· Città del Vaticano ·

I Papi e il Triveneto

Nell’abbraccio di una terra ricca di storia e di valori

 Nell’abbraccio di una terra ricca di storia e di valori  QUO-152
06 luglio 2024

Domani Papa Francesco torna per la terza volta nel Triveneto nell’arco temporale di poco più di due mesi. Dopo le visite a del 28 aprile a Venezia e del 18 maggio a Verona, stavolta è Trieste ad attendere la visita del Primate d’Italia che in questo 2024 ha finora viaggiato solo in direzione nord est.

Ma il Pontefice era già stato in queste terre anche dieci anni fa, quando si recò a pregare al Sacrario militare di Redipuglia: era il 13 settembre 2014, una mattina piovosa, quasi autunnale, e si commemorava il centenario dell’inizio del primo conflitto mondiale, quello che Benedetto xv definì «inutile strage». Con un fuori programma Papa Bergoglio volle anche sostare — con un gesto significativo, mai compiuto prima da nessun predecessore — al cimitero austro-ungarico di Fogliano, prima tappa della sua visita nei luoghi della memoria della Grande guerra.

A Redipuglia il vescovo di Roma celebrò la messa davanti a 16 mila persone sull’altare allestito presso i 22 gradoni che salendo convergono sulle due grandi tombe comuni, dove sono custoditi i resti dei sessantamila soldati ignoti, caduti nelle trincee. In dono ricevette la copia originale del foglio matricolare di suo nonno, Giovanni Bergoglio, dal 1916 al 1918 in forza nel 78° reggimento di fanteria Lupi di Toscana e successivamente, per motivi di vicinanza alla famiglia, trasferito a un reparto bersaglieri in Asti, dove rimase fino alla cessazione delle ostilità. Francesco conserva caro il ricordo del padre di suo padre, nato nella provincia astigiana. «Ho sentito tante storie dolorose sulla guerra dalle labbra di mio nonno, che l’ha fatta sul Piave», ha confidato più di una volta.

Il suo predecessore Benedetto xvi aveva solo “sfiorato” Trieste, quando nell’itinerario di una visita a Venezia il 7 maggio 2011 aveva inserito un passaggio nell’antica sede patriarcale di Aquileia, per incontrare proprio i vescovi del Triveneto.

Invece Giovanni Paolo ii soggiornò a Trieste il 1° e il 2 maggio 1992, nel contesto di un più ampio viaggio in Friuli-Venezia Giulia. Nel giorno della festa dei lavoratori Papa Wojtyła incontrò la cittadinanza del capoluogo giuliano davanti alla cattedrale di San Giusto. «Terra affascinante per le sue bellezze naturali, stretta quasi in un luminoso abbraccio di cielo e di mare..., impreziosita da antichi e solenni monumenti e segnata dalle vicende di numerose popolazioni, che hanno contribuito al suo sviluppo e alla sua operosità» disse, Trieste ha una «storia nobile, ricca di valori»; sebbene «turbata anche da eventi tristi e rovinose distruzioni, a cui hanno fatto seguito coraggiose e pronte rinascite spirituali e materiali». Quindi rievocò gli zelanti vescovi succedutisi sulla cattedra di Frugifero, tra i quali Enea Silvio Piccolomini, insigne umanista e poi Papa col nome di Pio ii .

L’indomani nell’Università triestina fu il pachistano Abdus Salam, primo islamico a ricevere il Nobel per la fisica, a «rendere omaggio alla città per la gentilezza dei suoi abitanti e per la qualità delle strutture messe a disposizione dei ricercatori» di ogni parte del mondo. Da parte sua il Pontefice polacco salutò «anche le molte migliaia di giovani che fanno capo a questa città per compiervi gli studi universitari». Infine Giovanni Paolo ii incontrò le benedettine del monastero di San Cipriano e gli amministratori e i politici nel Teatro Verdi, rievocando «la storia della cara terra friulana e giuliana, e i momenti di grande difficoltà, che le popolazioni hanno qui vissuto, specialmente al termine del secondo conflitto mondiale per l’esplosione di forti contrasti ideologici ed etnici». Accennò anche all’antico «e doloroso fenomeno della forzata emigrazione... Come tacere poi la ferita ancora aperta del popolo istriano, costretto in massa a lasciare la propria terra natale?» si domandò Wojtyła, che da ultimo celebrò anch’egli la messa in piazza dell’Unità d’Italia — come farà Francesco domani — prima di congedarsi sul molo del porto.

E se Albino Luciani prima di diventare Giovanni Paolo i fu sacerdote, vescovo e cardinale nella regione ecclesiastica del Triveneto, da parte sua l’ambrosiano Paolo vi conservava ricordi giovanili legati a Trieste: lo confidò alle autorità e ai suoi abitanti in un’udienza di ormai sessant’anni fa. Il 15 giugno 1964 parlò di una «bella, storica e operosa città... pulsante di fervore di vita intensissima. Così si dispiegò al nostro sguardo in anni ormai lontani, quando la cura sacerdotale della gioventù studentesca ci chiamò un giorno colà, per un congresso fucino, che ancora ricordiamo con particolare letizia: così la vedemmo anche in altra occasione, la vostra Trieste, sempre tanto bella, e ci si scolpì nell’animo».

E non fu da meno Giovanni xxiii , lombardo anche lui ma con un passato da Patriarca di Venezia: con un radiomessaggio, il 19 settembre 1959, si unì alla benedizione della prima pietra dell’erigendo santuario di Monte Grisa, spiegando che di Trieste serbava «un vivo ricordo per le molte volte che vi transitammo recandoci nel vicino Oriente» durante il suo servizio diplomatico, «e per avervi celebrato nel 1954 il centenario di Sant’Ignazio, e il 3 settembre dell’anno dopo, la prima messa liturgica in onore di san Pio x , in occasione del Congresso nazionale della Federazione universitaria cattolica italiana». Anche Papa Sarto, del resto, era originario del Triveneto.

di Gianluca Biccini