· Città del Vaticano ·

L’Unicef lancia l’allarme per i 3 milioni di bambini della Repubblica Centrafricana: per violenze e instabilità, affrontano il più alto livello mai registrato di crisi e privazioni

Fragili e invisibili

Children displaced by rising waters play in makeshift shelters in Bangui, on October 28, 2019. ...
04 luglio 2024

Un tragico primato. È quello detenuto dalla Repubblica Centrafricana, al primo posto tra i Paesi più a rischio di crisi umanitarie e disastri. Lo rivela l’Unicef, con la propria rappresentante nella nazione africana, Meritxell Relaño Arana. «I tre milioni di ragazze e ragazzi della Repubblica Centrafricana si trovano ad affrontare il più alto livello registrato di crisi e privazioni sovrapposte e interconnesse al mondo», ha detto in un intervento a Ginevra.

Oltre dieci anni di conflitto prolungato e di instabilità «hanno messo a rischio ogni singolo bambino» del Paese, ha aggiunto il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, con riferimento alle instabilità iniziate a fine 2012, quando gruppi di miliziani provenienti dal nord-est, i Séléka, attaccarono Bangui, rovesciando poi il presidente François Bozizé e dando inizio a una sanguinosa guerra civile, con un’ondata di violenze tra gli stessi gruppi Séléka e le milizie anti Balaka.

Ad oggi sul terreno operano vari gruppi ribelli, tra i quali il movimento 3R, a cui martedì scorso è stato attribuito l’ultimo attacco nell’ovest del Paese, a Bocaranga, che ha causato la morte di sei civili e cinque soldati, oltre alla fuga di oltre 8.500 persone.

Nell’ottobre 2021 l’attuale presidente, Faustin Archange Touadéra, aveva dichiarato un cessate-il-fuoco unilaterale con l’obiettivo di facilitare il dialogo nazionale, ma gran parte del Paese — ricco di diamanti, uranio e oro — continua a essere oggetto degli attacchi delle varie milizie. Secondo le Nazioni Unite, le violenze hanno causato più di mezzo milione di sfollati e oggi 3,4 milioni di persone, il 56 per cento della popolazione, hanno bisogno di assistenza umanitaria.

L’Unicef in particolare mette in risalto come un bambino su due non abbia accesso ai servizi sanitari e solo il 37 per cento frequenti regolarmente la scuola. «Il fatto che la crisi nella Repubblica Centrafricana si sia protratta per così tanti anni — e che, purtroppo, tante altre crisi globali continuino a svolgersi in parallelo — comporta che i bambini del Paese siano diventati dolorosamente invisibili», ha constatato Meritxell Relaño Arana, evidenziando la necessità di un «cambiamento di rotta».

La rappresentante dell’Unicef ha fatto riferimento a un nuovo Piano di sviluppo nazionale del governo di Bangui e ad altri impegni per migliorare i diritti dei minori, occasioni «per tracciare un nuovo futuro per i bambini e per il Paese». Ma ha pure messo in guarda dal rischio che «i rappresentanti su cui questi bambini fanno affidamento — donatori internazionali, media globali e un’opinione pubblica informata — possano distogliere lo sguardo di fronte a crisi globali simultanee». Ciò per i più piccoli significherebbe un «futuro distrutto».

È in questo momento che risuona allora ancora più forte l’appello alla pace lanciato da Papa Francesco proprio a Bangui nel novembre 2015 quando, aprendo la Porta Santa del Giubileo della Misericordia, esortò i centrafricani a superare «diffidenza», «violenza» e istinto di «distruzione» per essere artigiani «del rinnovamento umano e spirituale» del Paese.