· Città del Vaticano ·

Papa Francesco a Trieste

Da una terra di confine
un grido di pace e fraternità

 Da una terra di confine  un grido  di pace  e fraternità  QUO-153
08 luglio 2024

Da Trieste, città portuale e di confine, crocevia di popoli e culture, Papa Francesco rilancia «il sogno di una nuova civiltà» fondata su pace e fraternità, esortando a portare «la profezia del Vangelo nella carne, con le scelte prima ancora che con le parole». A raccoglierne la consegna, domenica 7 luglio, anzitutto gli oltre milleduecento delegati partecipanti alla Settimana sociale dei cattolici in Italia, apertasi mercoledì 3 nel capoluogo giuliano; ma anche i tanti fedeli della Chiesa locale e di quelle vicine, unitisi numerosissimi alla messa presieduta dal Pontefice nella centrale e assolata piazza dell’Unità d’Italia, che affaccia sulle acque azzurre del golfo dell’alto Adriatico, solcate da diverse imbarcazioni.

Il messaggio sociale cristiano


Appena quattro ore è durata la visita del Pontefice per la chiusura dell’appuntamento che la Conferenza episcopale italiana (Cei) organizza a cadenza pluriennale con l’obiettivo di approfondire e rilanciare il messaggio sociale cristiano e stimolare l’azione dei credenti nel Paese e nel mondo del lavoro in particolare. Decollato dall’eliporto Vaticano alle 6.30, il velivolo con a bordo il vescovo di Roma è atterrato sul suolo triestino alle 7.52, nei pressi del “Generali Convention Center”. Ad accoglierlo ha trovato il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, l’arcivescovo Luigi Renna, presidente del Comitato organizzatore delle Settimane sociali, e il vescovo Enrico Trevisi, ordinario locale; il presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, il prefetto di Trieste, Pietro Signoriello, il sindaco Roberto Dipiazza e Philippe Donnet, amministratore delegato di “Generali”. Rispondendo alla domanda se fosse mai stato prima nella città, Francesco — che era accompagnato da monsignor Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa pontificia — ha risposto con una confidenza personale, poi ripetuta durante il discorso ufficiale. Infatti la prima volta che ne sentì parlare fu da suo nonno che aveva fatto la prima Guerra mondiale sul Piave. L’anziano padre di suo padre, infatti, insegnava ai nipoti i canti dei soldati e uno di questi riguardava proprio Trieste.

E sempre in ambito famigliare, a dare il benvenuto a Papa Bergoglio c’era anche un giovane dal volto a lui noto: José Antonio, figlio diciottenne di una sua nipote, Maria Ines. Il ragazzo vive in Argentina, ma si trova in questi giorni nella vicinissima Slovenia per un corso di studi.

La “tovaglia” degli studenti


Prima di entrare nell’edificio che ha ospitato i lavori congressuali, il Pontefice è passato davanti all’installazione artistica dal titolo Una tovaglia a Trieste. Lunga 90 metri e alta quasi due, è stata cucita da duemila studenti delle scuole di vario ordine e grado, che hanno assemblato pezzi di stoffa usata: qualcuno ha usato un lembo della vestaglia della nonna, altri vecchie felpe e jeans, chi, appassionato di sport acquatici, un pezzo di vela, chi tessuti provenienti dall’Africa. L’iniziativa è stata promossa dal laboratorio Scienza e fede della diocesi e richiama il tema della Settimana sociale: «Al cuore della democrazia». Davanti all’ingresso del Centro convegni inoltre era stata collocata un’enorme statua equestre in legno e cartapesta dipinta d’azzurro: si tratta di  "Marco Cavallo", opera collettiva nata da un'idea di Vittorio Basaglia, realizzata nel 1973 all'interno del manicomio di Trieste, per diffondere  «l’arte di restare umani».

Accolto all’interno con un fragoroso applauso da parte dei congressisti, Francesco ha ascoltato il saluto del cardinale presidente della Cei, presente anche l’arcivescovo vicepresidente Giuseppe Baturi, e l’introduzione dell’arcivescovo Renna. Quindi ha pronunciato il suo discorso, in cui ha ripercorso la storia delle Settimane sociali — nate nel 1907 e ripristinate nel 1988 con una Nota pastorale dell’episcopato italiano — che si intreccia a quella del Paese. In proposito ha citato alcuni cattolici attivi nella politica con la “p” maiuscola, come il beato Giuseppe Toniolo, che ha avviato l’iniziativa, e i “padri costituenti” Aldo Moro e Giorgio La Pira, elogiandone la passione civile di laici impegnati. Una decina di convinti applausi hanno sottolineato le frasi più significative del Pontefice, che ha concluso l’incontro con la recita del Padre Nostro e la benedizione.

In un grande cuore rosso


Al termine, mentre i congressisti si trasferivano in piazza Unità d’Italia per la messa, al Papa è stato mostrato un grande cuore rosso che incorniciava un disegno stilizzato del suo viso, circondato da lettere scrittegli dagli anziani legati all’Azienda pubblica di servizi alla persona itis, che qui offre ospitalità e assistenza qualificata per la terza età.

Infine, sempre negli ambienti del Centro convegni, Francesco ha incontrato in privato tre gruppi distinti. Il primo era composto da rappresentanti ecumenici e leader di altre religioni presenti in città; il secondo da esponenti del mondo accademico che ruota attorno all’Università triestina: nella circostanza ha salutato uno ad uno gli studenti e i docenti intervenuti, quindi ha apposto la propria firma autografa su un album celebrativo del centenario dell’ateneo fondato l’8 agosto 1924.

Il terzo era il gruppo più folto. A presentarlo al Pontefice il confratello gesuita Giovanni Lamanna, che da pochi mesi dirige la Caritas diocesana locale, dopo esser stato a lungo un punto di riferimento del Centro Astalli a Roma, sede italiana del Jesuit Refugee Service. «Abbiamo gente assistita anche da altre organizzazioni e associazioni — spiega il sacerdote —. Alcuni migranti vengono dal Bangladesh, dal Pakistan, dalla Macedonia. Ma ci sono anche ammalati e anziani».

Tra le storie presentate al Papa, quelle dolorose di un ragazzino immobilizzato da una grave forma di infermità e di una persona malata terminale, ma anche quella di speranza della piccolissima Maia. È la prima bambina della martoriata Gaza nata a Trieste. È stata data alla luce nell’ospedale materno infantile “Burlo Garofolo” il 1° maggio scorso. Sua madre Wiam era arrivata il giorno prima, 30 aprile, e durante il volo dalla Terra Santa aveva iniziato il travaglio. Giunta in Italia insieme con la primogenita Giulia di un paio d’anni, la donna è seguita dall’Ong “Save a child”, con cui collabora Marino Andolina, noto pediatra triestino in pensione. Di religione musulmana, la giovane madre ha perso tutto — a cominciare dalla casa — nell’inferno di Gaza e ha un solo desiderio adesso: che suo marito possa raggiungerla per conoscere la loro bimba di due mesi che finora non ha mai visto. Molte delle persone incontrate da Francesco hanno poi seguito da qui, attraverso maxischermi, l’Eucaristia della xiv domenica del Tempo ordinario presieduta in piazza Unità d’Italia.

Quella bandiera tra la folla


Lasciato il Centro convegni, il Papa si è trasferito in automobile nella piazza; poco prima di arrivare è salito sulla golf car elettrica per un lungo giro tra la folla dei fedeli da cui è spuntata una bandiera ucraina.

Tra gli 8.500 presenti, 250 erano disabili, malati e anziani. E prima di indossare i paramenti Francesco ha salutato proprio una simpatica e vispa nonnina di ben 111 anni: si chiama Maria Carpatachi, è nata in Grecia, vicino Rodi, nel 1913. Vedova di un ufficiale di Marina di stanza a Trieste, è qui che continua a vivere presso una casa di riposo. Lucida e curatissima — tiene molto al suo aspetto e all’alimentazione — la donna ha augurato al Pontefice tanta salute. Francesco le ha donato un rosario e le ha imposto le mani sul capo per benedirla, mentre lei ricambiava baciandogli con tenerezza la croce pettorale e le mani.

Sotto un sole cocente e un’atmosfera afosa mitigata solo da qualche nuvola solitaria e timide folate di vento, il Papa ha celebrato sull’altare decorato con mosaici bianchi e disegni color oro realizzati da detenuti — uomini e donne reclusi nella casa circondariale “Ernesto Mari” — che richiamano la tecnica e riproducono simboli della basilica dell’antica sede patriarcale di Aquileia. Sul palco anche un’icona in legno intarsiato con essenze variegate a significare la varietà e la pari dignità delle culture. Varietà testimoniata pure dalla scelta di letture e canti anche nelle lingue di Paesi vicini come Austria, Croazia e Slovenia. Insieme con il Pontefice hanno concelebrato un centinaio di presuli italiani, ma anche giunti dalle nazioni confinanti. Concelebranti principali il cardinale Zuppi, il vescovo Trevisi e l’arcivescovo Renna. Erano presenti inoltre vescovi e pastori di Chiese ortodosse e luterani.

I versi di Umberto Saba


All’omelia Francesco ha riproposto i versi del poeta triestino Umberto Saba nella lirica Città vecchia. E alla Chiesa della città ha chiesto di continuare a impegnarsi «in prima linea per diffondere il Vangelo della speranza», specie verso quanti «arrivano dalla rotta balcanica». affinché «possiamo vivere come fratelli tutti».

Al termine della messa, monsignor Trevisi ha affidato i frutti della presenza del Pontefice a Trieste all’intercessione dei martiri Francesco Bonifacio, Miroslav Bulešić, Lojze Grozdè — significativamente un italiano, un croato e uno sloveno — e ha illustrato i doni offerti: centinaia di lettere che anziani e bambini hanno iniziato a scrivere spontaneamente quando hanno saputo della visita papale e una moderna rivisitazione dell’immagine della Madonna della Salute, opera del pittore Amedeo Brogli, alla quale la gente del luogo è molto devota.

Per i popoli in guerra


Da parte sua Francesco ha ringraziato pubblicamente il presule non solo per aver presentato la realtà diocesana, ma anche per aver pronunciato alcuni nomi di fedeli, in particolare di ammalati. «Li conosce per nome. E questo è un esempio, perché la carità è concreta» ha detto improvvisando un saluto prima di introdurre la recita dell’Angelus con la sottolineatura di come Trieste sia «una di quelle città che hanno la vocazione di far incontrare genti diverse: anzitutto perché è un porto importante, e poi perché si trova all’incrocio tra l’Italia, l’Europa centrale e i Balcani»; con la rinnovata esortazione «a pregare e operare per la pace: per la martoriata Ucraina, per la Palestina e Israele, per il Sudan, il Myanmar e ogni popolo che soffre per la guerra».

Infine, dopo aver guidato la preghiera mariana, Francesco ha impartito la benedizione conclusiva. Quindi, smessi i paramenti e risalito sulla golf car elettrica, ha compiuto un altro giro tra i fedeli salutando anche quanti lo hanno accompagnato da dietro le transenne lungo il breve tragitto che lo ha condotto al vicino Molo Audace. Da qui alle 12.16 si è levato in volo il suo elicottero, atterrato all’eliporto del Vaticano pochi minuti prima delle 14. 

dal nostro inviato
Gianluca Biccini