossibile raccontare. La guerra, l’orrore, la violenza, la sofferenza, la morte...di tutto questo che è qualcosa che ammutolisce, l'uomo ha sempre provato a farne racconto. Paul Ricoeur ha osservato che il Male non si può spiegare, perché è l'assenza della spiegazione; non si può spiegare ma si può raccontare.

Ci è quindi venuto a “trovare” in studio, via telefono, Roberto Cetera, inviato de L'Osservatore Romano nei luoghi lacerati dal conflitto in Terra Santa per riportarci, “di prima mano” e “a caldo”, l'esperienza di raccontare la guerra. Intensa testimonianza, drammaticamente umana, perché la guerra e il Male si annida e accompagna da sempre le vicende umane.

Con Irene abbiamo poi riflettuto sul fatto che soprattutto in alcune culture diverse dalla nostra, la musica sostituisca le parole. Ma anche nella cultura occidentale, la comunicazione più profonda è quella sonora, musicale più che verbale. Come dice Roberto Benigni nella canzone sua e di Nicola Piovani Quanto t'ho amato: «In amore non contano le parole, conta la musica». L’amore, la fede...la preghiera è più un canto che un discorso. Forse è questo che intende il Papa quando dice che la fede si trasmette in dialetto? Il Papa che nel 20202 ha dedicato un intero messaggio per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali al tema del racconto partendo dalla considerazione che «l'uomo è un essere narrante» e lo è perchè «è un essere in divenire, che si scopre e si arricchisce nelle trame dei suoi giorni». Come diceva Italo Calvino, «il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi». Ecco perché possiamo dire che la vita è un viaggio, un cammino. E quindi un racconto.

Per finire, anzi per non finire, il cammino lascia il campo al racconto. Come scrive José Saramago nel suo Viaggio in Portogallo: «Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: “Non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l’inizio di un altro. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già fatti, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre».

Ci vogliono però almeno due condizioni perché il viaggio della vita sia pieno, fecondo: l'attenzione e lo stupore. Lo dice in modo acuto, lapidario la poetessa americana Mary Oliver nella sua Istruzioni per vivere una vita che suona così: «Fa' attenzione. Stupisciti. Raccontalo». Istruzioni che faremo nostre nel momento in cui ci tornerà il desiderio di riprendere il viaggio e ripartire con Parole in cammino.

di Andrea Monda