· Città del Vaticano ·

L’attesa dell’arrivo scandita dalla veglia per la pace
promossa nell’ambito della 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia

La democrazia
antidoto alla guerra

 La democrazia   antidoto alla guerra  QUO-152
06 luglio 2024

«La guerra è il contrario della democrazia, che è l’arte dello stare insieme. E la democrazia è l’antidoto alla guerra. Ogni cristiano non può sentirsi in pace finché non ci sarà la pace». Sono le parole pronunciate dal cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, alla veglia di preghiera per la pace che ieri sera la Comunità locale di Sant’Egidio ha organizzato nella chiesa di Sant’Antonio vecchio, nell’ambito della 50a Settimana sociale dei cattolici in Italia.

Oltre 200 persone hanno gremito la navata elevando forte e corale l’invocazione per il superamento dei conflitti nel mondo, da quelli in Ucraina e in Terra Santa a quelli meno noti, perché magari trascurati dai media, ma dalle conseguenze altrettanto atroci per le persone. «Purtroppo — ha detto il cardinale Zuppi — ci stiamo esercitando molto più nell’arte della guerra che in quella della pace. La democrazia, invece, è la difficile, ma straordinaria arte del vivere insieme e del pensarsi insieme, è la tutela dei diritti fondamentali e della libertà. Ecco, allora, che il cristiano, ogni cristiano dev’essere artigiano di pace».

Alla veglia hanno partecipato, tra gli altri, monsignor Luigi Renna, arcivescovo di Catania e presidente del Comitato scientifico e organizzativo della Settimana sociale, e il vescovo di Trieste, padrone di casa, monsignor Enrico Trevisi. Dopo il canto dei salmi, la lettura della Parola e l’omelia, è seguita la preghiera per i Paesi in guerra. E molto significativo è stato il momento in cui Paolo Parisini, referente per la comunità triestina di Sant’Egidio, ha scandito dal presbiterio i nomi dei luoghi dove la follia umana sta seminando morte e distruzione: per ognuno è risuonato il canto del Kyrie eleison (“Signore pietà”), accompagnato dall’accensione di una candela offerta all’altare, come a rischiarare l’ombra delle tenebre e suggerire un nuovo orizzonte di luce.

Prima della benedizione, è stata recitata la preghiera per la protezione di Maria e i presenti si sono scambiati un fraterno abbraccio di pace. «La pace infatti — ha spiegato il cardinale Zuppi — comincia da gesti che sembrano piccoli ma aiutano molto. La guerra è come una pandemia ed è da irresponsabili pensare che non ci raggiunga. La guerra cancella l’umanità. L’odio alimenta violenza, vendetta, il vedere l’altro come il mio nemico. Dobbiamo impegnarci per difendere sempre la pace, quella giusta, non un surrogato. In una comunità di fratelli e sorelle è normale anche litigare, ma deve sempre prevalere il bene del pensarsi assieme, come un unico corpo che coltiva questo valore». Il porporato ha concluso sottolineando che «il cristiano ama l’altro perché lo riconosce come fratello. La strada è quella della preghiera e della solidarietà, così da poter visitare spiritualmente e materialmente il prossimo, costruendo la vera pace».

Intanto a Trieste cresce l’attesa per l’arrivo di Papa Francesco, che domattina atterrerà con l’elicottero al molo del porto vecchio dove raggiungerà il Generali Convention Center per concludere i lavori assembleari dei 900 delegati arrivati da tutta Italia a confrontarsi sul tema: «Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro». In piazza Unità d’Italia, finito di montare il palco, sono state disposte le diecimila sedie della grande platea che assisterà alla messa del Pontefice, prevista alle 10.30.

Nell’hangar prosegue intanto l’attività dei 40 gruppi con 24 partecipanti ciascuno, guidati da un moderatore: la cifra principale è l’ascolto come primo strumento di coinvolgimento e partecipazione.

Nella serata di ieri, in piazza Verdi, si è tenuto uno spettacolo diviso in due momenti: prima una lettura teatrale sulla storia di Raul Follereau, con una riflessione sulle marginalità e le periferie esistenziali; quindi Lorena Bianchetti ha intervistato Paul Bhatti, medico che vive a Treviso, fratello di Shahbaz, il politico e ministro per le minoranze del Pakistan assassinato nel 2011.

Oggi come ogni giorno da mercoledì scorso, la giornata si è aperta di buon’ora con la celebrazione della messa in tutte le parrocchie limitrofe alle strutture di accoglienza, con le note dei canti e il suono degli organi che sono risuonati tra le vie e le piazze per un “buongiorno” speciale alla città. Al centro congressi a guidare la riflessione biblica introduttiva è stata stavolta Arianna Rotondo, dell’Università di Catania.

Intanto, in centro città, gli stand del “Villaggio delle buone pratiche” e le platee dei dibattiti delle “Piazze della democrazia” si sono affollati di gente. Molte anche le iniziative di contorno. In piazza della Borsa, per esempio, una grande parete ospita la declinazione del concetto di “partecipazione” per chi passa da quelle parti e desidera lasciare un messaggio: non a caso più di qualcuno ha scelto la parola “democrazia”, quel “potere del popolo” che nell’accezione cristiana, com’è emerso chiaramente in questi giorni, vuol dire corresponsabilità alla costruzione del bene comune che tale è quand’è di tutti e di ciascuno, insieme.

da Trieste Alvise Sperandio